Secondo il Global E-waste Monitor delle Nazioni Unite, la produzione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche supera di quasi 5 volte il tasso di riciclo. Che nei prossimi anni è destinato a diminuire. Senza una legislazione adeguata e gli impianti necessari saranno i traffici illegali ad aumentare.
Telefonini e centraline delle auto elettriche, batterie, telecomandi, termostati e poi frullatori, scarpe con le lucine, sensori dell’industria 4.0, pannelli fotovoltaici, pc, casse dei supermarket, televisioni. Il numero di beni che oggi incorpora componenti elettriche ed elettroniche cresce esponenzialmente e, con loro, la ciclopica messe di rifiuti che questi beni, una volta inservibili, vanno ad ingrossare. Anche perché la capacità di raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) è inadeguata: “la produzione di rifiuti elettronici nel mondo sta aumentando cinque volte più velocemente rispetto al riciclaggio documentato di tali rifiuti” avverte il quarto Global E-waste Monitor (GEM) delle Nazioni Unite.
A dire la verità, della filiera globale degli e-waste sappiamo poco. Secondo il rapporto dell’International Telecommunication Union (ITU), l’agenzia dell’ONU per le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e del United Nations Institute for Training and Research (UNITAR), il braccio delle Nazioni Unite dedicato alla formazione, nel 2022 gli abitanti del pianeta hanno gettato via 62 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici. Una quantità impressionante, tale da riempire un milione e mezzo di autocarri da 40 tonnellate, che messi in fila coprirebbero tutto l’equatore. “Tra le speranze offerte da pannelli solari e apparecchiature elettroniche per combattere la crisi climatica e guidare il progresso digitale, l’aumento dei rifiuti elettronici richiede un’attenzione urgente”, ha commentato Nikhil Seth, direttore esecutivo di UNITAR.
La forbice tra crescita dei rifiuti elettronici e riciclo si allarga
Nel 2010 il mondo ha generato 34 miliardi di kg di rifiuti elettronici e questa quantità è aumentata ogni anno di una media di 2,3 miliardi di kg all’anno. Le stime dell’ONU ci dicono che raggiungeremo gli 82 milioni di tonnellate entro il 2030, con un aumento del 33% rispetto al 2022. Se la produzione desta preoccupazione, il tasso di riciclo è da allarme rosso: meno di un quarto (22%) della massa di rifiuti elettronici è stato “adeguatamente raccolto e riciclato” nel 2022. Raccolta e riciclaggio crescono, ma non abbastanza: nel 2010 si riciclavano 8 miliardi di kg e negli anni seguenti si è registrato un aumento medio di mezzo miliardo di kg all’anno.
L’amara conclusione è che l’aumento della produzione sta superando di quasi 5 volte l’aumento del riciclaggio formale. Nel 2022, le regioni che hanno generato la maggiore quantità di rifiuti elettronici pro-capite sono state l’Europa (quasi 18 kg), l’Oceania (16 kg) e le Americhe (14 kg). Per fortuna queste sono le regioni con più infrastrutture di trattamento e quelle con i più alti tassi di raccolta e riciclo pro capite (7,5 kg pro capite in Europa, quasi 7 kg in Oceania e 4 kg nelle Americhe).
Perché calerà il tasso di raccolta e riciclaggio dei RAEE
Se a livello globale solo il 22% dei RAEE è raccolto e avviato a riciclo, niente è dato sapere del restante 78% circa, se non che il valore dei materiali che avremmo potuto recupere tocca i 62 miliardi di dollari. Se i Paesi riuscissero a portare i tassi di raccolta e riciclaggio al 60% entro il 2030 “i benefici – anche attraverso la riduzione dei rischi per la salute umana – supererebbero i costi di oltre 38 miliardi di dollari”. Invece le proiezioni per la fine del decennio sono cupe. Il rapporto prevede un calo del tasso di raccolta e riciclaggio: dal 22% del 2022 al 20% entro il 2030. I motivi sono diversi:
- l’aumento dei consumi;
- le limitate opzioni di riparazione;
- i cicli di vita più brevi dei prodotti;
- la crescente digitalizzazione della società;
- le carenze di progettazione;
- l’inadeguatezza delle infrastrutture di gestione dei rifiuti elettronici.
Più le materie prime impiegate negli apparecchi elettronici sono preziose, più è grave il fatto che escano dai radar. Pensiamo alle terre rare, i metalli che abilitano la transizione ecologica e digitale perché sono necessari tanto per le auto elettriche quanto per le turbine eoliche. Metalli per i quali, sottolinea l’ONU, “il mondo rimane incredibilmente dipendente da pochi Paesi”. Eppure, oggi, le attività di riciclaggio assorbono solo l’1% dell’attuale domanda di terre rare. E se la quota globale di domande di brevetto per la gestione dei rifiuti elettronici è passata da 148 per milione di tonnellate di RAEE nel 2010 a 787 nel 2022, la maggior parte di queste domande riguardava le tecnologie per il riciclaggio dei cavi, mentre non c’è quasi traccia di un aumento del numero di brevetti depositati per le tecnologie relative al recupero delle materie prime critiche come le terre rare. Insomma, anche l’innovazione sembra arrancare.
Oltre allo spreco economico, poi, c’è anche la questione sanitaria e ambientale: “i rifiuti elettronici, ovvero tutti i prodotti scartati con una spina o una batteria – spiegano ITU e UNITAR – rappresentano un pericolo per la salute e l’ambiente, in quanto contengono additivi tossici o sostanze pericolose come il mercurio, che possono danneggiare il cervello umano e il sistema di coordinamento”.
I traffici illegali di rifiuti elettronici
Il vero flusso dei RAEE e le esternalità negative che esso genera sono ancora sconosciuti. Ne sono convinti UNITAR e ITU: “con meno della metà del mondo che implementa e applica approcci per la gestione del problema, questo fa scattare l’allarme per l’adozione di regolamenti efficaci per incrementare la raccolta e il riciclaggio” avverte Cosmas Luckyson Zavazava di ITU. Oggi sono 81 i Paesi che dispongono di una legislazione sui rifiuti elettronici, rispetto ai 78 del 2019. Di questi 81 Paesi, 67 dispongono di uno strumento giuridico che disciplina la gestione dei rifiuti elettronici con disposizioni che promuovono la responsabilità estesa del produttore (EPR). Ma solo 46 Paesi hanno obiettivi di raccolta e solo 36 hanno obiettivi di riciclaggio.
Il Basel Action Network (BAN – che prende il nome dalla Convenzione di Basilea sul controllo del movimento transfrontaliero dei rifiuti pericolosi) richiama l’attenzione su quella che sembra essere l’ennesima ondata di traffico illegale di rifiuti elettronici. Le indagini del network rivelano infatti un percorso di rifiuti elettronici provenienti dagli Stati Uniti ed esportati principalmente dal porto di Los Angeles, su navi container dirette in Malesia. “Come abbiamo già riscontrato per i rifiuti di plastica, la Malesia sta diventando il Paese d’elezione per i commercianti illegali di rifiuti elettronici provenienti dagli Stati Uniti e dal Canada – spiega Jim Puckett, direttore esecutivo del Basel Action Network – Abbiamo bloccato le esportazioni verso la Cina continentale, poi Hong Kong, e ora si sono rivolti al Sud-Est asiatico, mentre l’industria elettronica, invece di gestire correttamente i propri rifiuti in patria, cerca nuovi nascondigli globali”.