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Nuova stretta dell’UE sulla presenza dei PFAS nell’acqua

Nuova stretta dell’UE sulla presenza dei PFAS nell’acqua
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La Commissione UE ha emanato le nuove linee guida per monitorare e tracciare le migliaia di sostante PFAS in tutte le acque utilizzate al consumo umano. Parametri più stringenti e metodi d’analisi uniformi in tutti gli Stati membri, questi i punti cardine del provvedimento

Sono state pubblicate sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea la Comunicazione della CommissioneLinee guida tecniche sui metodi d’analisi per il monitoraggio delle sostanze per- e polifluoro alchiliche (PFAS) nelle acque destinate al consumo umano”. Si tratta, in sostanza di pericolose sostanze chimiche permanenti (poiché estremamente persistenti in ambiente e nel nostro organismo) – se ne contano circa 4.700 – utilizzate sin dagli anni quaranta per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa, etc.

L’urgenza di porre in qualche modo rimedio all’eccessiva presenza di queste sostanze principalmente nell’acqua dolce, compresa quella che finiamo per bere, ha spinto l’UE a diversi interventi normativi, a cui sono seguiti anche quelli italiani, portando nel nostro paese anche ad alcune tormentate indagini giudiziarie, la più importante delle quali è attualmente in corso a Vicenza (che si è poi suddivisa in due procedimenti diversi).

La consapevolezza sui PFAS

Con il miglioramento degli strumenti d’indagine è cresciuta anche la consapevolezza della presenza di queste sostanza in ambiente, e soprattutto dei rischi a cui è sottoposto l’ambiente e le popolazioni che ne entrano in qualche modo in contatto, destando giustificati allarmi a livello internazionale. Come si può leggere nello stesso preambolo delle Linee Guida, “si rileva in tutta l’UE la crescita del numero di casi di alta concentrazione di PFAS nell’acqua dolce, compresa l’acqua potabile”, da qui la decisione della Commissione di voler imprimere un’accelerazione al monitoraggio delle sostanze PFAS con criteri omogenei nell’ambito dell’Unione Europea, seguendo comunque il percorso già tracciato dalla Direttiva (UE) 2020/2184, recepita in Italia con il D.Lgs. 23 febbraio 2023, n.18. Direttiva che, in estrema sintesi, ha introdotto nuovi e più stringenti parametri e valori di parametro per queste sostanze, obbligando gli Stati membri a conformarvisi entro il 12 gennaio 2026.

Tecniche e metodologie uniformi in area UE

Le Linee Guida definiscono definitivamente (almeno per il momento) gli orientamenti tecnici più accreditati sui metodi di analisi per il monitoraggio nell’ambito dei parametri “PFAS totale” e “somma di PFAS” (sulla scorta di quanto definito dalla Direttiva stessa), definendo nel dettaglio una selezione dei metodi analitici e degli approcci ritenuti scientificamente più appropriati per il monitoraggio di tali parametri, comunque sulla base di una valutazione tecnica e socio-economica.

Rispetto al parametro “PFAS totale” vale il limite di 0,50 microgrammi per litro (µg/l), mentre per quello “somma di PFAS”, che comprende un numero limitato e definito di molecole che destano particolare preoccupazione, vale il limite di 0,10 µg/l. Le sostanze ricomprese nel parametro “somma di PFAS” sono comunque elencate nell’allegato III, parte B, punto 3, della direttiva.

In particolare, i limiti di quantificazione (concentrazione minima di analita determinabile in un campione di acqua) dovrebbero essere non superiori a 0,15 µg/l per il parametro “PFAS totale”, e non superiori a 0,03 µg/l per quello “somma di PFAS”. Per le singole sostanze tale limite dovrebbe essere non superiore a 1,5 nanogrammi per litro (ng/l), con l’indicazione che dovrebbe essere ben inferiore per le molecole che destano maggiore preoccupazione dal punto di vista tossicologico, come per esempio i PFOA e i PFOS.

Rispetto alla frequenza minima di campionamento e analisi, questa è indicata nell’Allegato II, parte B, tabella 1, della direttiva stessa, che stabilisce il numero di campioni in funzione dal volume di acqua potabile distribuito o prodotto ogni giorno in una determinata zona di fornitura. Può quindi essere necessario adottare altre frequenze di campionamento sulla base delle valutazioni del rischio del bacino idrografico e del sistema di fornitura effettuate a norma, rispettivamente, degli articoli 8 e 9 della Direttiva.

Nuovi metodi di misurazione dei PFAS

La Comunicazione della Commissione, in sostanza, riprende le definizioni dei due parametri succitati, riportati nel già citato D.Lgs. n.18, e le regole tecniche a loro associate, fornendo però indicazioni più precise sui metodi analitici che dovrebbero essere utilizzati per quantificarli. Tali indicazioni tecniche restano valide anche qualora la determinazione dei PFAS venga effettuata nelle matrici ambientali.

Come precisa l’Ispra a commento dei nuovi parametri, “per quanto riguarda il parametro somma di PFAS vengono indicati i metodi delle parti A e B della norma EN 17892:2024 (recepita e pubblicata il 18/07/2024 dall’UNI), la prima a essere stata convalidata da uno studio interlaboratorio europeo, che soddisfa sia gli stringenti requisiti richiesti dai bassissimi limiti di quantificazione, che quelli relativi all’incertezza di misura”.

Ispra tiene anche a precisare che “la norma EN 17892:2024 può essere anche applicata per la ricerca degli inquinanti in acque di origine ambientale”. Infine, la Commissione fornisce precise indicazione sulla possibilità di utilizzare “anche altri metodi standard equivalenti, a patto che soddisfino gli stessi requisiti”.

Prossima tappa

Ora gli Stati membri dell’Unione Europea hanno tempo fino al 12 gennaio 2026 per adeguarsi ai desiderata della normativa sul monitoraggio dei PFAS, che comprende anche la definizione della frequenza di campionamento, che può essere adottata anche sulla base delle valutazioni di rischio del bacino idrografico e del sistema di fornitura delle acque.

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