Il biochar riduce la necessità di irrigazione e fertilizzanti chimici e conserva il carbonio nel suolo contribuendo a mitigare il riscaldamento globale
Usare scarti di potatura della vigna per realizzare prodotti utili a migliorare la salute del suolo e dei vigneti. Questo eccellente esempio di economia circolare nasce nell’ambito del progetto internazionale REVINE (Regenerative agricultural approaches to improve ecosystem services in Mediterranean vineyards”) che coinvolge enti di ricerca (tra cui ENEA e CREA in Italia), aziende vitivinicole e associazioni di categoria di Italia, Portogallo, Cipro, Egitto, Tunisia e Francia.
L’obiettivo principale del progetto, che si concluderà quest’anno, è “aumentare la resilienza dei vigneti mediante sistemi agricoli rigenerativi che preservano la biodiversità e la fertilità del suolo, riducendo il consumo di acqua e l’impiego di fertilizzanti chimici e pesticidi”. E il biochar è uno degli strumenti più adatti.
Cos’è il biochar
Il biochar un carbone vegetale prodotto da biomasse di scarto attraverso la pirolisi. La biomassa viene riscaldata (tra 300°C e 900°C) in assenza di ossigeno: in queste condizioni non brucia ma si decompone. Si ottiene così il biochar, insieme a gas combustibili (spesso usati per alimentare il processo) e ad una sostanza catramosa (olio di pirolisi).
Un articolo firmato da Antonio Volta, Giulia Villani, Vittorio Marletto, Antonio Cinti di Arpae, l’agenzia per la protezione dell’ambiente dell’Emilia-Romagna (pubblicato nel 2020 su Ecoscienza, la rivista bimestrale dell’agenzia) ci descrive i pregi di questo materiale. “Il comparto agricolo produce molta biomassa di risulta che raramente viene valorizzata”, sottolineano i ricercatori. “Se lasciata in campo, questa biomassa si decompone rapidamente, rilasciando CO₂ nell’atmosfera” contribuendo ad alimentare la crisi climatica. La sua trasformazione in biochar tramite pirolisi, invece, pur richiedendo energia, “permette di trattenere il carbonio nel suolo per centinaia o migliaia di anni, contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra. Inoltre, il biochar migliora la ritenzione idrica e la fertilità del suolo, riducendo la necessità di irrigazione e fertilizzanti chimici“.
Il processo messo a punto col progetto REVINE
“I risultati del progetto fin qui ottenuti hanno dimostrato che il biochar agisce sul benessere delle piante e sulla resistenza agli stress, dunque sulla produttività. Le analisi sul microbioma del suolo e sulle piante coltivate hanno fornito informazioni importanti per una migliore comprensione dei meccanismi che determinano l’azione del biochar e la sua efficacia” ha spiegato la responsabile del progetto REVINE per ENEA, Fiammetta Alagna, ricercatrice del Dipartimento Tecnologie energetiche e fonti rinnovabili.
I ricercatori e le ricercatrici ENEA hanno anche valutato i benefici dell’uso del biochar in termini climatici: “L’analisi del ciclo di vita ha messo in evidenza come la produzione e lo stoccaggio del biochar nel terreno siano pratiche efficaci per migliorare il bilancio carbonico”, ha aggiunto Alagna.
Il biochar, conclude, può quindi essere uno strumento appropriato per migliorare la resilienza dei vigneti e contribuire a mitigare il riscaldamento globale.