In Italia 2 metri quadrati di suolo al secondo vengono cementificati e gli effetti dell’artificializzazione del terreno hanno un costo di oltre 3 miliardi di euro all’anno. Una tendenza da invertire per realizzare la transizione ecologica.
Regola il ciclo naturale dell’aria, delle sostanze organiche e di quelle minerali. Filtra e depura l’acqua. È un anello fondamentale del flusso energetico e del ciclo dei nutrienti che contraddistinguono l’ecosistema Terra. Il suolo è una componente essenziale del nostro ecosistema, anello decisivo per le nostre vite. Eppure è costantemente minacciato dalle attività antropiche. Basti pensare che ogni secondo, nel nostro Paese, 2 metri quadrati di suolo vengono sostituiti da nuovi edifici, infrastrutture, insediamenti commerciali, logistici, produttivi e di servizio. Con gravi effetti di impermeabilizzazione del terreno. Da qui la scelta della Fao di organizzare una campagna di comunicazione costante per ricordare che salinizzazione e artificializzazione sono le principali minacce del suolo, e tra i problemi più importanti a livello globale per la produzione agricola, la sicurezza alimentare e la sostenibilità nelle regioni aride e semiaride.
Consumo di suolo in aumento
Secondo il rapporto “Consumo di suolo 2021” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, il consumo di suolo, il degrado del territorio e la perdita delle funzioni dei nostri ecosistemi sono proseguiti senza rallentamento anche nel 2020, nonostante i lockdown. Le conseguenze sono anche economiche: gli effetti di impermeabilizzazione e artificializzazione del suolo hanno un costo di oltre 3 miliardi di euro all’anno. Una cifra che potrebbe erodere in maniera significativa le risorse rese disponibili dal programma Next Generation Eu. In Italia la situazione è peggiore che altrove. Il rapporto segnala che la copertura artificiale del suolo è ormai arrivata al 7,11% (7,02% nel 2015, 6,76% nel 2006), ben oltre la media europea del 4,2%. La quota nazionale sale al 9,15% se si parla di suolo utile, ovvero quella parte di territorio disponibile e idonea ai diversi usi. Una tendenza che va invertita al più presto. Altrimenti sarà praticamente impossibile completare la transizione ecologica di cui tanto si parla. A rischio non ci sono solo gli obiettivi comunitari, che puntano a fare dell’Unione europea l’area leader per la sostenibilità, ma anche il futuro di ciò che respiriamo e che mangiamo, in definitiva la nostra salute.
Ddl arenato al Senato
All’inizio di questa legislatura è stato presentato un Disegno di legge, prima firmataria la senatrice Paola Nugnes, che fissa un principio già accolto in altre legislazioni europee: rigenerazione urbana e consumo di suolo non possono prescindere l’una dall’altro. Altrimenti la prima rischia di trasformarsi in un semplice elemento di rendita, collegato a pochi ambiti di territorio. Il testo impone quindi l’adeguamento degli strumenti di pianificazione territoriale, urbanistica e paesaggistica e rafforza i poteri di vigilanza in capo all’Ispra. Dopo lunghe discussioni in Commissione Ambiente, il disegno di legge è però sostanzialmente congelato per la mancanza di una maggioranza che lo sostenga.