Lo ha osservato uno studio condotto per il progetto MEJP SOIL MINOTAUR (Horizon 2020). Le microplastiche nei suoli agricoli comportano “rischi sostanziali in termini di produttività e sicurezza alimentare”, secondo ENEA
La consapevolezza dell’ubiquità delle micro e nanoplastiche, dentro e fuori di noi, ha portato al ricerca scientifica a misurare le conseguenze di questa innaturale e preoccupante presenza. Una ricerca pubblicata sulla rivista Sustanaibility e condotta da ENEA, Joint Research Centre della Commissione europea, CREA insieme al le Università degli Studi di Milano e della Tuscia ha appurato che queste particelle infinitesimali composte da polimeri non solo possono essere il veicolo di batteri resistenti agli antibiotici, ma possono contribuire ad alimentare questa resistenza, “con gravi rischi per la salute umana e degli ecosistemi”.
Tanto per contestualizzare la questione: “L’antimicrobico resistenza (Antimicrobial resistance-AMR, di cui quella agli antibiotici è un sottoinsieme, ndr) è una delle principali minacce globali per la salute pubblica”, dice l’Organizzazione mondiale della sanità”. Si stima, aggiunge, che “l’AMR batterica (quella agli antibiotici, appunto, ndr) sia stata direttamente responsabile di 1,27 milioni di decessi globali nel 2019 e abbia contribuito a 4,95 milioni di decessi”.
Microplastiche e salute del suolo
Le microplastiche che si accumulano nei suoli agricoli comportano “rischi sostanziali in termini di produttività e sicurezza alimentare”, spiega Annamaria Bevivino, divisione ENEA Sistemi agroalimentari sostenibili, responsabile del progetto MEJP SOIL MINOTAUR (Horizon 2020) cui va ricondotta ricerca: “Al momento alcuni studi hanno riscontrato una riduzione della resa delle colture tra l’11% e il 24% nei suoli agricoli dove è stata misurata un’alta concentrazione di residui di microplastiche”.
E le prospettive per il futuro non sono rosee. Infatti l’iper sfruttamento dei suoli dedicati all’agricoltura e il massiccio impiego di fertilizzanti (sia chimici che organici, come compost e fanghi di depurazione) impattano “in modo significativo sulle concentrazioni di microplastiche e sulle caratteristiche delle comunità microbiche presenti, mettendo a rischio la qualità del terreno, ostacolando lo sviluppo delle piante e compromettendo la fornitura di funzioni ecosistemiche essenziali”.
Pressione selettiva
Ma in che modo le microplastiche possono alimentare l’antibiotico resistenza? Queste particelle “sono spesso presenti in ambienti contaminati da antibiotici come suoli agricoli trattati con fertilizzanti e acque reflue – chiarisce Bevivino -. Questo crea una pressione selettiva che favorisce la sopravvivenza e la proliferazione di batteri resistenti, aumentando la diffusione dei geni di resistenza agli antibiotici”,
Lo studio in particolare ha permesso di identificare quattro diversi generi di batteri (Solirubrobacter, Bradyrhizobium, Nocardioides e Bacillus) protagonisti indiscussi della colonizzano della superficie delle plastiche nell’ambiente. “Questi microrganismi – spiega ENEA – sono spesso presenti nei suoli contaminati da microplastiche e svolgono un’importante attività di degradazione del materiale plastico e di diffusione della resistenza agli antibiotici”.
Una scoperta non rassicurante ma che può anche fornire strumenti potenzialmente utili a gestire il problema. Lo chiarisce un altro ricercatore ENEA, Andrea Visca, del Laboratorio per l’Innovazione delle filiere agroalimentari: “Questi batteri potrebbero essere usati come bioindicatori per monitorare la salute del suolo e l’impatto ecologico legato alla contaminazione da microplastiche”.