Il Segretario Generale dell’OSCE Helga Maria Schmid lancia l’allarme sui rischi ambientali a lungo termine collegati al conflitto, in Ucraina e nei Paesi confinanti. A cominciare dalla contaminazione dei militari russi stanziati a Chernobyl.
“Dopo sei settimane di combattimenti, ricevo sempre più rapporti sugli impatti ambientali potenzialmente disastrosi della guerra in Ucraina”. Lo ha affermato il segretario generale dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) Helga Maria Schmid, che oggi ha messo in guardia sui gravi danni causati dai combattimenti in Ucraina e dai loro effetti ambientali a lungo termine in tutta la regione. Tra le minacce, di cui anche Rigeneriamo il Territorio ha scritto, Schmid richiama l’attenzione in particolare sui “rischi per le centrali nucleari di Chernobyl e Zaporizhzhia, sul deterioramento dell’accesso e della qualità dell’acqua potabile in vaste aree del paese, sulle perdite di sostanze chimiche, sui danni alle infrastrutture critiche e sui rischi di inondazioni”. I danni ai siti commerciali e industriali, come l’impianto chimico di Sumy, spiega l’OSCE, provocano perdite di sostanze pericolose che, insieme ai combattimenti, minacciano la salute e la sicurezza della popolazione civile. Queste perdite “inquinano anche le aree circostanti e possono avere un impatto duraturo sugli ecosistemi, penetrando e contaminando i fiumi”. Inoltre, “la distruzione di ponti e altre infrastrutture critiche vicino ai fiumi può causare allagamenti, come è stato segnalato nel bacino del fiume Irpin”.
L’inquinamento radioattivo di Chernobyl
Il segretario generale richiama l’attenzione sulla gestione degli incendi nei pressi del reattore nucleare di Chernobyl, a causa degli scontri avvenuti nell’area. Basandosi sull’esperienza dell’OSCE nell’addestramento dei vigili del fuoco ucraini e bielorussi per affrontare le aree contaminate da radioattività, Schmid ha evidenziato le possibili conseguenze, non solo locali: “gli incendi boschivi vicino ai reattori hanno in passato portato a un aumento dei livelli di radiazioni. E l’inquinamento radioattivo non si ferma al confine”. Per questo i rischi ambientali legati al conflitto non investono solo l’Ucraina, ma anche i Paesi confinanti. “Motivo in più per cui le ostilità devono cessare – ha aggiunto Schmid – per limitare gli impatti a lungo termine sull’ambiente e sulla salute umana su Ucraina, Bielorussia, Russia e oltre”. La centrale nucleare di Chernobyl è stata sequestrata dalle truppe russe i primi giorni dell’aggressione, per poi essere liberata nei giorni scorsi. La gestione del sito da parte dei russi si è rivelata molto problematica, con rischi di fughe radioattive. Inoltre, un video pubblicato dall’Agenzia statale ucraina per la gestione delle zone contaminate, in cui è evidente un’intera rete di trincee nella Foresta Rossa (soprannominata così per via del colore assunto dalle foglie degli alberi dopo l’incidente di Chernobyl), una delle aree coi livelli di radiazioni più elevati del mondo. “Non si limitavano a scavare rifugi. Non si limitavano a mantenere la difesa in quella zona, erano stanziati proprio lì”, ha specificato Yaroslav Emelianenko membro dell’agenzia. I soldati russi che hanno sequestrato la centrale, stando a fonti ucraine, avrebbero completamente ignorato le regole di sicurezza contro le radiazioni: secondo gli esperti infatti, passare due giorni consecutivi nella Foresta Rossa significa un’esposizione alle radiazioni pari al quantitativo annuale che un essere umano può sopportare. Non ci sono notizie ufficiali sulle condizioni di salute dei militari russi, ma è certo che decine di loro sono stati curati in Bielorussia in un centro specializzato in medicina delle radiazioni. Rafael Grossi, capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, ha auspicato che la questione delle centrali nucleari entri nei colloqui di pace.