Ma è davvero possibile vivere la propria vita generando una quantità di rifiuti prossima allo zero? Sono anni che gli attivisti ambientalisti si pongono questa annosa domanda, alla luce dell’impatto evidente (e per molti versi devastante) che la spazzatura che creiamo quotidianamente ha sul nostro prezioso
Ma è davvero possibile vivere la propria vita generando una quantità di rifiuti prossima allo zero? Sono anni che gli attivisti ambientalisti si pongono questa annosa domanda, alla luce dell’impatto evidente (e per molti versi devastante) che la spazzatura che creiamo quotidianamente ha sul nostro prezioso pianeta Terra.
Rispondere a questo quesito non è semplice, ma in generale potremmo dire che “dipende”. Da che cosa? Dal punto di vista che accettiamo di abbracciare. Se con strategia zero rifiuti indichiamo l’eliminazione completa degli scarti che produciamo quotidianamente, tale da raggiungere lo zero assoluto, allora no, non si tratta di un obiettivo raggiungibile. Ora come ora si tratta infatti di un traguardo irraggiungibile e per molti versi utopico. Se invece ci riferiamo all’impegno costante per limitare al massimo la creazione di rifiuti la storia cambia e molto: da anni, diverse associazioni e organismi si impegnano proprio a sensibilizzare la popolazione riguardo all’importanza della riduzione degli scarti e del loro riciclo.
Vediamo dunque quali sono gli esempi più pregevoli di soggetti che si sono impegnati per promuovere la strategia zero waste, in Italia e nel mondo, e quali sono le best practices da seguire per applicare i loro principi nella maniera corretta.
Strategia zero waste in Italia e nel mondo
I primi a tentare la strada della zero waste sono stati gli abitanti di San Francisco, già a partire dal 1990, anno di lancio di un ambizioso programma di raccolta alimentare e di compostaggio su larga scala. L’obiettivo “zero rifiuti” più nello specifico invece è stato fissato nella città californiana nel 2002 e ancora oggi i cittadini sono oggetto di un’importante campagna di sensibilizzazione rispetto al loro impatto sull’ambiente.
L’Italia non è certo stata da meno. Nel nostro Paese c’è una vera e propria rete di realtà locali impegnate in maniera attiva per limitare la creazione di rifiuti: si tratta di negozi, ristoranti, hotel e chi più ne ha più ne metta che ogni giorno pongono un’attenzione estrema a quello che producono e a quello che buttano, cercando per quanto possibile di riutilizzare risorse “esauste” in modi spesso originali e creativi.
La rete italiana zero waste include, per esempio, negozi di alimentari che vendono merce sfusa (come farina, legumi, cereali etc) evitando così l’utilizzo di imballaggi; all’interno della mappa indicata sul sito ufficiale dell’iniziativa troviamo però anche negozi dell’usato e vintage, case dell’acqua dov’è possibile ricaricare la propria bottiglia di vetro, punti vendita dedicati ai prodotti riutilizzabili (come le borracce, oggi molto di moda), rivenditori di vino o detersivo alla spina, stoviglioteche e pannolinoteche e tanto altro ancora.
Questo network italiano specifica che una riduzione dei rifiuti al 100%, come già anticipato, non è un traguardo possibile. Tuttavia, è pur sempre vero che cambiare i nostri comportamenti è molto meno complicato di quello che potrebbe sembrare. Ecco qualche consiglio utile.
Cambiare comportamenti è davvero possibile? Ecco qualche consiglio per una vita “zero waste”
La rete zero waste italiana ci fornisce alcuni punti di vista interessanti rispetto alle nostre attività quotidiane, facendo luce su alcune scelte apparentemente banali che però, nel complesso, possono fare un’enorme differenza. Ecco le indicazioni utili per una vita “senza rifiuti”.
- Niente più bottiglie di plastica: la plastica è senza ombra di dubbio uno dei materiali più inquinanti in assoluto (lo sanno bene i nostri oceani…). Limitare il ricorso alle classiche bottiglie che troviamo al supermercato è certamente fondamentale: preferiamo, piuttosto, l’uso di brocche di vetro o di borracce.
- Evitiamo i prodotti usa e getta: quante volte durante una festa abbiamo utilizzato piatti, bicchieri, stoviglie di plastica usa e getta? Fin troppe, anche se per fortuna questo tipo di prodotti sta piano piano sparendo dagli scaffali della grande distribuzione e dai magazzini dei bar e dei ristoranti. Ma il rischio di inquinamento ambientale è legato anche ad altri oggetti, come i fazzoletti o i tovaglioli, giusto per fare un paio di esempi. Se possibile, dunque, cerchiamo sempre di preferire prodotti duraturi e riutilizzabili, evitando così gli sprechi.
- Borse di stoffa per fare la spesa: a partire dal 2018 tutti i sacchetti dei supermercati hanno iniziato ad essere prodotti in mater-b e sono diventati a pagamento, per dissuadere i clienti dal loro utilizzo (per quanto possibile). Sempre meglio portare con sé una borsa di tela per fare la spesa: si tratta di un accessorio comodo e, allo stesso tempo, molto chic.
- Preferiamo i prodotti sfusi: molti prodotti del reparto ortofrutta sono confezionati all’interno di packaging di plastica. Sarebbe buona norma evitare di prendere il classico casco di banane inserito all’interno di una confezione di carta/plastica, prediligendo ove possibile il prodotto sfuso venduto dal proprio fruttivendolo di fiducia.
- Spazzolini in bambù: in media consumiamo circa 4 spazzolini in un anno, che moltiplicati per un’aspettativa di vita media di 80 anni corrispondono a ben 320 unità. Piuttosto che utilizzare questi prodotti nella loro versione in plastica sarebbe consigliabile preferire spazzolini in bamboo, un materiale molto resistente e, soprattutto, compostabile.