In fase di studio in Indonesia, il sistema di purificazione delle acque non prevede filtri ma impiega le onde sonore per raccogliere le microparticelle
Il meccanismo è molto semplice: si fa passare l’acqua contaminata con le microplastiche attraverso un tubo, mentre il tubo viene fatto vibrare grazie ad altoparlanti subacquei. È stato sviluppato presso l’Institut Teknologi Sepuluh Nopember di Surabaya, Indonesia. Circondate dalle onde sonore che arrivano da tutti i lati, le particelle vengono spinte verso il centro del tubo, e quando l’acqua viene fatta uscire, possono facilmente essere separate dal resto del flusso. “Questo è fondamentalmente il principio della nostra ricerca: la forza creata dal suono”, ha spiegato alla rivista online Cosmos Dhany Arifianto, ingegnere dell’istituto di ricerca indonesiano, uno degli ideatori del progetto.
Oltre il 90% di efficienza in acqua dolce
Il sistema di purificazione delle acque ideato da Arifianto muove solo i primi passi, ma nei test di laboratorio è stata provata una capacità di filtraggio pari al 99% per i frammenti di nylon, al 95% per altre microplastiche. È vero che, come il ricercatore ha spiegato a Cosmos, queste percentuali sono ottenute su acqua dolce, più facile da trattare rispetto all’acqua salata dei mari. Per la quale l’efficienza raggiunta ha sfiorato il 60%. Sembra poco rispetto alla purificazione quasi integrale in acqua dolce, ma già dimezzare le microplastiche in mare sarebbe un ottimo risultato. Tra i progetti del ricercatore, quello di posizionare una serie di “tubi sonici” negli stretti che separano le principali isole indonesiane, quelli attraverso cui fluiscono correnti tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano. Posizione perfetta per collocare questi filtri sonori, che sarebbero ormeggiati al fondale e alimentati da celle solari o dall’energia delle onde.
I limiti
I problemi, però, non mancano, non solo quelli legati ai costi. “Stiamo generando un suono percepibile – evidenzia Arifianto – quindi la vita marina ne risentirà”. I suoni impiegati in laboratorio per far vibrare i tubi vanno dai 50 ai 60 decibel, un intervallo tra il rumore di un ambiente domestico e un ufficio rumoroso. Gli effetti sulla vita marina non sono stati ancora misurati: sarà uno dei prossimi passi dei ricercatori indonesiani. In attesa di conoscerne i risultati, l’ingegnere sa che la tecnologia non è la sola soluzione da mettere in campo. In definitiva, afferma Arifanto, “l’inquinamento da microplastica è un problema globale che richiede sforzi internazionali. Spero che il nostro lavoro raggiunga più persone possibili per renderle consapevoli del problema della plastica e, si spera, partecipare a questa azione globale per ripulire i nostri mari”.