L’estrazione del litio è imprescindibile in un mondo che vuole puntare sul trasporto elettrico. Tale minerale è infatti la componente principale delle batterie delle auto elettriche (così come di quelle di smartphone, tablet e altri device che usiamo abitualmente ogni giorno). È dunque comprensibile l’interesse commerciale che ruota attorno a questo elemento. Non solo. Occorre anche considerare quanti e quali siano i rischi connessi all’estrazione del materiale. L’utente finale spesso non ne è a conoscenza ma l’impatto di una cava di litio sull’ecosistema è considerevole.
Il litio nella strategia del Green Deal europeo
Bruxelles ha annunciato lo stop alla vendita e all’immatricolazione di veicoli a benzina o diesel a partire dal 2035. Il Green Deal europeo, valido sull’intero territorio dell’Unione, assegna un ruolo di importanza capitale al trasporto elettrico. Nonostante diversi Stati membri, tra cui l’Italia, si siano attivati per sollecitare un ripensamento o, quantomeno, un addolcimento della misura che apra magari anche ai biocarburanti, come per esempio l’olio di colza di cui abbiamo già scritto, a oggi il cosiddetto Patto Verde è rigoroso. Tra 11 anni, non sarà più possibile immettere vetture a combustibile fossile nel parco circolante europeo.
Ciò significa che ci sarà sempre maggiore richiesta di litio e terre rare, i materiali di cui si compongono le batterie elettriche per automezzi. Il minerale è un attore fondamentale della strategia Fit for 55, quella che dovrebbe abbassare le emissioni europee del 55% entro il 2030. Bisognerebbe però essere certi che procurarsi litio non significhi violentare biomi ed ecosistemi dall’altra parte del mondo. La preoccupazione è però legittima. In seguito alla firma del Green Deal, mentre a Bruxelles si festeggiava in maniera trionfale, in Cile, Argenina e Perù si triplicava l’estrazione del litio dalle cave sotterranee.
Se una strategia avvantaggia una parte del mondo e ne svantaggia un’altra, non è chiaramente quella giusta per portarci tutti, come concittadini dello stesso pianeta, fuori dai rischi legati all’emergenza climatica.
Il triangolo del litio
Il Sudamerica è anche conosciuto come il triangolo del litio. A queste latitudini, infatti, si trova il 65% delle riserve mondiali del minerale. Nel corso del 2022, ultimo anno di cui possediamo dati completi, ne sono state esportate 231mila tonnellate. Si stima che il sottosuolo latinoamericano custodisca ancora 50 milioni di tonnellate di litio. A questi ritmi, entro il 2040 questo materiale sarà la principale voce di esportazione della regione e toccherà percentuali di vendita verso l’estero pari all’80%. Il Cile è il Paese che ne possiede la maggior quantità e la Cina quella più interessata ad acquistarlo.
L’estrazione del litio e il suo impatto sull’ambiente
Le operazioni estrattive sono massicce. Il litio, per sua natura, si trova all’interno di zone umide nel sottosuolo. Queste aree sono tipicamente molto fragili e attirano numerose specie di uccelli e mammiferi, come ad esempio i fenicotteri, che le scelgono per riprodursi. Non a caso, le comparse di questi animali nelle zone di estrazione sono drasticamente diminuite a causa dell’attività antropica. Quando il minerale si accumula sui fondali di stagni e laghi salmastri, per estrarlo si usa la tecnica dell’evaporazione forzata. Come suggerisce il nome stesso, parliamo di un’operazione piuttosto invasiva.
Il procedimento consiste nel pompare e convogliare l’acqua dell’intero bacino (sia quella superficiale sia quella della falda sotterranea) in ampie vasche artificiali, al fine di farla evaporare integralmente. Con il trascorrere dei mesi, il fluido evapora a causa dell’azione dei raggi solari e, nel farlo, si lascia dietro una salamoia ricca di cloruro di litio. A questo punto avviene la vera e propria estrazione. Attraverso processi di estrazione e filtrazione si separa il litio dal boro e dal magnesio e lo si fa reagire tramite l’azione di carbonato di sodio.
Una fase di essiccazione prepara il precipitato all’esportazione e alla trasformazione in batteria. Se a questo punto l’iter estrattivo è terminato, la devastazione ambientale non si è ancora conclusa. La salamoia in eccesso, inutile all’indotto del litio, viene ripompata nel bacino da cui era stata tolta. Dopo questo trattamento intensivo, però, essa presenterà un tasso di salinità tanto alto da renderla invivibile per le specie vegetali e animali che popolano la regione.
Distruzione e desertificazione
Le località nelle quali avviene l’estrazione, private di acqua, vanno inevitabilmente incontro a spopolamento e desertificazione. Il paesaggio si inaridisce, viene abbandonato e perde ogni tipo di attrattiva e funzione differente da quella estrattiva. Anche in Cile, dove il litio si trova più frequentemente all’interno delle rocce silicatiche che sul fondale dei bacini idrici, l’estrazione contamina profondamente le aree circostanti. In questo caso i problemi principali sono quelli dell’erosione e del rilascio nell’atmosfera di polveri insalubri e molto sottili, facilmente inalabili.
I limiti dell’estrazione del litio e le speranze per il futuro
La tecnologia estrattiva attuale è profondamente nociva per il pianeta. Sono allo studio tecniche di estrazione dall’acqua oceanica o dalle salamoie prodotte dal ciclo di salinizzazione, ma al momento non siamo in grado di metterle in pratica in maniera efficace. A dire il vero, non siamo neppure certi che non causino comunque problemi all’ambiente.
Ben più promettente appare la strada del riciclo di litio e terre rare ma essa, da sola, non è sufficiente per rispondere al fabbisogno energetico dell’intero settore dei trasporti. Dobbiamo migliorare molto se vogliamo rendere l’estrazione del litio una pratica meno impattante e lesiva o correremo il rischio di causare un danno maggiore di quello che cerchiamo di risolvere.