Il Ddl sulla Rigenerazione urbana punta a facilitare recupero e riqualificazione di spazi cittadini diventati inutilizzabili. Ma gli Enti locali avanzano qualche perplessità.
Quando si parla di rigenerazione urbana si fa riferimento a progetti che puntano al recupero e alla riqualificazione di spazi cittadini, limitando il consumo di territorio a tutela della sostenibilità ambientale. Rigenerare permette anche alla comunità residente di riappropriarsi di spazi non più utilizzati che, in questo modo, assumono nuovo valore economico e sociale. Se fosse solo una questione finanziaria, probabilmente il Disegno di legge sulla Rigenerazione Urbana sarebbe già stato approvato. E invece ci sono in ballo interessi confliggenti tra i vari attori della filiera e, soprattutto, le competenze di Regioni ed Enti locali. Che fanno resistenza. Il Governo però sembra intenzionato ad accelerare e il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile Enrico Giovannini ha indicato gennaio come data limite per l’approvazione del testo al Senato.
Le novità
L’attuale Disegno di legge nasce come sintesi di due precedenti proposte, con l’obiettivo di trovare il maggiore consenso possibile. Tra le altre cose, prevede la creazione di un fondo nazionale per la rigenerazione urbana, con una dotazione annua di 500 milioni fino al 2039, incentivi fiscali per gli immobili oggetto di interventi di rigenerazione urbana e l’istituzione di una cabina di regia nazionale per realizzare i progetti. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che porterà nuove risorse al bilancio dello Stato fino al 2026, garantirebbe la dotazione finanziaria. A dividere è invece la cabina di regia, che secondo le Regioni lede le competenze assegnate loro dalla Costituzione e, al momento, non è stato ancora raggiunto un punto d’intesa. Mentre i Comuni contestano l’introduzione del Piano comunale di rigenerazione urbana, strumento considerato incompatibile con l’attuale sistema di pianificazione. Largo consenso riscuote invece il sostegno al partenariato pubblico-privato. Ci sono molti edifici pubblici ormai inutilizzabili, che non vengono abbattuti né recuperati per mancanza di risorse. Il Ddl stabilisce che potrà farlo il privato, a fronte di un bonus volumetrico da realizzare su un’altra area o da scambiare, così da creare un mercato dei crediti edilizi. L’obiettivo finale, ha spiegato a più riprese il ministro Giovannini, è ripensare le città secondo il modello “dei 15 minuti” sostenuto dal Sindaco di Parigi Anne Hidalgo, in cui ogni cittadino possa trovare entro un quarto d’ora a piedi tutto ciò di cui ha bisogno, dai servizi di assistenza ai luoghi di svago, da una postazione di lavoro agli esercizi commerciali. Un obiettivo di lungo periodo, su cui iniziare a lavorare.
La spinta del Pnrr
Il Pnrr mette sul piatto 2,82 miliardi di euro per attuare il Programma Innovativo Nazionale per la Qualità dell’Abitare (PinQua). Gli interventi previsti sono finalizzati a ridurre il disagio abitativo aumentando il patrimonio di edilizia residenziale pubblica, a rigenerare il tessuto socioeconomico dei centri urbani, a migliorare l’accessibilità, la funzionalità e la sicurezza di spazi e luoghi degradati, il più delle vote ubicati nelle periferie. A Bari si punta a riorganizzare l’area in prossimità della stazione ferroviaria centrale, per farne una cerniera di congiunzione tra il centro storico e l’area urbana moderna. Sono previsti interventi per la mobilità multimodale, la creazione di nuovi spazi verdi e l’aumento dei servizi. Mentre a Messina verranno abbattute palazzine fatiscenti ubicate in periferia, per riqualificarle secondo criteri di sostenibilità ambientale e di maggiore inclusione con i quartieri circostanti. Sono solo un paio di esempi tra le 159 proposte di rigenerazione urbana che verranno finanziate con le risorse del Pnrr.