L’Italia è tra i primi Paesi Ue per prelievo di acqua potabile. Ma più del 40% dell’acqua immessa in rete viene dispersa per vetustà degli acquedotti, scarsa manutenzione, prelievi abusivi, guasti.
“L’Italia è prima tra i Paesi europei per prelievo di acqua ad uso potabile, con un consumo medio di 220 litri al giorno pro capite negli ultimi anni”. Questo bilancio dei consumi italiani di acqua potabile lo ha fatto pochi giorni fa la sottosegretaria al Ministero della Transizione ecologica Ilaria Fontana. “Eppure, secondo un monitoraggio Ipsos – ha aggiunto – la scarsità di risorse idriche costituisce un problema solamente per 2 italiani su 10, che è un numero bassissimo”. Arriva per questo “Ho rispetto per l’acqua”, campagna di sensibilizzare sull’uso consapevole della risorsa idrica promossa dal MiTe. “Ho rispetto per l’acqua” prevede dodici tappe in dodici città italiane: Milano, dove si è tenuta il 23/24 scorsi, e poi Torino oggi e domani, Venezia il 30 e 31, Bologna 2 e 3 giugno, Firenze 6 e 7, Pescara 8 e 9, Roma 14 e 15 giugno, Napoli 16 e 17, Bari 20 e 21, Reggio Calabria 22 e 23, Palermo 24 e 25, Cagliari 29 e 30 giugno. Previsti workshop tecnici in presenza, riservati agli stakeholder istituzionali, ai gestori del servizio idrico locale, alle associazioni degli amministratori di condominio e dei consumatori. E infopoint nelle principali piazze, con punti di ascolto e momenti di animazione. C’è anche uno spot “per fornire informazioni, strumenti e proporre azioni concrete e immediate per preservare la risorsa acqua e diffondere maggiormente lo strumento dei contabilizzatori”.
Il ciclo dell’acqua potabile: quali sono gli sprechi
Secondo l’Istat, in Italia, nel corso del 2015 (ultimi dati disponibili) il volume complessivo di acqua potabile immessa nelle reti comunali di distribuzione è stato pari a 8,32 miliardi di metri cubi, 375 litri giornalieri per abitante. I volumi giornalieri pro capite immessi in rete variano molto a livello regionale: dai 286 litri per abitante immessi quotidianamente in Puglia ai 559 della Valle d’Aosta. Questi dati restituiscono le quantità immesse in rete. I 220 litri a testa (80 metri cubi annui) ricordati dalla sottosegretaria sono invece l’acqua erogata, potremmo dire cioè ‘consegnata’. L’erogazione dell’acqua per uso potabile è molto eterogenea sul territorio nazionale: si va dai 235 litri per abitante al giorno del Piemonte ai 454 della Valle d’Aosta (Regione con il valore più alto) ai 166 dell’Umbria o i 155 della Puglia. Ricordiamo che nell’erogazione vengono contabilizzati anche gli usi pubblici: la pulizia delle strade, l’acqua nelle scuole e negli ospedali, l’innaffiamento di verde pubblico e i fontanili. La differenza tra l’acqua potabile immessa in rete e quella erogata la fanno perdite, gli errori di misurazione, i prelievi abusivi. Per conoscere quelle che Istat definisce “perdite reali” si deve misurare la differenza tra le perdite totali (volumi immessi in rete meno volumi erogati) e quelle apparenti (legati ad allacciamenti abusivi, imprecisione o malfunzionamento dei contatori). Una differenza pari a 3,2 miliardi di metri cubi, che vanno perduti (con riferimento ai dati del 2015), circa 100 mila litri al secondo, 144 litri al giorno per abitante. Le cause di questa immensa quantità di acqua perduta sono dovute a corrosione, giunzioni difettose, deterioramento o rotture delle tubazioni. Nella maggior parte delle città italiane, spiega infatti l’istituto di statistica, l’infrastruttura idrica è soggetta a un “forte invecchiamento e deterioramento. In parte, le dispersioni sono fisiologiche e legate all’estensione della rete, al numero degli allacci, alla loro densità e alla pressione d’esercizio, in parte sono derivanti da criticità di vario ordine: rotture nelle condotte, vetustà degli impianti, consumi non autorizzati, prelievi abusivi dalla rete, errori di misura dei contatori”. Se tutta quest’acqua non di disperdesse potrebbe soddisfare, calcola ancora Istat, le esigenze idriche di circa 40 milioni di persone per un anno intero: due terzi degli italiani. Queste dispersioni erano pari nel 2015 al 41,4% dell’immesso in rete, “in aumento di quattro punti percentuali rispetto al 2012”: confermando, sottolinea Istat, lo stato di “persistente inadeguatezza e inefficienza in cui versa l’infrastruttura idrica e degli scarsi investimenti in termini di manutenzione e sviluppo”. Bene, dunque, le campagne per un uso più razionale dell’acqua. Ma non dimentichiamo manutenzione e investimenti.