Ogni anno vengono sprecate 1,3 tonnellate di cibo, per un valore di 1.000 miliardi di dollari e la perdita di miliardi di metri cubi di acqua e di energia utilizzate per la produzione. L’iniziativa internazionale 123 Pledge è stata lanciata per trasformare i sistemi agroalimentari e ridurre perdite e sprechi di cibo.
Ci pensiamo poco. Per questo è stata indetta la Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, che sarà il 5 febbraio. Parliamo di 1,3 miliardi di tonnellate di cibo sprecato ogni anno, dice la FAO. Per un valore di mille miliardi di dollari. Tanto pesa lo spreco alimentare sul pianeta: dagli hamburger non consumati e andati a male, alla frutta troppo ammaccata che il mercato con un’idea distorta di qualità non accetta, al cibo negli scaffali dei supermarket troppo prossimo alla data di scadenza che nessuno acquista. Ma questo è solo lo spreco che vediamo, la punta dell’iceberg. Perché per arrivare agli hamburger sono servite tonnellate di cereali per nutrire gli animali e tonnellate di acqua per far crescere i cereali, per non parlare dei prodotti chimici usati per difenderli dai parassiti. Il Water footprint network ci spiega che la produzione animale mondiale richiede oltre 2 mila miliardi di metri cubi di acqua all’anno e un terzo di questa acqua, ben oltre mezzo miliardo di metri cubi, finisce in discarica coi nostri hamburger. Secondo la FAO, gli sprechi alimentari legati alla sola agricoltura sono responsabili della dispersione di 253 miliardi di metri cubi di acqua potabile. Non solo: insieme alle nostre mele guaste va in discarica anche un terzo dell’energia impiegata per pompare l’acqua sui campi, di quella per imballarle e trasportarle fino in negozio. Ma anche gli alberi vengono consumati: secondo il WWF il 90% della deforestazione globale è legata all’espansione dell’agricoltura, che ruba terreno alle foreste.
Quante emissioni producono gli scarti alimentari
Spreco e perdita di cibo non sono esattamente la stessa cosa. La differenza è determinata dal punto della filiera in cui il cibo cessa di essere tale e diventa rifiuto. Quando viene perduto durante i primi anelli della catena (produzione, raccolta, stoccaggio e lavorazione), la FAO parla di perdita alimentare (food loss). Lo spreco (food waste) si verifica invece negli ultimi anelli, nell’ambito del commercio e del consumo. Nel valutare l’impatto ambientale legato agli scarti alimentari, vanno considerate le emissioni climalteranti legate alla produzione del cibo sprecato: il 6% secondo la FAO, il 10% secondo il World Resources Institute. Inoltre, gli scarti alimentari che finiscono in discarica, fermentando, producono metano: la Commissione europea ha calcolato che il 3% del totale dei gas climalteranti continentali viene proprio dalla fermentazione nelle discariche. “Se la perdita e lo spreco di cibo fosse un Paese, sarebbe il terzo più grande produttore di emissioni di gas serra al mondo” ha scritto Inger Andersen, direttrice esecutiva dell’UNEP (United Nations Environment Programme) nell’introduzione del Food Waste Index Report 2021.
123 Pledge: l’iniziativa internazionale contro lo spreco alimentare
La lotta allo spreco alimentare è l’obiettivo di sviluppo sostenibile 12.3 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: “entro il 2030, dimezzare lo spreco alimentare globale pro-capite a livello di vendita al dettaglio e dei consumatori e ridurre le perdite di cibo durante le catene di produzione e di fornitura, comprese le perdite del post-raccolto”. Proprio facendo riferimento a questo obiettivo, alla fine dello scorso anno a Sharm el-Sheik, durante la COP27 sul clima, ha preso il via l’iniziativa “123 Pledge”: una call to action rivolta a Governi, aziende, istituzioni e singoli imprenditori (come gli chef) a livello globale, affinché diano priorità alla lotta contro la perdita e lo spreco di cibo. L’iniziativa è coordinata dalla coalizione Champions 12.3 (costituita da dirigenti governativi, imprese, organizzazioni internazionali, istituti di ricerca, gruppi di agricoltori e società civile che lavora per il raggiungimento dell’Obiettivo di sviluppo sostenibile 12.3 sulla riduzione dello spreco alimentare), dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) e dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). Chi aderisce a “123 Pledge” si impegna a mettere in campo azioni puntuali, limitate nel tempo, misurabili. E a fornire, per la COP28 che si terrà a fine 2023, un rapporto sui progressi compiuti. “Con gli effetti dannosi che il cambiamento climatico ha sulla sicurezza alimentare e sulla nutrizione, e gli effetti negativi dei sistemi agroalimentari sul cambiamento climatico e sull’ambiente in tutto il mondo, è giunto il momento di agire con decisione per trasformare il funzionamento dei nostri sistemi agroalimentari e ridurre le perdite e gli sprechi di cibo, fornendo benefici sia dal punto di vista della mitigazione che dell’adattamento per assicurare una migliore produzione, una migliore nutrizione, un migliore ambiente e una vita migliore – ha dichiarato Máximo Torero Cullen, economista della FAO – È necessario l’impegno di tutte le parti interessate, dai governi, alle aziende del settore privato, ai piccoli produttori, alla società civile, ai consumatori, se vogliamo affrontare il problema e realizzare le aspirazioni dell’Agenda 2030. Ecco l’importanza del #123Pledge”. I soggetti che hanno fatto proprio l’impegno vanno dalla multinazionale Unilever al governo olandese, dal gruppo finanziario Rabobank, al WWF alla piattaforma antispreco Too Good to Go fino all’UNEP.