Ricehouse produce materiali per la bioedilizia riutilizzando gli scarti della filiera produttiva del riso, con l’obiettivo di abbatterne l’impatto ambientale e di coinvolgere il tessuto economico e sociale locale.
Non solo carta, cappelli e scarpette. Con la paglia di riso si possono fare anche le case. È dagli scarti della coltivazione del riso, solitamente bruciati, che l’azienda Ricehouse ha sviluppato la propria attività. Trasformando paglia, lolla (il rivestimento che racchiude il chicco) e pula (il residuo ottenuto dalla sbiancatura del riso, con la rimozione dello strato esterno del chicco) in materiali innovativi e sostenibili per la bioedilizia: telai, pannelli isolanti, intonaci, massetti alleggeriti e finiture a base di calce e argilla. Tutto certificato made in Italy e in un’ottica di economia circolare, avvalendosi esclusivamente di risorse locali, mettendo in rete e sul mercato agricoltori, imprenditori, risorse e “rifiuti” del territorio. In questo modello tutti i soggetti che ruotano intorno alla produzione del riso sono coinvolti, in un’ottica di sviluppo sostenibile.
Un modello di sviluppo sostenibile per i territori fragili
Valorizzare il legame, costruito nel tempo, tra materia e territorio è tra gli obiettivi di Ricehouse. Nell’ultima Relazione annuale d’impatto della società si legge: “il reimpiego della lolla, della pula, della paglia e delle argille disegna un nuovo processo di sviluppo rurale nei territori fragili; mantenere sul territorio persone, risorse, conoscenze, know-how, mobilitandoli come fattori decisivi in un’operazione di rilancio socio-economico, significa mantenere vivi ed attivi questi contesti”. L’esperienza di Ricehouse è tra le buone pratiche di sostenibilità ambientale segnalate da Ispra e dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. La start-up, nata a Milano nel 2016 e trasformatasi in società benefit nel 2020, è frutto dell’esperienza lavorativa dell’architetta Tiziana Monterisi e della passione di Alessio Colombo, geologo e co-fondatore. “Sento nelle narici l’odore forte dei campi di riso bruciati dopo la mietitura. Vedo paglia, lolla, pula consumarsi e impregnare l’aria di un denso fumo acre – ricorda Monterisi che ha passato in Provincia di Biella lunghi anni della sua giovinezza – mi ripeto: dovrà pur servire a qualcosa..”.
Riutilizzo degli scarti e consumo di suolo zero
La produzione del riso genera una grande quantità di scarti, circa il 30% della pianta. Per una tonnellata di riso bianco si producono 1,3 tonnellate di paglia, 200 chili di lolla e 70 chili di pula. Monterisi capisce l’enorme potenzialità di quello che resta sul campo e la possibilità di metterlo a sistema per la realizzazione di “Case di Riso”, minimizzando la produzione di rifiuti e l’impatto ambientale. A cominciare dalla riduzione delle emissioni di polveri sottili e di anidride carbonica prodotte dalla combustione nei campi della paglia e degli altri residui. Ma anche attraverso la produzione di materiali da costruzione a bassissimo impatto ambientale e ad alta efficienza energetica, come la paglia di riso che, per l’appunto, ha forte capacità isolante. Non ultimo, l’azienda abbraccia tra i suoi obiettivi quello del consumo di suolo a tasso zero, recuperando in maniera sostenibile fabbricati rurali dispersi nelle campagne e dismessi da anni, per impiegarli come luoghi funzionali, destinati allo stoccaggio e alla logistica. Riabilitando così un patrimonio non più utilizzato.