Anbi lancia l’allarme sulla tenuta economica del sistema di salvaguardia del rischio idrogeologico, messo a dura prova dall’aumento delle spese per l’energia. I Consorzi chiedono sostegni, l’autorizzazione allo scambio sul posto per l’energia rinnovabile. E un nuovo modello di sviluppo per il Paese.
Un nuovo modello di sviluppo, che abbia al centro il territorio. È questa la richiesta che l’Associazione nazionale dei Consorzi per la gestione e la tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi) porterà al tavolo del nuovo Governo. “Circa il 30% della Penisola – ha affermato Francesco Vincenzi Presidente Anbi – quella soggiacente al livello del mare, esiste solo perché c’è un sistema idraulico ed un esercito di oltre 800 idrovore che provvede ad allontanare le acque di pioggia, evitando che ristagnino sul territorio, riportandolo allo stato acquitrinoso; tale rete è però oggi messa in seria difficoltà dall’aumento dei costi energetici che, in assenza di specifici provvedimenti, rischia di minare l’operatività degli impianti, aumentando il rischio idrogeologico, già accentuato dalla crisi climatica“. L’allarme arriva dal Congresso nazionale della Filbi (Federazione italiana lavoratori bonifica e irrigazione) – Uil. Dopo l’alluvione di Senigallia e i violenti fenomeni meteo registrati nei giorni scorsi in Emilia Romagna e Campania, l’attenzione sulla prevenzione del rischio idrogeologico sta aumentando un po’ ovunque. “Il nostro settore – ribadisce Sonia Ricci Presidente di Anbi Lazio – assieme all’agroalimentare, sta pagando un prezzo altissimo per le conseguenze dell’elevato costo dell’energia”. “Senza adeguati interventi a sostegno dei bilanci dei Consorzi di bonifica e irrigazione, tali aumenti mettono a rischio la tenuta stessa delle strutture – aggiunge il Direttore di Anbi Lazio Andrea Renna – Le risposte per quanto sta accadendo servono subito: gli importi relativi al costo dell’energia sono più che triplicati”.
Anbi chiede interventi di sostegno ai Consorzi di bonifica e lo scambio sul posto
A causa dell’eccezionale andamento climatico, caratterizzato da siccità e alte temperature, tra oneri gestionali e consumi energetici le spese per i Consorzi di bonifica sono aumentate del 30% circa; solo nel Lazio il dispendio energetico è quantificabile in oltre 51 milioni di kilowattora, per una spesa che supera i 20 milioni di euro, aumentata di oltre 9 milioni nel giro di un anno. I Consorzi di Bonifica sono obbligati per legge al pareggio di bilancio. “Occorrono dunque interventi immediati – osserva Massimo Gargano Direttore generale di Anbi – per evitare che i Consorzi di bonifica riversino gli aumenti sulle già risicate economie di famiglie e aziende agricole. Torniamo anche a chiedere l’autorizzazione al cosiddetto scambio sul posto, cioè la possibilità di utilizzare completamente l’energia rinnovabile autoprodotta dai nostri enti consortili per l’esercizio degli impianti, senza doverla cedere ad un gestore elettrico e poi riacquistarla a prezzo maggiorato: è una posizione dominante, non più tollerabile”.
Il 94% dei Comuni italiani è interessato dal rischio idrogeologico
Riportare l’attenzione su quanto può essere fatto per migliorare e rendere resiliente un territorio sottoposto periodicamente a stress idrici, ormai troppo frequenti per essere affrontati senza investimenti mirati. Questa è l’istanza di cui l’Anbi si farà portavoce presso il nuovo Governo. È del 2017 il Piano nazionale invasi (2.000 bacini da realizzare in 20 anni) proposto da Anbi e dall’allora Struttura di Missione #italiasicura, cui seguono nel 2020 il Piano di efficientamento della rete idraulica (858 interventi) e il recente Piano laghetti avanzato da Anbi e Coldiretti (10.000 serbatoi medio-piccoli e multifunzionali da realizzare entro il 2030). “Se si considera che di tali progetti, perlopiù già cantierabili e con significative ricadute anche occupazionali, solo pochi o nulla sono stati finanziati e che il periodo per la realizzazione di un’importante opera pubblica in Italia è mediamente di 11 anni – chiosa Francesco Vincenzi – si capisce perché, di fronte ad una stagione climaticamente incerta, in un Paese, dove si cementificano 19 ettari al giorno, il 94% dei Comuni è ormai toccato dal rischio idrogeologico”.