Ad operatori e stakeholder delle filiere tessili è arrivata la proposta di decreto sulla gestione dei rifiuti tessili del Ministero dell’Ambiente, che istituisce la responsabilità estesa del produttore, con l’obiettivo di portare il settore verso una maggiore sostenibilità. Ma i malumori non mancano.
Uno dei punti di caduta della Strategia Europa sul Tessile è l’arrivo sul tavolo degli operatori della prima bozza di Decreto scritta dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica – di concerto con il Ministro delle Imprese e del made in Italy – che istituisce uno schema di responsabilità estesa del produttore per la filiera dei prodotti tessili di abbigliamento, calzature, accessori, pelletteria e tessili per la casa. Il Ministero dell’Ambiente ha fatto circolare la bozza tra gli operatori della filiera e gli stakeholder, organizzando un primo tavolo di confronto lo scorso 16 Febbraio: gli oltre 60 partecipanti, delusi dal provvedimento per motivazioni diverse, hanno minacciato di costituire un fronte di opposizione verso l’iniziativa.
Rifiuti tessili: cosa prevede la bozza di decreto
La finalità che sta alla base della proposta normativa è quella di promuovere la sostenibilità dei prodotti, progettandoli in modo tale da ridurne gli impatti ambientali e la generazione di rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo. Il decreto pone particolare enfasi sul tema della prevenzione dei rifiuti attraverso l’eco progettazione e la preparazione per il riuso e il riciclo, nel tentativo di limitare per quanto possibile l’impronta ecologica del settore tessile. Con questo schema, i produttori e gli importatori dei materiali tessili diventano i veri responsabili del fine vita dei prodotti immessi sul mercato: a loro spetta farsi carico “del finanziamento e dell’organizzazione della raccolta, dell’avvio a preparazione per il riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti derivanti dai prodotti tessili”. In particolare, dovranno garantire:
- la realizzazione, attraverso i sistemi di gestione e in accordo con i Comuni, di una rete capillare di raccolta dei rifiuti tessili su tutto il territorio nazionale, in coerenza con la copertura geografica della distribuzione dei prodotti;
- lo sviluppo e l’organizzazione di sistemi di raccolta selettivi, al fine di incrementare la qualità delle frazioni tessili;
- l’adozione di una progettazione dei prodotti tessili sostenibili e dei loro componenti, volta a ridurne gli impatti sulla salute umana e sull’ambiente. La progettazione deve essere finalizzata a ridurre i rifiuti derivanti dai processi produttivi, nonché assicurare il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti secondo i criteri stabiliti dal Testo unico ambientale (D.Lgs. n. 152/2006);
- lo sviluppo, la produzione, la commercializzazione di prodotti tessili adatti al riutilizzo e alla riparazione, contenenti materiali riciclati, durevoli e facilmente riparabili;
- l’internalizzazione di principi e modelli economici improntati alla circolarità, riducendo al minimo l’impronta ambientale;
- la corretta informazione agli utilizzatori dei prodotti e ai detentori di rifiuti tessili circa le misure di prevenzione adottate, la rete per il conferimento dei prodotti tessili usati, i sistemi di riparazione adottati, i centri per il riutilizzo e per la preparazione per il riutilizzo, i sistemi di ritiro e di raccolta dei rifiuti e le misure per incentivare i detentori a conferire correttamente i rifiuti ai sistemi esistenti di raccolta, evitandone la dispersione nell’ambiente;
- l’adozione di un sistema di comunicazione e monitoraggio delle informazioni relative ai prodotti tessili immessi sul mercato, alla raccolta e al trattamento dei rifiuti derivanti da tali prodotti;
- la pubblicità delle informazioni in merito al conseguimento degli obiettivi di gestione dei rifiuti. In tema di riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti tessili il Decreto prevede che si raggiunga: almeno il 25% in peso entro il 2025; almeno il 40% in peso entro il 2030; almeno il 50% in peso entro il 2035.
- I produttori avranno inoltre l’obbligo di versare un “contributo ambientale”, destinato a coprire i costi relativi alle misure di prevenzione, di riutilizzo e di riparazione. Obiettivo: quello di accrescere l’efficienza della filiera mediante attività di ricerca e sviluppo applicata all’ecodesign dei prodotti tessili, allo studio di nuove tecnologie e di sistemi innovativi. La quantificazione del contributo ambientale da applicare ad ogni prodotto avverrà in base ad un indice di prestazione ambientale elaborato considerando – tra gli altri elementi – la composizione materiale del prodotto, l’uso di fibre riciclate, il grado di riparabilità e di riutilizzabilità.
Il perimetro di applicazione dell’intero provvedimento è quello della gestione dei rifiuti urbani, di competenza dei Comuni, rimangono esclusi i rifiuti speciali. Così come quelli sanitari a rischio infettivo, come le mascherine usate per frenare la recente infezione pandemica. Altro elemento di assoluta novità è la previsione di un nuovo organo di coordinamento e garanzia dell’intera filiera, denominato Centro di coordinamento per il riciclo dei tessili, costituito da tutti i sistemi individuali e collettivi di gestione dei rifiuti tessili riconosciuti dal Ministero.
Rifiuti tessili: le reazioni degli operatori alla proposta di decreto
Il provvedimento non ha suscitato entusiasmo né nei produttori né nei distributori, che si sentono colpiti dagli oneri di un sistema che rimane nelle mani dei Comuni e dei loro Gestori. Gli operatori del riuso sottolineano che il nuovo modello rischia di colpire negativamente, privandoli delle frazioni di maggior valore destinate ai mercati del second hand, la miriade di cooperative e onlus, rivenditori e ambulanti che fino a oggi hanno trainato il mercato dell’usato con buoni risultati, sia economici che socio-ambientali. Al contrario, i Comuni lamentano l’eccessiva frammentazione della raccolta che il nuovo provvedimento verrebbe a creare; dopo l’attività intermedia degli operatori privati preposti alla raccolta, ai Comuni rimarrebbero solo le frazioni di rifiuti prive di valore, con ulteriori aggravi sulla Tari pagata dai cittadini per il servizio di igiene urbana. Spetterà ai tecnici del Ministero dell’Ambiente trovare il punto di equilibrio. L’auspicio è che il decreto possa servire a traghettare il settore tessile verso la sostenibilità che si attende da decenni.