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L’Italia esplora le possibilità d’estrazione del litio geotermico

litio geotermico
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L’Italia è ricca di litio geotermico e ne esplora le possibilità di sfruttamento attraverso nuovi processi di estrazione. Diverse le aziende interessate a livello di ricerca e sviluppo, ma serviranno ancora anni per verificare la fattibilità dei progetti, la cui convenienza si misura anche in termini di geopolitica. Intanto, è legge dall’8 agosto il decreto Materie prime critiche (25 giugno 2024) che adegua la nostra normativa al Regolamento europeo.

Lo chiamano oro bianco o metallo della transizione. Per via del colore biancastro e perché è una componente fondamentale nella costruzione delle batterie dei cellulari, delle auto elettriche e dei sistemi di accumulo delle fonti rinnovabili. Metallo necessario alla transizione energetica, il litio è sempre di più al centro degli interessi economici e geopolitici.

Secondo le stime esposte dalla presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen, la domanda di litio crescerà di cinque volte entro il 2030. E attraverso il suo regolamento sulle materie prime critiche (escluse quelle energetiche e agricole) entrato in vigore a maggio 2024, il Critical Raw Materials Act, l’Ue punta all’individuazione di partenariati strategici e ha fissato nuovi obiettivi di sfruttamento delle proprie materie prime critiche al fine di ridurre la dipendenza dell’industria dall’approvvigionamento da paesi terzi. In particolare dalla Cina. Così, ora, tra gli Stati membri c’è chi firma accordi con la Serbia e chi s’interroga sul proprio potenziale di litio – elemento che non si trova in natura allo stato metallico ma sempre legato ad altri elementi o composti – e su come sfruttarlo.

Tra questi, c’è l’Italia, il cui territorio contiene un discreto potenziale di giacimenti di litio secondo uno studio dell’Istituto di geoscienze e georisorse (IGG) del CNR pubblicato nel 2022. Tutto sta nel come riuscire ad estrarlo. Compatibilmente con il rispetto della tutela dell’ambiente e con la fattibilità industriale e la redditività dei progetti. Estrarre il litio italiano potrebbe infatti rivelarsi troppo oneroso per valere la candela. Ma è ancore presto per dirlo.

La mappa del CNR del litio in Italia

Secondo la ricerca del Cnr, nel nostro Paese il litio è presente in due grosse aree: la fascia vulcanico-geotermica che si estende in Toscana-Lazio-Campania, dove in passato sono stati intercettati fluidi geotermici con concentrazioni di litio fino a 480 milligrammi per litro; e la fascia della catena appenninica, da Alessandria fino a Pescara, dove sono presenti fenomeni termali, con contenuti in litio fino a 370 milligrammi per litro, associati a giacimenti di idrocarburi. “Questi valori sono tra i più alti riscontrati nei fluidi profondi del pianeta e permetterebbero l’estrazione del metallo con la tecnica conosciuta come Direct Lithium Extraction”, scriveva Andrea Dini, ricercatore dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR, a commento dello studio di cui è coautore.

Litio geotermico: convegno al Mase su normativa e nuove tecnologie

Per lo sviluppo di una filiera italiana, il governo – insieme ad alcune società già coinvolte e agli enti ricerca – sta dunque ragionando sull’estrazione del nostro litio geotermico. Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase) ha organizzato, alla fine di giugno, un incontro sia sugli aspetti giuridici del settore geotermico – con particolare riferimento al Regolamento europeo sulle Materie Prime Critiche e al decreto legge Materie prime critiche (convertito in legge l’8 agosto) che regola con urgenza le materie prime strategiche adeguandosi al suddetto quadro europeo – sia sulle nuove tecnologie per l’estrazione del litio dalle brine geotermiche, con le esposizioni tecniche delle società impegnate nell’estrazione del litio o interessate a livello di ricerca e sviluppo: ENEL Green Power, Steam, Turboden e IREN-Altamin.

“Le maggiori società di ricerca italiane sono impegnate attualmente in studi collegati all’esplorazione geotermica-mineraria, ai fini di uno sfruttamento di questa rilevante risorsa energetica e mineraria presente nel sottosuolo del nostro Paese, sia per la produzione e auto-produzione energetica sia per l’estrazione del litio”, spiega la nota del Mase, che parla dello sviluppo di diverse metodologie per la valutazione delle risorse e riserve di litio all’interno dei fluidi ospitati nei serbatoi geotermici. “Tecnologie, in parte consolidate in parte in via di sviluppo, la cui applicazione potrebbe portare benefici in termini ambientali e di efficienza energetica”.

Litio geotermico: una tipologia di giacimento non convenzionale

Rispetto ai giacimenti di litio attualmente sfruttati nel mondo, i fluidi geotermici presenti nel nostro sottosuolo rappresentano una tipologia di giacimento non convenzionale e finora non toccato. Attualmente, quasi tutta la produzione mondiale di litio si concentra in quattro Paesi: Australia (47%), Cile (30%), Cina (15%) e Argentina (5%). In Australia, dove il litio è presente nelle rocce, l’estrazione si fa principalmente nelle miniere, mentre nei paesi sudamericani (dove il litio è presente nei grandi laghi salati delle Ande, per esempio) e in Tibet, si ricava attraverso un processo di evaporazione in enormi vasche, chiamate salar.

Come funziona il sistema di estrazione

L’estrazione del nostro litio geotermico, tramite Direct Lithium Extraction, non comporterebbe né bacini per l’evaporazione, né cave. Il processo funziona così: si perforano dei pozzi che intercettino i serbatoi geotermici, si stabilisce tramite prove di pompaggio quanto fluido può essere portato in superficie senza depauperare il serbatoio, si procede al pompaggio dei fluidi dalla falda immettendoli in un’unità di trattamento industriale dove, attraverso l’utilizzo di una resina o di un materiale assorbente, il minerale viene isolato. La salamoia esaurita viene poi reiniettata nel sottosuolo.

Estrazione del litio geotermico: una partita ancora da giocare

Un processo che richiede costi decisamente maggiori di quelli dei cosiddetti metodi tradizionali, a fronte di un minor impatto sul territorio. Sul quale tuttavia alcuni si interrogano. In particolare da quando, nel 2022, la Regione Lazio ha rilasciato un permesso di ricerca di giacimenti di litio in un’area di 1.213 ettari tra i Comuni Campagnano di Roma e Nepi, nel viterbese, alla società Energia Minerals, controllata della multinazionale Altamin. Anche Enel Green Power e l’australiana Vulcan Energy hanno firmato un accordo lo sfruttamento della geotermia e la produzione di litio nell’area poco distante di Cesano, nel 2023. L’Italia estrarrà davvero il proprio litio? Le carte sono sul tavolo, ma la partita è ancora da giocare. Per conoscerne l’esito, toccherà aspettare ancora qualche anno.

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