Chiudi
Cerca nel sito:

Più di 55mila reati nel 2021 a danno di mare e coste

cattiva depurazione
Condividi l'articolo

Abusivismo edilizio, mancata depurazione e cattiva gestione dei rifiuti, pesca illegale sono gli illeciti che più hanno danneggiato coste ed ecosistemi marini nello scorso anno. Per un valore, tra sequestri e sanzioni, di oltre 577 milioni di euro.

Quanto pesino i danni provocati a mare e coste dai comportamenti illegali e irresponsabili dell’uomo ce lo ricorda a inizio estate Legambiente, con il dossier Mare Monstrum, che raccoglie i dati dall’attività svolta nell’anno precedente da forze dell’ordine e Capitanerie di porto. Nel 2021 sono stati verbalizzati più di 55mila illeciti, tra penali e amministrativi, alla media di 7,5 reati ogni chilometro di costa, ovvero un illecito ogni 133 metri. Le persone denunciate o arrestate sono state più di 20mila, le sanzioni quasi 25mila, i sequestri più di 7mila e 392 le società denunciate. Il fattore di pressione prevalente è quello del ciclo illegale del cemento, dalle villette abusive all’occupazione illecita delle spiagge, che da solo rappresenta più del 50% del totale, seguito dall’inquinamento e la cattiva gestione dei rifiuti (25%) e la pesca illegale (21%). Solo per mala depurazione e in generale scarichi illegali di liquami e di rifiuti, i reati contestati (tra penali e amministratiti) arrivano quasi a 14mila (più di 38 al giorno). E il valore di sequestri e sanzioni ammonta a oltre 577 milioni di euro, un indicatore economico importante di quanto pesino i danni causati agli ecosistemi marini. Al primo posto per numero di reati la Campania (2.502), seguita da Lazio (1.709), Abruzzo (1.337), Toscana (1.297) e Puglia (1.182). Nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si è concentrato il 41% degli illeciti, mentre l’Emilia Romagna è la regione del Nord con il numero più alto di violazioni. Come densità di illeciti per chilometri di costa è il Molise la regione con il numero più alto di verbalizzazioni, con 11 infrazioni per Km; seguono Abruzzo (10,6), Basilicata (6,5), Emilia Romagna (6,1), Campania (5). La media nazionale è di 1,9 illeciti penali e amministrativi per ogni km.

Da Siracusa a Ardea, la piaga della mala depurazione attraversa l’Italia

Una delle vicende più eclatanti di depuratori mal funzionanti o mal gestiti è accaduta nell’area industriale di Siracusa. A metà giugno di quest’anno, il Tribunale di Siracusa ha disposto il sequestro dell’impianto dell’Industria acqua siracusana spa (Ias) e dell’intero patrimonio della società che gestisce l’impianto di depurazione dei reflui dell’area industriale siracusana e dei Comuni di Melilli e Priolo. La società è stata commissariata e a gestire l’impianto sarà un amministratore giudiziario. L’accusa è di “disastro ambientale aggravato riguardante l’inquinamento atmosferico e marino, nonché altri reati connessi all’illegittimità dei titoli autorizzatori ritenuti non conformi a legge, non più efficaci da oltre un decennio e solo parzialmente rispettati”. L’accusa di disastro ambientale aggravato, frutto delle indagini svolte dal Nucleo investigativo circondariale ambientale e sanitario (Nictas) e dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Siracusa, deriva, secondo quanto si legge nella nota della Procura siracusana, “dall’offesa della pubblica incolumità derivante dall’enorme quantità di sostanze nocive immesse in mare e in atmosfera, dalla loro tossicità e nocività per la salute degli ambienti e degli uomini e dal numero di persone interessate dalla loro diffusione”. Impressionanti i dati forniti dalla Procura: “la gestione descritta avrebbe negli anni immesso in atmosfera circa 77 tonnellate all’anno di sostanze nocive, tra cui il benzene, sostanza cancerogena, e oltre 2.500 tonnellate di idrocarburi in mare, tra il 2016 e il 2020”. Altro depuratore finito nei guai è quello di Ceccano, in provincia di Frosinone. Impianto sotto accusa da parte delle Direzione distrettuale antimafia di Roma, che ha già portato a due misure cautelari con l’accusa di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti e inquinamento ambientale. Il mare è la principale vittima sacrificale della mancata depurazione, ossia di adeguati sistemi di trattamento dei reflui, sia urbani che industriali. Non a caso, l’Italia ha all’attivo quattro procedure di infrazione europea in tema di collettamento, fognatura e depurazione. Per far fronte a una situazione emergenziale, nel 2017 è stato nominato un Commissario Straordinario Unico per il coordinamento e la realizzazione degli interventi funzionali a garantire l’adeguamento, nel minor tempo possibile, alle sentenze di condanna. Attualmente il Commissario ha competenza su 151 interventi distribuiti su 91 agglomerati: 123 interventi si riferiscono alla causa 565/10 e 28 interventi sono relativi alla causa 85/13. Per far fronte a una situazione emergenziale, nel 2017 è stato nominato un Commissario Straordinario Unico per il coordinamento e la realizzazione degli interventi finalizzati a garantire l’adeguamento, nel minor tempo possibile, alle sentenze di condanna. Attualmente il Commissario ha competenza su 151 interventi: 123 interventi si riferiscono alla causa 565/10 e 28 interventi sono relativi alla causa 85/13. Altro caso emblematico di cattiva gestione dei reflui è quello di Ardea, una delle località balneari più note del basso Lazio. “In previsione della nuova stagione estiva – si legge nel dossier di Legambiente – a maggio di quest’anno il sindaco di Ardea, Mario Savarese, ha emesso un’ordinanza in cui si dispone, per tutta la stagione balneare del 2022 (l’ordinanza precisa che il periodo corre dal 14 maggio al 31 ottobre 2022), il divieto di balneazione su circa 4 km di costa, quasi la metà a disposizione del Comune. Provvedimento assunto, a salvaguardia dell’igiene e della salute pubblica, di fatto reso inevitabile a seguito delle indagini di monitoraggio realizzate dall’Arpa Lazio e sollecitate da Legambiente Lazio, che hanno registrato valori di inquinamento completamente fuori dalla norma. Alcune delle zone più a rischio, come la foce del Rio Torto e quella del Fosso Grande, risultavano fortemente inquinate già dagli esami effettuati la scorsa estate: non è la prima volta che arriva il divieto di balneazione per questa zona costiera”.

Ultime Notizie

Cerca nel sito