Potrebbe essere un punto di non ritorno. Il primo “giorno senza ghiaccio” – con una copertura di ghiaccio inferiore al milione di Kmq – nell’Oceano Artico è previsto tra una decina di anni. Ma eventi estremi potrebbero accelerarne l’arrivo già nel 2027.
Secondo l’IPCC (il panel di scienziati coinvolti dall’ONU sui cambiamenti climatici), la regione artica si sta riscaldando a una velocità più che doppia rispetto alla media globale e sta subendo cambiamenti senza precedenti. Temperature più alte attorno al Polo Nord vuol dire, ovviamente, meno ghiaccio: il servizio Marine Copernicus ha stimato che l’estensione del ghiaccio marino artico sia diminuita del 12,5% per decennio dal 1979 al 2021. “Sono andati persi – sottolinea il servizio dedicato al monitoraggio dell’ambiente marino garantito dal programma europeo Copernicus – 2,14 milioni di Kmq di ghiaccio a mare: un’area grande sei volte la Germania”.
Il minimo di ghiaccio nell’Oceano Artico
Lo statunitense National Snow and Ice Data Center ha riferito che il minimo di ghiaccio marino artico registrato nel settembre di quest’anno (il ghiaccio varia ovviamente a seconda della stagione) è stato tra i più bassi dal 1978, con una copertura di 4,28 milioni di Kmq, significativamente inferiore alla media di 6,85 milioni di Kmq registrata tra 1979 e 1992.
Questo assottigliamento e diradamento della coltre di ghiaccio artica porterà, probabilmente è solo questione di tempo, al primo giorno senza ghiaccio nell’Oceano Artico. Fino a poco tempo fa, nella timeline della crisi climatica, gli studiosi e le studiose avevano posizionato questo giorno negli anni ’30 di questo secolo. Ma un recente studio pubblicato su Nature Communications prevede che il “no-ice-day” per l’Artico potrebbe arrivare molto prima, probabilmente già dal 2027: tra due anni. Va precisato che il primo “giorno artico senza ghiaccio”, nelle ricerca, non vuol dire mare completamente libero ma “una copertura di ghiaccio marino inferiore a un milione di chilometri quadrati”.
“La prima volta che l’Artico raggiungerà condizioni di assenza di ghiaccio sarà un evento dall’alto significato simbolico – scrivono le autrici dello studio, Céline Heuzé e Alexandra Jahn, del dipartimento di scienze della Terra dell’Università di Gothenburg, Svezia – in quanto dimostrerà visivamente la capacità dell’uomo di cambiare una delle caratteristiche che definiscono l’Oceano Artico attraverso le emissioni antropogeniche di gas serra: la transizione da un Oceano Artico bianco a un Oceano Artico blu”.
Transizione che avrà conseguenze non solo sull’Artico, non solo sul futuro di orsi polari, narvali, foche barbate e sterne artiche, ma sull’intero pianeta: visto che tutto quel ghiaccio ha implicazioni significative per la regolazione delle temperature, delle correnti oceaniche globali e sul riscaldamento globale.
Un domino climatico
Utilizzando oltre 300 simulazioni, le ricercatrici dell’università svedese hanno verificato che la maggior parte dei modelli prevede il primo giorno senza ghiaccio tra 9 e 20 anni dopo il 2023, indipendentemente dagli sforzi umani per ridurre le emissioni di gas serra. In scenari estremi, questo evento potrebbe avvenire entro due anni.
Più che altrove, nell’Artico il riscaldamento globale è un cane che si more la coda – o un ciclo di feedback positivo, come dicono gli scienziati: le coperture di ghiaccio terrestre e marino si riducono con l’aumento delle temperature, una riduzione che a sua volta porta a un maggiore riscaldamento della regione: la chiamano “amplificazione artica“. Con la diminuzione dell’area coperta dai ghiacci, una superficie sempre maggiore dell’Oceano viene esposta al vento e all’energia delle onde, che si danno man forte contribuendo a una maggiore disgregazione del ghiaccio.
Quel ghiaccio ha un potere mitigatore, visto che rappresenta una barriera fisica tra l’acqua e l’atmosfera: isola l’oceano dal freddo invernale, tenendolo più caldo, e, viceversa, lo protegge dal calore estivo.
Specie come l’orso polare, che dipendono dal ghiaccio per cacciare e spostarsi, sono particolarmente vulnerabili a questa trasformazione. La perdita di habitat potrebbe quindi portare a una diminuzione delle popolazioni e a cambiamenti nei comportamenti migratori. influendo anche sulle comunità indigene, che da queste specie dipendono per la loro sussistenza.
Scioglimento locale, conseguenze globali
Altro aspetto da non sottovalutare è l’effetto albedo: la superficie ghiacciata riflette nello spazio una parte dell’energia che arriva dal Sole, limitando il riscaldamento dell’atmosfera. La riduzione del ghiaccio marino espone acque più scure che assorbono più energia solare, accelerando il riscaldamento dell’Artico, che si riscalda più velocemente rispetto alla media dei mari.
Come ricordano i ricercatori del sistema Copernicus, “l’Artico svolge un ruolo fondamentale nel sistema di correnti oceaniche che determinano il clima globale. Con l’aumento delle temperature del mare e l’incremento dell’acqua dolce proveniente dallo scioglimento dei ghiacci, questi processi potrebbero essere influenzati mettendo in discussione un meccanismo chiave che regola il nostro clima”. La Meridional Overturning Circulation (MOC) a volte definita il “nastro trasportatore globale” degli oceani, contribuisce infatti alla ridistribuzione di enormi quantità di acqua e calore intorno al pianeta, contribuendo a regolare il clima della Terra. Lo scioglimento dei ghiacci marini e terrestri dell’Artico potrebbe avere un impatto sulla forza e sulla fisica della MOC, con possibili ripercussioni sui modelli climatici globali.
Una chance con l’Accordo di Parigi
Anche se altamente probabile, questa situazione dagli effetti disastrosi potrebbe ancora essere allontanata nel tempo o scongiurata, affermano le ricercatrici: “La buona notizia è che il primo giorno senza ghiaccio si verifica in anni con una temperatura globale media quinquennale pari o superiore a 1,5 °C rispetto al livello preindustriale. Ciò significa che se riuscissimo a mantenere il riscaldamento al di sotto dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi di 1,5 °C di riscaldamento globale, i giorni senza ghiaccio potrebbero ancora essere evitati”.