Secondo il rapporto Emissions Gap 2022 di Unep la rapida trasformazione delle società è l’unica opzione possibile per far fronte alla crisi climatica. Supportata dal sistema finanziario: sono necessari 4 – 6mila miliardi di dollari all’anno per decarbonizzare l’economia.
L’incremento delle temperature globali potrebbe raggiungere i 2,8°C entro la fine del secolo. Il mondo non è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, che prevede di contenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto della soglia dei 2°C oltre i livelli preindustriali, e di limitarne preferibilmente l’incremento a 1,5°C. Per evitare una catastrofe occorre ridurre le emissioni del pianeta del 45% entro i prossimi sette anni: la crisi climatica richiede una rapida trasformazione delle società. Il monito arriva dall’Unep (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) attraverso il suo rapporto Emissions Gap 2022 – The closing window, presentato in vista della Cop27, i cui i lavori hanno preso il via il 6 novembre a Sharm el-Sheikh. “Abbiamo avuto la possibilità di fare cambiamenti graduali, ma quel tempo è finito. Solo una trasformazione radicale delle nostre economie e società può salvarci dall’accelerazione del disastro climatico” ha osservato il direttore esecutivo dell’Unep Inger Andersen, in occasione della presentazione dei dati a fine ottobre. “Questo rapporto – ha sottolineato Andersen – ci dice con freddezza scientifica quello che la natura ci ha detto per tutto l’anno, con inondazioni, uragani e incendi furiosi: dobbiamo smettere di riempire la nostra atmosfera di gas serra, e smettere di farlo in fretta”.
Taglio del 45% delle emissioni al 2030 per contenere aumento temperature globali a 1,5°C
Le soluzioni per trasformare le società esistono, e il rapporto – alla sua tredicesima edizione – fornisce le indicazioni per la trasformazione, esaminando le azioni da compiere nei settori della fornitura di energia elettrica, dell’industria, dei trasporti e degli edifici, nonché nei sistemi alimentare e finanziario. Certo è che l’azione deve essere collettiva e multilaterale. The closing window evidenzia come gli impegni nazionali aggiornati dopo la COP26 di Glasgow del 2021 riducano di meno dell’1% le emissioni di gas serra previste per il 2030. E come, di fatto, lo scorso anno sia stato un anno perso. Le politiche attualmente in vigore prevedono un aumento della temperatura di 2,8°C entro la fine del secolo; l’attuazione degli impegni attuali ridurrà questo aumento solo a 2,4-2,6°C entro la fine del secolo. Solo una trasformazione su larga scala, rapida e sistemica può garantire gli enormi tagli necessari per limitare le emissioni di gas serra entro il 2030: il 45% rispetto alle proiezioni basate sulle politiche attualmente in vigore per arrivare a 1,5°C e il 30% per i 2°C.
Necessari 4 – 6mila miliardi di dollari all’anno per decarbonizzare l’economia
Secondo gli autori del rapporto, il percorso verso l’azzeramento delle emissioni di gas serra nella fornitura di elettricità, nell’industria, nei trasporti e negli edifici è in corso, ma deve essere molto più rapida. Grazie alla riduzione dei costi dell’elettricità rinnovabile, la fornitura di energia elettrica è uno dei settori dove la decarbonizzazione è più avanti; tuttavia, il passo del cambiamento deve accelerare e devono crescere le misure per garantire una transizione equa e l’accesso universale all’energia. Per i sistemi alimentari, attualmente responsabili di circa un terzo dei gas serra globali, il cambiamento è più complesso. Per ridurre le emissioni di un terzo rispetto ai livelli attuali – entro il 2050 – sarebbe necessario intervenire sulla protezione degli ecosistemi naturali, introdurre cambiamenti nei regimi alimentari, rendere più sostenibili le produzioni delle aziende agricole e decarbonizzare le catene di approvvigionamento alimentare. Soprattutto, il sistema finanziario dovrebbe rendere possibile il passaggio ad un’economia a basse emissioni, che secondo le stime richiede investimenti per almeno 4 – 6mila miliardi di dollari all’anno. Una quota relativamente piccola (1,5 – 2%) del totale delle attività finanziarie gestite, ma significativa (20 – 28%) in termini di risorse annuali aggiuntive da allocare. Finora, la maggior parte degli attori finanziari, nonostante le intenzioni dichiarate, ha mostrato un’azione limitata sulla mitigazione del clima a causa di interessi a breve termine, obiettivi contrastanti e non adeguato riconoscimento dei rischi climatici.