La siccità prolungata, combinata con gli scarsi controlli sugli sversamenti da parte di industrie e famiglie, sta creando una moria di pesci lungo il corso d’acqua mediorientale
L’inquinamento crescente e l’aumento di salinità delle acque, dovuto alla carenza di risorse idriche, sta provocando una vera e propria catastrofe ambientale nel fiume Tigri. Le autorità irachene segnalano una moria di pesci come raramente si era visto in passato.
In particolare, secondo quanto riportato dai media locali, la carenza d’acqua dolce, sta portando a “una diminuzione dell’ossigeno e a un aumento del tasso di salinità e, dunque dell’acidità dell’acqua, uccidendo milioni di pesce. Con ricadute dirette per le popolazioni locali, che si nutrono in prevalenza proprio di pesci. Non solo: intorno al Tigri si è creata una vera e propria filiera, dai pescatori ai venditori di ghiaccio, dai meccanici dei motori di barche ai camionisti, dai commercianti all’ingrosso a quelli al dettaglio, fino agli allevatori di bestiame. Il Paese mediorientale, tra i principali produttori di petrolio, è il quinto al mondo più vulnerabile ai cambiamenti climatici, secondo uno studio realizzato dall’Onu.
La desertificazione interessa il 39% del territorio nazionale e il 54% della superficie agricola. La situazione è aggravata, poi, dagli scarsi controlli sulle attività industriali, agricole e domestiche, con enormi quantità di rifiuti riversati nelle acque, che uccidono pesci e altri organismi acquatici.