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Perché i tappi di plastica sono attaccati alle bottiglie?

Tappi di plastica: due bottigliette di acqua minerale
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Da circa un anno, la nuova normativa europea sui tappi di plastica utilizzati per chiudere le bottiglie è legge. Bruxelles ha messo nero su bianco la misura relativa a questi involucri specificando, senza possibilità di appello, che tutti i tappi dovranno essere attaccati. Questa novità, che in realtà tale non è perché diversi produttori di bevande hanno già iniziato da tempo a fornire bottiglie di plastica con il tappo attaccato, è stata accolta in maniera più o meno favorevole. L’obiettivo finale è infatti quello della salvaguardia dell’ambiente e della riduzione delle microplastiche, target con cui siamo tutti d’accordo. Allo stesso tempo, però, questi tappi hanno creato alcuni problemi ai consumatori.

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La strategia alla base della normativa

Una persona fruga con le mani tra tantissimi tappi di plastica
Per evitare che i tappi di plastica vadano dispersi, si è scelto di fissarli alla bottiglia

I tappi di plastica sono fermamente attaccati alla loro bottiglia per evitare che vadano persi e, dunque, non riciclati assieme all’involucro che chiudono. Ma per quale motivo si è scelta questa strategia? L’Europa, da tempo, è impegnata a rendere operativo un piano strategico relativo alla plastica che prevede la riduzione del suo utilizzo in imballaggi di ogni tipo e, in particolar modo, in quelli monouso. È già qualche anno che le aziende hanno introdotto questa novità. Da tempo infatti troviamo bottiglie legate ai propri tappi di plastica sugli scaffali del supermercato. Ciò serve a non far disperdere il pezzo più piccolo, facile da smarrire nell’ambiente.

Dal prossimo 3 luglio tutte le bottiglie di plastica dovranno prevedere il tappo attaccato. La misura vuole agevolare il riciclo. Nel lontano 5 giugno 2019, il Parlamento e il Consiglio europeo hanno varato la normativa che prevede come i prodotti con coperchi e tappi di plastica debbano essere commercializzati con questi elementi attaccati ai contenitori. Non c’è dunque nulla di veramente nuovo. La direzione è stata indicata dalle Nazioni Unite ed è contenuta anche nell’Agenda ONU 2030 per l’economia circolare. Nella stessa, si prevede il divieto di commercializzare alcuni prodotti monouso. I dati sul loro utilizzo sono impietosi. Si stima che rappresentino, da soli, il 50% dei rifiuti in plastica in mare o sulle spiagge.

Tappi di plastica attaccati alle bottiglie: pro e contro

Come sempre accade quando viene presa una decisione, immediatamente dopo sorge una discussione. Ciò è naturalmente avvenuto anche in questo caso. Da una parte, si sono schierati i consumatori. Questi hanno lamentato difficoltà dovute al dover bere dalla bottiglia con il tappo attaccato alla stessa. Dall’altra, sono insorti i dipendenti della filiera della plastica, compreso l’ultimo tassello della stessa, il riciclo dei rifiuti. Se per i consumatori si è facilmente trovata una soluzione, lo stesso non può dirsi per la filiera.

L’agevolazione per chi beve è arrivata in poco tempo: i tappi di plastica sono ora ripiegabili lungo il fianco della bottiglia, così da consentire a tutti di dissetarsi comodamente. In merito ai lavoratori è invece più difficile giungere a un accordo soddisfacente per tutti. Parliamo infatti di un sistema articolato, la cui industria è ampia e distribuita. Solo nel nostro Paese, il settore della plastica occupa migliaia di persone e ha un giro di affari di oltre 30 miliardi di euro l’anno. L’Unione Europea, però, si compone di altri 26 Stati. Il riutilizzo dell’imballaggio, ai prodotti monouso e l’aumento di plastica riciclata in circolazione può ripercuotersi su oltre 10.000 aziende.

Queste realtà sono quelle che operano soltanto nelle quattro regioni leader del settore: Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte. Qui si raccoglie il 70% di tutta la produzione italiana. C’è dunque un 30% dislocato nelle altre 16 regioni. L’UE ha promesso a questo ambito che penserà anche a loro, magari agevolando la riconversione di queste aziende a impianti che lavorano polimero di seconda mano, già utilizzato. La campagna contro lo spreco della plastica ha prevalso sulle ragioni degli addetti ai lavori. La necessità di riciclarne quanta più possibile e di evitare la dispersione di microplastiche nell’ambiente ha riecheggiato molto di più delle – pur legittime – lamentele settoriali.

Gli USA sono stati i primi ad attaccare i tappi di plastica

La direttiva ONU ha fatto più presa negli Stati Uniti che nel vecchio continente. L’Europa si è mossa per seconda, prendendo spunto dagli USA e introducendo i tappi attaccati alle bottiglie che sono in uso già da diversi anni oltre Atlantico. Gli studi che hanno confermato l’utilità di questo sistema sono svariati. È stato dimostrato che dover gestire un unico pezzo porta a un riciclo integrale dell’involucro nella quasi totalità dei casi presi in esame. Precedentemente, infatti, si tendeva a dimenticarsi letteralmente del tappo di plastica, gettandolo a terra, lasciandolo al bancone del bar o, semplicemente, perdendolo. Per i bambini era poco più di un gioco e non si curavano certo di riciclarlo, una volta terminata la bevanda.

La campagna contro lo spreco ha fatto tesoro dei risultati di questi studi. Essa si è concentrata, con determinazione, nello spiegare ai cittadini che il tappo attaccato alla bottiglia aiuta non solo l’utente a riciclare, bensì anche le apposite macchine, guidandone lo smistamento durante le prime fasi del riciclo. Esso, infatti, agevola il riconoscimento e la separazione. I dispositivi appositi faticano a riconoscere da soli i diversi materiali che compongono un prodotto. Per tal motivo, li si aiuta creando elementi di un solo materiale e rendendoli velocemente separabili. La macchina riconosce il duro tappo e lo pone assieme ai suoi simili mentre spedisce la bottiglia, più morbida, tra gli altri flaconi.

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Mattia Mezzetti

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