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Quanto è green la spesa pubblica?

Quanto è green la spesa pubblica?
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Presentati i dati dell’Osservatorio Appalti Verdi sul monitoraggio della spesa pubblica orientati ai criteri di sostenibilità. Qualche passo in avanti e tante difficoltà, in un settore che dovrebbe essere la leva principale per sostenere la transizione ecologica, anche della nostra manifattura.

È stato presentato all’Ecoforum di Legambiente (Roma, 3-4 luglio) il VII Rapporto “I numeri del Green Public Procurement (GPP) in Italia” curato dall’Osservatorio Appalti Verdi, costituito dalla stessa Legambiente insieme alla Fondazione Ecosistemi, sin dall’inizio in prima linea su questo fronte.

Si tratta, è bene ribadirlo, dell’unico monitoraggio sull’applicazione dei GPP e dei Criteri Ambientali Minimi (CAM) nelle gare di appalto della pubblica amministrazione (in questo caso avvenute nel 2023), strumenti di policy che dal 2016 sono obbligatori nel nostro paese, necessari per orientare i 233 miliardi di spesa pubblica (ANAC, 2023) verso la sostenibilità e la transizione ecologica.

GPP e CAM, cosa sono?

Facendo un piccolo passo indietro, il Codice Appalti (Dlgs. 50/2016, come modificato dal Dlgs. 56/2017) rende infatti obbligatorio il GPP, cioè impone alle pubbliche amministrazioni di acquistare prodotti e servizi ecosostenibili (i cd. “Appalti verdi”). Questi devono, dunque, seguire le prescrizioni contenute nei CAM (Criteri Ambientali Minimi), disciplinati da singoli decreti del Ministero dell’Ambiente che definiscono procedure, modalità e caratteristiche ambientali di ogni categoria di acquisto della Pubblica amministrazione.

I CAM sono quindi i requisiti ambientali ed ecologici definiti dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) volti ad indirizzare le Pubbliche Amministrazioni verso una razionalizzazione dei consumi e degli acquisti fornendo indicazioni per l’individuazione di soluzioni progettuali, prodotti o servizi migliori sotto il profilo ambientale. Gli acquisti verdi devono tener conto dell’intero ciclo di vita di un prodotto o servizio, dal suo smaltimento, alla sua disponibilità sul mercato, alla trasparenza della filiera produttiva

Il monitoraggio del Green Public Procurement

Il monitoraggio è stato condotto mediante la somministrazione di un questionario on line alle stazioni appaltanti, necessario per definire nella metodologie di lavoro impiegata dai curatori un vero e proprio indice di performance in grado di mettere a sistema le migliori pratiche di attuazione del GPP, prendendo in considerazione l’applicazione non solo dei CAM, ma anche dei fattori che facilitano la diffusione di questo strumento centrale per la transizione ecologica, che è appunto il Green Public Procurement.

Complessivamente sono state 126 le stazioni appaltanti che hanno risposto al questionario (relativo ai bandi emessi nel 2023): 14 Centrali di Committenza Regionali (Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia e Giulia1, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, P.A. di Bolzano, Piemonte, Sardegna, Toscana e Umbria), 64 enti gestori rappresentativi di 148 aree protette (10 Aree Marine Protette, 21 Parchi Nazionali, 35 Parchi Regionali, 82 Riserve), 41 Aziende Sanitarie Locali e 7 Comuni metropolitani.

Per la cronaca, al 31 dicembre 2023 le stazioni appaltanti qualificate da ANAC (Autorità nazionale anti corruzione) erano quasi 3.700 (3.694, per l’esattezza), mentre alla stessa data risultavano essere 545 le centrali di committenza censite sempre nel database dell’anticorruzione.

Andando ai punti salienti del monitoraggio, l’indice medio di performance del campione indagato è 62%, con un valore massimo pari al 79% raggiunto dai Comuni metropolitani e un valore minimo raggiunto dagli Enti gestori di aree protette pari a 56%. In via generale, la maggiore difficoltà nell’applicazione dei CAM è rappresentata dalla “difficoltà di stesura dei bandi” (53% delle risposte), seguita dalla “mancanza di formazione” adeguata (41%). La mancanza di imprese con requisiti idonei è considerato un problema per un terzo del campione (34%).

Dalle risposte emerge anche che la conoscenza del Green Public Procurement è ormai consolidata come politica necessaria nell’amministrazione pubblica (media del 98%), seguita dal “Platic free” (57%) e dalla “Formazione” (56%); più indietro, ma altrettanto importanti i “Criteri Sociali”, 47%, e il “Gender Procurement”, 46% (cioè le misure d’incentivo alla parità di genere). Fanalino di coda, ed elemento su i curatori del Rapporto pongono l’attenzione è il” Monitoraggio degli Acquisti Verdi” da parte della pubblica amministrazione, che riceve un tasso di risposta medio pari al 17%.

Le performance delle Centrali di committenza

Rispetto alle risposte date dalle 14 Centrali di Committenza Regionali – s’intende un’amministrazione aggiudicatrice che si occupa delle gare per le amministrazioni pubbliche, a livello nazionale è rappresentata da Consip s.p.a –, è comunque emerso un indice di performance abbastanza alto, pari al 76%, dato dal tasso di applicazione medio del GPP. Sotto questo aspetto, se la necessità della conoscenza, della formazione e del monitoraggio degli acquisti verdi appaiono abbastanza condivise, le principali difficoltà nell’applicazione dei CAM nelle Centrali si rileva nella mancanza di formazione (43%), nella difficoltà di stesura dei bandi (57%) e dalla mancanza di imprese con i requisiti richiesti (36%).

Rispetto ai singoli settori, le migliori performance derivano dalle forniture del servizio di ristorazione collettiva, con un’applicazione del 90%, seguito da quello per la fornitura dei servizi di pulizia (86%). Come sottolineano i curatori del Rapporto, “la principale difficoltà riscontrata dalla stazione appaltante, per la quale sarebbe necessario intervenire, è quella relativa alla stesura dei bandi che tengano in considerazione i CAM (così rispondono 8 soggetti aggregatori su 14)”.

Allo stesso tempo, dal monitoraggio degli acquisti all’interno della PA, risulta ancora bassa l’applicazione del Plastic Free (36%), ovvero gli incentivi per ridurre le pratiche di consumo dei prodotti usa e getta in plastica, incentivando quindi quelle volte alla riduzione dei prodotti monouso in generale e sensibilizzando sul tema.

Poco green gli acquisti delle aree protette

Significativamente più basso l’indice di performance delle aree protette come stazioni appaltanti (56%), una contraddizioni in termini, considerato che questi enti dovrebbero essere per definizione la punta più avanzata nelle pratiche di sostenibilità. Anche in questo caso, tra le principali difficoltà nell’applicazione dei CAM, rileva la costante difficoltà nella stesura dei bandi (50%), la mancanza di imprese con i requisiti richiesti e i limiti della formazione del personale (28%).

Va sicuramente meglio nelle città metropolitane, con un indice di performance che raggiuge il 79%. Su tutte spiccano Torino, Milano (che ha istituito la figura del referente per il GPP nella stazione appaltante), Roma e Genova. Probabilmente sia per le dimensioni che per le risorse umane in dotazione a questa tipologia di enti locali, riescono a rispondere in modo più efficace all’obbligatorietà nell’applicazione del GPP e dei CAM nelle procedure di acquisto, come definito dal codice degli appalti.

Due buone notizie che lasciano ben sperare:
  • la prima, riguarda l’esigenza manifestata dalla gran parte della stazioni appaltanti di avviare attività di formazione interna del personale, considerata come una vera priorità;
  • la seconda buona nuova è legata al fatto che tra i principali benefici che le stazioni appaltanti hanno riscontrato nell’attuazione del GPP è emersa in maniera significativa l’aspetto legato ad “un positivo impatto territoriale” dal punto di vista ambientale e/o sociale”.

Spesa pubblica: conclusioni

Nel tirare le somme, il Rapporto, se da una parte, prende atto dei progressivi miglioramenti fatti rispetto agli anni passati, dall’altra, registra numerose e persistenti difficoltà, soprattutto per quanto riguarda il supporto tecnico, sotto forma di affiancamento, alla stesura dei documenti di gara: molti CAM, infatti, non prevedono un’applicazione automatica (in particolare l’edilizia) ma richiedono una personalizzazione in fase di progettazione della gara, necessaria anche in alcuni servizi (in particolare gestione energetica degli edifici, e verde pubblico).

Si aggiunga anche che alcuni criteri (in particolare tessili e calzature) presentano notevoli difficoltà nelle fasi di verifica e controllo, mentre è ancora del tutto assente l’attività di monitoraggio dello stato di adozione del GPP. Una vera contraddizione, quest’ultima, alla luce di un obbligo che esiste già da un bel po’ d’anni.

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