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Venezia sulle tracce dei suoi rifiuti

Venezia sulle tracce dei suoi rifiuti
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La città metropolitana di Venezia è la prima in Italia ad aver tracciato tutte le filiere di smaltimento dei rifiuti secondo una nuova prassi codificata da UNI. All’insegna dell’efficienza, sostenibilità e trasparenza.

La città di Venezia, insieme alla sua multiutility completamente pubblica, Veritas, può vantare di essere la prima ad aver tracciato la gestione dei rifiuti urbani secondo la prassi nazionale UNI/PdR 132:2022, pensata per il monitoraggio e la verifica dei flussi ai fini della rendicontazione per il calcolo degli obiettivi di riciclaggio. Tra l’altro Venezia non è una città semplice, dal punto di vista della logistica.

La tracciabilità dei rifiuti a Venezia

Grazie a questa prassi, elaborata da Utilitalia insieme ad altri operatori, Veritas è riuscita a monitorare, passo dopo passo, l’intero spettro dei rifiuti gravitanti nel suo raggio d’azione, dalla raccolta fino alla valorizzazione dei vari materiali. Senza giri di parola, quello che ci vuole per poter avere contezza dei risultati oggettivi maturati sul campo. Un patrimonio di informazioni raccolti nei 45 Comuni del territorio del Gruppo Veritas, cioè nell’intera Città metropolitana di Venezia e a Mogliano Veneto.

Questa metodologia consente, dunque, di monitorare e misurare tutti i flussi di materia e energia attraverso la messa a sistema delle informazioni contenuti nei documenti e negli adempimenti già previsti dal Dlgs 152/2006 (meglio noto come Testo unico sull’Ambiente – TUA), cioè i modelli unici di dichiarazione ambientale (Mud), i Formulari d’identificazione (Fir), i registri di carico/scarico e in genere i sistemi gestionali.

Un sistema capace, quindi, di tracciare i flussi di carta cartone e tetra pak, vetro, plastiche, metalli, frazione organica, verde sfalci e ramaglie, rifiuto secco residuo, legno e ingombranti, evidenziando le concatenazioni dei flussi di materia e di energia esistenti. Un modo “razionale” di usare ciò che già esiste – quindi senza aggiungere nulla di nuovo – allo scopo di analizzare e censire tutti gli indicatori del processo.

Trasparenza per i cittadini

Una via obbligata, si potrebbe aggiungere, per monitorare, insieme ai rifiuti, l’effettiva traiettoria della transizione ecologica, garantendo allo stesso tempo la trasparenza nei confronti dei cittadini e del territorio. E anche un modo scientifico e a prova di verifica per calcolare le tonnellate di CO2 equivalente non emessa grazie al mancato utilizzo di materie prime e alla razionalizzazione delle filiere.

L’implementazione della Prassi ha così dimostrato che nell’arco del 2022 gli addetti della multiutility veneta hanno raccolto complessivamente 509.565 tonnellate di rifiuti urbani, il 71,8% dei quali differenziati, ben oltre il target europeo del 65%.

I risultati della differenziata

Tracciando le filiere nel dettaglio è stato possibile certificare l’effettivo recupero e trasformazione in nuove materie prime seconde del 94% dei metalli raccolti in maniera differenziata, dell’85% del vetro e dell’87% della carta. Invece, la plastica è stata trasformata in nuova materia per il 70%, mentre il resto dei polimeri non riciclabili è stato recuperato come energia. La frazione organica e il verde, le ramaglie e gli sfalci dei giardini raccolti in maniera differenziata sono stati interamente trasformati in compost o in biogas.

Il rifiuto secco residuo, dopo essere stato vagliato per recuperare tutto quello che era stato conferito per errore dai cittadini e che quindi poteva essere riciclato nell’impianto di Fusina, è diventato prima Combustibile solido secondario (Css), poi energia elettrica.

Ancora, l’83% del legno differenziato è stato utilizzato per realizzare nuovi pannelli per mobili e arredi per case e uffici, mentre il rimanente, costituito soprattutto da legno trattato, quindi non riutilizzabile, è diventato anch’esso energia.

Infine, dai materiali e rifiuti ingombranti è stato recuperato il 25%, soprattutto legno e ferro, ad esempio le reti dei letti.

Facendo due rapidi calcoli, in questo modo è stato possibile evitare l’emissione di 185.567 tonnellate di CO2 equivalente e già adesso – in anticipo di 13 anni sulla scadenza – rispettare le norme europee sulla reale percentuale di recupero.

La tracciabilità diventa così paradigma di efficienza, sostenibilità e trasparenza

Di efficienza perché solo in questo modo i gestori sanno che fine fanno davvero i rifiuti raccolti, cioè quali possono essere effettivamente recuperati in termini di materia e quali scarti possono essere mandati solo a recupero di energia, mettendo quasi completamente da parte la discarica, in piena logica circolare.

Per esempio, come già raccontato in un precedente lavoro di ricerca del Laboratorio Ref Ricerche su questa metodologia già in uso a Veritas da qualche anno – prima ancora che venisse codificata nella Prassi di cui si sta raccontando –, del totale di rifiuto organico raccolto è emerso che, dopo la prima fase della spremitura, quasi il 53% è costituito dalla frazione liquida, mentre poco più del 39% è rimasto come frazione solida: la prima  da destinare necessariamente a digestione anaerobica (digestione in assenza di ossigeno) per produrre biogas e biocarburanti, la seconda destinata invece alla produzione di compost tramite compostaggio aerobico (in presenza di ossigeno e in atmosfera controllata).

L’analisi ancora più di dettaglio su quest’ultima frazione (solida) dimostra che solo il 30% è diventato effettivamente compost, mentre la restante parte è risultata essere costituita per il 50% da acqua (considerata come perdita di processo e che viene comunque riutilizzata, principalmente per umidificare le matrici organiche, per lavaggi e sistemi antincendio), per il 17,5% dai sovvalli, che sono veri e propri scarti, e da altre residuali frazioni estranee più o meno recuperabili (circa il 2,5%). Nulla è come appare quando si tratta di rifiuti e le leggi della termodinamica mischiano continuamente le carte.

L’importanza dell’analisi dei processi

Quindi, solo l’analisi puntuale di tutti i processi e di tutti i flussi coinvolti nella gestione dei rifiuti di Venezia può consentire di fare le scelte giuste, ovvero consapevoli. Tornando al caso dell’organico, quindi, se ne ricava che solo il mix di compostaggio aerobico/digestione anaerobica consente di chiudere il cerchio e valorizzare sia la frazione solida che quella liquida della frazione organica raccolta, che vuol dire che solamente sistemi industriali integrati riescono a produrre economie di scala e di scopo e a efficientare i processi.

Dunque, solo usando la lente della tracciabilità, filiera per filiera, si possono apprezzare le reali perfomance in fatto di recupero, eliminando alla radice pregiudizi e fake news, a beneficio di tutti.

Inutile aggiungere che l’efficienza in questo caso fa perfettamente rima con sostenibilità, consentendo di massimizzare i risultati economici con il minore impatto ambientale possibile.

La trasparenza di tutti i passaggi

Infine, la Prassi consente di apportare alla governance quel requisito di trasparenza sui singoli passaggi impiantistici, particolarmente necessario in un settore ancora particolarmente soggetto a pressioni ecocriminali, come dimostrano le inchieste con cadenza quotidiana. Inchieste che hanno nella falsificazione dei documenti e delle finte operazioni di trattamenti dei rifiuti i nuovi capisaldi investigativi, frutto dei gravi deficit, appunto, in termini di tracciabilità dei flussi.

La Prassi 132 rappresenta, insomma, la metodologia di controllo e gestione dei rifiuti di Venezia a disposizione di tutte le amministrazioni pubbliche per garantire efficienza, trasparenza e sostenibilità nella loro governance. Una metodologia a disposizione di tutti, che spinge in maniera netta sulla via dell’efficienza, e che potrebbe essere estesa anche ai flussi dei rifiuti speciali, gestiti dal mercato, se solo lo volessero tutte le imprese del settore.   

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