Riscaldamento globale e fusione dei ghiacci stanno provocando un innalzamento del livello dei mari mai visto prima. Le conseguenze in alcuni Paesi si vedono già, dai Caraibi alle isole Figi. E saranno sempre di più fonte di instabilità e di conflitti per le risorse.
Ne leggiamo nelle previsioni degli scienziati, ma la questione ci riguarderà tutti da vicino. L’innalzamento del livello dei mari legato alla crisi climatica, interessa per ora solo alcune nazioni insulari, ma presto investirà tutti noi: i suoi effetti – dalle migrazioni alla produzione di cibo – potranno infatti causare squilibri globali non indifferenti. Ecco perché anche il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite se n’è occupato.
Innalzamento dei mari: quanto aumenterà il livello delle acque
Secondo l’Ipcc, tra il 1901 e il 2018, il livello medio dei mari a livello globale è salito tra i 15 e i 25 centimetri, 1-2 millimetri l’anno. Negli ultimi anni questa crescita è aumentata, a causa del surriscaldamento globale, sfiorando i 4 millimetri all’anno. Le cause sono la fusione dei ghiacci e l’aumento di volume dell’acqua legati al riscaldamento globale. Stando all’Organizzazione meteorologica mondiale, il livello medio globale del mare è aumentato più velocemente negli ultimi 100 anni che in qualsiasi altro periodo precedente. Se sapremo mantenere l’aumento delle temperature entro 1,5 gradi centigradi rispetto alla temperatura dell’era preindustriale il mare, prevedono gli scienziati dell’Ipcc, salirà tra i 2 – 3 metri nei prossimi 2.000 anni. Se arriveremo a 2 gradi, si potrebbero toccare i 6 metri in più.
Le conseguenze dell’innalzamento dei mari
“L’impatto dell’innalzamento dei mari sta già creando nuove fonti di instabilità e conflitti”, ha dichiarato il Segretario Generale delle Nazioni Unite António Guterres, aprendo l’incontro del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Le coste di alcune nazioni hanno già registrato un tasso di innalzamento triplo rispetto alla media, e nei prossimi decenni, comunità prossime al livello del mare e interi Paesi potrebbero scomparire per sempre. “Assisteremmo a un esodo di massa di intere popolazioni su scala biblica – ha avvertito Guterres – e a una competizione sempre più forte per l’acqua dolce, la terra e altre risorse“. Innalzamento dei mari, ha ricordato, vuol dire intrusione di acqua salata nelle terre emerse e nelle falde idriche; lo abbiamo visto questa estate con la siccità del Po. Con perdite di posti di lavoro e di intere economie in settori come l’agricoltura, la pesca e il turismo, con potenziali danni a infrastrutture vitali, come sistemi di trasporto, ospedali e scuole. In qualsiasi scenario di aumento della temperatura, dal più ottimistico al più nero, i Paesi dal Bangladesh alla Cina, dall’India ai Paesi Bassi saranno tutti a rischio secondo l’allarme lanciato dall’Onu. Le megalopoli di ogni continente – tra cui Lagos, Bangkok, Mumbai, Shanghai, Londra, Buenos Aires e New York – subiranno gravi impatti. A soffrire per primi e più duramente saranno i circa 900 milioni di persone che vivono nelle zone costiere: una persona su dieci sulla Terra. Gli effetti dell’innalzamento dei mari si vedono già, ha ricordato Guterres: hanno decimato i mezzi di sussistenza nel turismo e nell’agricoltura nei Caraibi; stanno già costringendo a trasferirsi la popolazione che vive nelle Figi, a Vanuatu, nelle Isole Salomone. Csaba Kőrösi, attuale Presidente dell’Assemblea Generale, ha ricordato le proiezioni secondo cui, in meno di 80 anni, tra 250 e 400 milioni di persone avranno probabilmente bisogno di nuove case in posti diversi da quelli in cui vivono. E ha anche messo in guardia dagli impatti devastanti per i “granai” del mondo, in particolare i delta fertili lungo il Nilo, il Mekong e altri fiumi. “Ciò che serve ora, come sempre – ha affermato Kőrösi – è la volontà politica di agire”.