Salvatore Lagatta, sindaco di Bussi sul Tirino al terzo mandato, si è battuto per la bonifica dei terreni contaminati dalle produzioni chimiche che ricadono nel suo Comune. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare il percorso fatto e le prospettive future.
Bussi sul Tirino, piccolo Comune in Provincia di Pescara e sede di uno dei primi insediamenti chimici italiani,dal 2008 è assurta agli onori delle cronache perché parte del suo territorio è stata compresa nel Sito di bonifica di interesse nazionale (SIN) di Bussi sul Tirino. Il SIN interessa attualmente circa 236 ettari contaminati da rifiuti industriali, interrati e sparsi in aree che ricadono sul territorio di 11 Comuni. Salvatore Lagatta, sindaco di Bussi, è al suo terzo mandato ed è stato recentemente premiato a Remtech – evento di riferimento nel settore delle bonifiche – per le attività di sostenibilità ambientale realizzate nel suo Comune.
Sindaco, lei è nato a Bussi, ci è rimasto a vivere e lavorare, e si è battuto con forza per quel territorio pesantemente contaminato dall’industria chimica. A maggio scorso è stato eletto per la terza volta. Ci può raccontare quale percorso è stato fatto in questi anni a Bussi?
“Si continua a parlare di Bussi come se la situazione fosse rimasta ferma nel tempo, al 2008, mentre è completamente cambiata. In particolare, faccio riferimento all’area Tre Monti – quella che a suo tempo fu definita la discarica più grande d’Europa – dove il commissario Adriano Goio fece una messa in sicurezza con l’installazione di teli, e dove negli ultimi due anni, certamente da luglio 2021, sono iniziate le attività di bonifica vera e propria da parte di Edison, proprietaria dell’area, attraverso la società Tremonti. Per cui sono a questo punto 27 mesi che in quell’area si sta realizzando la bonifica. Ma oltre la Tre Monti, ci sono le aree 2A e 2B, le aree limitrofe a queste e c’è il sito industriale”.
E come sta andando la bonifica?
“Da quello che mi risulta sta andando bene. Anche l’attività sperimentale di desorbimento termico realizzata in una porzione dell’area, una tecnologia di riscaldamento del terreno per rimuoverne le sostanze volatili, mi risulta terminata con risultati positivi. Tutto il terreno sarà portato via così come previsto dal progetto di bonifica”.
Sul quotidiano Il Centro a settembre si parlava della costruzione di una fabbrica per la macinazione di farine tradizionali a cui lei starebbe per rilasciare i permessi di urbanizzazione. Quali sono le prospettive di sviluppo per il territorio di Bussi?
“Mi faccia ripartire dal quadro della situazione. L’area Tremonti è in fase di bonifica. Per le aree 2A e 2B – anch’esse parte del SIN – si sta definendo in questi giorni la firma del contratto con la ditta aggiudicataria, per cui anche lì inizieranno le opere propedeutiche al progetto di bonifica vero e proprio. Nelle aree 2A e 2B, in realtà, la bonifica sarebbe dovuta partire a maggio 2018 ma il Ministero ha improvvisamente bloccato la gara, si è aperto un contenzioso legale che ha visto Comune, Regione e ditta aggiudicataria opposti al Ministero: prima al Tar, poi al Consiglio di Stato, che ci hanno dato ragione. Ora anche lì si va avanti. Le aree limitrofe alle 2A e 2B sono, invece, oggetto di lavoro da un anno. Quindi quando dico che la situazione non è quella di 10 anni fa, è perché in realtà su tutte le discariche individuate si sta operando. Al confine dell’area 2A e 2B, c’è poi un territorio, che prima faceva parte del sito di interesse nazionale, da cui è stato stralciato a giugno 2016 perché è stato verificato che era un territorio pulito e che quindi poteva già essere utilizzato per una reindustrializzazione. È su quell’area, che confina con quella di bonifica, che verrà realizzato l’investimento di cui lei mi parla e nascerà un impianto che lavorerà le farine. Siamo nella fase finale, ci sono tutti i permessi e stiamo per rilasciare quello di costruzione, nel momento in cui l’imprenditore pagherà gli oneri di urbanizzazione”.
Quindi lei su che cosa pensa che possa puntare il territorio per un suo sviluppo e per creare lavoro, che immagino sia necessario?
“Contrariamente all’area Tremonti, che prima della scoperta della discarica era adibita a uso agricolo e peraltro non era coltivata, le aree 2A e 2B e le zone limitrofe sono all’interno di una zona industriale ed è qui che potremmo avere nuovi imprenditori. Parliamo di un’area che ha già tutte le utilities – l’acqua, il metano, il vapore – e tutte le infrastrutture già fatte. Il Comune, per favorire gli investimenti, darà a chi viene il diritto di superficie, che significa in sostanza concedere il terreno a titolo gratuito, a meno che le aziende non vogliano acquisirlo. Questa è un’area industriale, già inserita nel piano regolatore e infrastrutturata. Appetibile per chi voglia investire, a bonifica terminata. Inoltre, essendo stata utilizzata negli ultimi 125 anni per gli impianti chimici, è più facile ottenere permessi anche per questo tipo di attività”.
Nel 2023 si può risolvere il conflitto tra ambiente e lavoro, specialmente per quanto riguarda la produzione chimica e industriale?
“Sicuramente è più facile rispetto al passato. Il disastro che si è creato sul territorio di Bussi, ma anche in tutta Italia, e oserei dire in tutto il mondo, si è creato perché allora non c’erano leggi che tutelassero la salute e l’ambiente. Oggi ci sono. Per cui se qualcuno vuole realizzare un investimento di tipo ‘pericoloso’, diciamo, deve comunque rispettare leggi che in passato non c’erano. Io credo che rispettando le leggi difficilmente avremo a Bussi, ma ripeto in tutta l’Italia, situazioni di disastro ambientale come quelle che abbiamo avuto negli ultimi 100 anni di attività chimica e non solo. Oggi sì, è possibile coniugare produzione e ambiente”.