Entro il 2014 Sogin avrebbe dovuto mettere in sicurezza i rifiuti nucleari di tutti gli impianti ed entro il 2019 smantellare le centrali, ma è stato effettuato meno di un terzo dei lavori e la società rischia il commissariamento.
I recenti rincari di elettricità e gas in bolletta, il calo delle risorse naturali, insieme al complesso sviluppo delle rinnovabili e all’urgenza di decarbonizzare il sistema produttivo per porre un freno alla crisi climatica hanno riacceso il dibattito sull’energia dell’atomo. Tanto che Paesi come Gran Bretagna, Russia, Cina, Giappone e Corea del Sud sono intenzionati a ritagliarli un ruolo importante nel loro mix energetico. Mentre in Europa ha suscitato un certo clamore l’ipotesi della Commissione europea di inserire il nucleare nella tassonomia verde, il sistema di classificazione che identifica le attività considerate sostenibili e le fonti di energia che nei prossimi anni accompagneranno la transizione verso l’obiettivo zero emissioni per il 2050.
Il nucleare divide l’Europa
L’energia nucleare è da sempre un tema molto divisivo nel Vecchio Continente, per via dei tanti dubbi relativi alla sicurezza delle centrali e alla gestione dei rifiuti radioattivi, con gli stessi Paesi europei che negli anni hanno assunto posizioni differenti. Da Francia (dove il 70% dell’energia elettrica interna deriva proprio dall’atomico), Finlandia e Slovacchia, che hanno deciso di ampliare l’utilizzo del nucleare, alla Germania che ha invece optato per la sua dismissione ritenendolo un sistema troppo pericoloso. Fino a Spagna, Austria e Belgio, decise ad abbandonare il nucleare per sposare soluzioni alternative. A oggi l’Europa conta circa 103 reattori nucleari operativi, quasi tutti di seconda generazione, che producono un quarto (il 25% circa) dell’elettricità totale del Vecchio Continente, dove la metà degli Stati membri sono dotati di centrali. In seguito agli incidenti di Chernobyl (Ucraina) e Fukushima (Giappone), la produzione di elettricità da centrali nucleari è gradualmente calata in Europa, diminuendo di oltre il 25% tra il 2006 e il 2020. In Italia l’utilizzo del nucleare è stato bocciato con i referendum del 1987 e del 2011, in cui ha prevalso la linea del no, anche se il dibattito sul tema non si è mai spento. Di recente, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, pur escludendo il ritorno al cosiddetto “nucleare tradizionale”, ha difeso la possibilità di adozione di nuove tecnologie, che dovrebbero consentire di produrre energia dall’atomo in modo più efficiente e sicuro.
Il caso Sogin
Una delle conseguenze del referendum che ha bocciato il nucleare in Italia è stata la creazione di Sogin, società di Stato nata nel 1999 con l’obiettivo di mettere in sicurezza i rifiuti nucleari nazionali e smantellare le centrali di Caorso (Piacenza), Trino (Vercelli), Garigliano (Caserta) e Latina. Obiettivi che secondo un’inchiesta del Corriere della Sera, a oggi non sono stati raggiunti, motivo per cui si va verso il commissariamento della società. I costi dell’operazione, stimati in partenza per 3,7 miliardi di euro, sono arrivati a 7,9 miliardi. Secondo la tabella di marcia, entro il 2014 la Sogin avrebbe dovuto mettere in sicurezza i rifiuti nucleari di tutti gli impianti ed entro il 2019 smantellare le centrali. Nella realtà è stato effettuato meno di un terzo dei lavori. Il condizionamento dei rifiuti radioattivi più pericolosi non è neppure iniziato e lo smantellamento delle quattro “isole nucleari” non è stato nemmeno del tutto progettato. Alla società spetta anche il compito di individuare l’area dove realizzare il Deposito Nazionale, il sito dove collocare i rifiuti radioattivi. La ricerca è partita nel 2000, ma solo il 9 gennaio scorso sono stati resi pubblici i luoghi più adatti: 12 aree collocate fra le Province di Alessandria, Torino e Viterbo. L’iter prevede adesso una consultazione pubblica, la stesura di una carta definitiva e il confronto con le popolazioni locali. Così da poter iniziare la costruzione vera e propria, che dovrebbe durare quattro anni, per un costo di 900 milioni di euro.