Sono tanti e di diversa natura i rifiuti provenienti dagli impianti di coltivazione degli idrocarburi. Il Pitesai ne traccia una mappa. Con un focus su rifiuti radioattivi e scarichi idrici.
Fanghi di vario tipo, morchie da fondi di serbatoio, materiali filtranti, batterie al piombo e al nichel cadmio, rifiuti liquidi acquosi, imballaggi di materiali diversi, oli per circuiti idraulici e per motori, apparecchiature fuori uso, sostanze chimiche di scarto anche pericolose. E altro ancora. Sono tanti e di diversa natura i rifiuti prodotti dagli impianti di coltivazione degli idrocarburi. Ne riporta l’elenco – indicando per ognuno il relativo codice CER che individua tipologia, processo produttivo di provenienza e pericolosità – il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai) del MiTE, nel fare il punto sulla normativa vigente.
In generale, i rifiuti prodotti dalle attività upstream, compresi quelli derivanti dalla dismissione delle installazioni, sono assoggettati nel nostro Paese alle previsioni specifiche del Piano di gestione dei rifiuti della Regione o della Provincia autonoma in cui insiste la concessione. Sono da inviare a recupero e da gestire secondo le indicazioni previste nel decreto legislativo 152/2006 “Norme in materia ambientale”.
I rifiuti radioattivi
Il Pitesai si sofferma sugli scarichi e i rifiuti radioattivi. “I residui o gli effluenti derivanti dalla gestione delle attività upstream, qualora contenenti radionuclidi di origine naturale – tra i quali, per esempio, le acque di strato, le acque di produzione, i fanghi e fluidi di perforazione, le incrostazioni in tubazioni e contenitori – sono da gestire anche in coerenza con quanto previsto dal decreto legislativo 101/2020”, il decreto che recepisce la direttiva Euratom (2013/59) sulle norme di sicurezza per la protezione contro i pericoli che derivano dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Idem per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi veri e propri, che deve avvenire secondo quanto previsto nel Programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi e tenendo conto delle indicazioni dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica riportate nel report “Radiation Protection and the Management of Radioactive Waste in the Oil and Gas Industry” (2003).
Gli scarichi idrici
Uno spazio a sé è dedicato agli scarichi idrici: acque semioleose e potenzialmente oleose, acque bianche, acque di processo e acque nere prodotte durante l’esercizio degli impianti del settore upstream e gestite separatamente per tipologia.
Le acque semioleose sono le acque piovane accidentalmente inquinate da prodotti oleosi, derivanti dai bacini di contenimento degli impianti. Queste vengono convogliate insieme al resto delle acque piovane negli impianti di recupero olio (i cosiddetti “disoleatori”) e poi, tramite la rete fognaria, all’impianto di depurazione consortile, oppure presso i corpi idrici recettori. Previa autorizzazione ambientale rilasciata dalla Provincia o dal Comune competente. Nel caso di strutture in mare, le acque meteoriche potenzialmente inquinate e i reflui oleosi derivanti dagli spurghi degli impianti vengono raccolti mediante un sistema di drenaggi presente sulla piattaforma, stoccati in un serbatoio e periodicamente trasportati a terra per lo smaltimento.
Le acque bianche, ad esempio quelle di raffreddamento degli impianti, vengono invece raccolte e analizzate per verificarne il contenuto d’olio, poi scaricate nella fogna consortile o nel corpo recettore se la frazione oleosa è nei limiti, oppure inviate all’unità di trattamento delle acque semioleose.
Le acque di processo sono acque di strato, cioè provenienti dai pozzi, associate agli idrocarburi liquidi e poi separate tramite opportuni trattamenti, oppure acque ottenute da condensazione negli impianti di trattamento degli idrocarburi gassosi. Sono trattate in apposite unità, per poter essere reiniettate in profondità nel terreno o inviate allo smaltimento tramite autocisterne. Nel caso in cui rispettino i limiti del contenuto oleoso, vengono scaricate nel corpo idrico recettore o nella fognatura.
Le acque nere, provenienti dai servizi igienici degli edifici civili presenti sugli impianti e tenute rigorosamente separate da effluenti di altra natura, sono convogliate in vasche di sedimentazione. I fanghi prodotti nella vasca settica sono smaltiti come rifiuto, mentre la frazione liquida viene smaltita nella fognatura o nel corpo idrico recettore.
Sulle piattaforme sono inoltre utilizzate acque di raffreddamento, che hanno uno scarico dedicato. È acqua di mare, prelevata, filtrata e inviata agli scambiatori per il raffreddamento del gas compresso. Che non viene però a contatto con gli idrocarburi prodotti. Il sistema di raffreddamento a fine ciclo scarica in mare la stessa quantità di acqua prelevata. Queste acque possono subire, rispetto al punto di prelievo, un incremento di temperatura che generalmente non supera i 35°C.