Negli ultimi anni è cresciuta una discreta preoccupazione da parte dell’opinione pubblica riguardo alla qualità dell’acqua potabile che esce da nostri rubinetti. Uno dei motivi principali è legato, per esempio, alle recenti segnalazioni riguardo alle quantità eccessive di PFASS negli acquedotti della Regione Veneto: si tratta, nello specifico, di composti chimici altamente fluorurati caratterizzati da una struttura chimica molto stabile, che li rende particolarmente resistenti ai processi naturali di degradazione, a causa della loro elevata persistenza ambientale, tanto da essere definiti “forever chemicals“. Molto utilizzati nell’industria, hanno purtroppo effetti tossici nell’organismo umano e possono essere correlati a patologie neonatali, diabete gestazionale e, in caso di esposizione cronica, formazione di tumori.
Ecco perché un numero crescente di cittadini ha iniziato ad interessarsi alla possibilità di filtrare l’acqua degli acquedotti cittadini utilizzando vari tipi di metodi. Uno di questi è la microfiltrazione: ma come funziona esattamente? Che tipo di benefici comporta? Vediamolo insieme.
Indice
- Cosa si intende per microfiltrazione dell’acqua
- Il funzionamento della microfiltrazione
- Quando conviene microflitrare l’acqua?
Cosa si intende per microfiltrazione dell’acqua
Secondo le disposizioni delle “Linee guida sui dispositivi per il trattamento delle acque destinate al consumo umano” emanate dal Ministero della Salute con il Decreto Ministeriale del 7 febbraio 2012, la microfiltrazione è un metodo di trattamento delle acque che permette di intrappolare particelle con un diametro compreso tra 0,05 e 10 micrometri (μm).
Attraverso questo specifico tipo di trattamento avviene la rimozione simultanea di varie sostanze chimiche e microrganismi, che vengono trattenuti da diversi sistemi di filtrazione, basati sulle loro dimensioni (misurate in micron) e sulla massa molecolare (espressa in Dalton). A seconda del livello di filtraggio, che dipende anche dalla composizione chimica e dalla struttura della membrana, si distinguono principalmente i seguenti processi:
- La microfiltrazione, che riesce a trattenere particelle con un diametro compreso tra 0,05 e 10 micron;
- L’ultrafiltrazione, in grado di trattenere particelle con un diametro compreso tra 0,001 e 0,05 micron;
- La nanofiltrazione, capace di trattenere particelle con un diametro compreso tra 0,0001 e 0,001 micron;
- L’osmosi inversa ed elettrodialisi, che sono in grado di trattenere particelle con un diametro inferiore a 0,001 micron.
È importante notare che durante la transizione dalla ultrafiltrazione all’osmosi inversa, i processi di carattere chimico ed elettrochimico (legame tra la membrana e la sostanza da eliminare) diventano predominanti rispetto a quelli di natura dimensionale (come l‘interazione sterica).
Il funzionamento della microfiltrazione dell’acqua
A questo punto potrebbe sorgere spontanea una domanda: questo processo elimina anche gli elementi preziosi dell’acqua, come i sali minerali? Ricordiamo che questo particolare sistema è progettato con una membrana, cioè un filtro, adatta per catturare soltanto le particelle di dimensioni superiori a una determinata soglia, specificamente compresa tra 0,05 e 10 micron, mentre non trattiene quelle di dimensioni inferiori. Per esempio, gli ioni di sale, calcio e magnesio sono elementi di dimensioni più ridotte che i dispositivi di microfiltrazione dell’acqua non riescono a trattenere. Ecco perché da questo punto di vista è consigliabile considerare l’utilizzo di un addolcitore d’acqua o di impianti di osmosi inversa: sarà in questo modo possibile ottenere un’acqua filtrata e pulita che però dal punto di vista elettrochimico e nutrizionale sarà identica all’acqua non filtrata.
Quando conviene microfiltrare l’acqua?
Il Ministero della Salute ci ricorda che la qualità dell’acqua in Italia, soprattutto se confrontata con altri Paesi europei, è ottima. In particolare in base alle più recenti analisi è emerso quanto segue:
- Indicatori microbiologici: elevati livelli di conformità (98-99%) durante il periodo 2017-2019, con tendenza al miglioramento nel corso dei tre anni;
- Parametri chimici: si riscontrano lievi criticità per antimonio e arsenico, tuttavia non significative e probabilmente attribuibili a variazioni naturali dell’ambiente (specialmente nelle zone più esposte al rischio di contaminazione da elementi geogenici);
- Indicatori di qualità: alcune lievi criticità riscontrate nel conteggio delle colonie a 22°C nel 2018 e per la presenza di batteri coliformi, ma con un trend di miglioramento costante nel periodo di tre anni.
Affidarsi ad un sistema di microfiltrazione dell’acqua, in generale, può essere utile per chi vuole evitare di ingerire sostanze indesiderate (compreso il cloro o il calcare), ma anche per chi desidera allungare la vita ad alcuni prodotti elettrodomestici che ne fanno uso, come la lavatrice o la lavastoviglie.
Ci sono inoltre motivi strettamente legati alla nostra salute. Nell’acqua non trattata proveniente dai nostri rubinetti, possono essere a volte presenti diversi batteri come l’E. coli o la legionella. L’assunzione di tali microrganismi può causare problemi gastrointestinali, con sintomi molto fastidiosi come nausea, vomito, diarrea.
Interessante notare, a proposito, come in un Paese come la Francia, per esempio, l’acqua potabile venga trattata mediante l’aggiunta di cloro per la disinfezione: tuttavia, questo processo non garantisce l’eliminazione completa dei batteri e di altri microrganismi. Inoltre, l’acqua potrebbe rimanere contaminata anche dopo il trattamento, ad esempio, a causa di tubazioni vecchie o di serbatoi mal mantenuti. In generale, è importante ricordare che non esiste alcun sistema di filtraggio, ad oggi, che si possa definire sicuro ed efficace al 100%.