Chiudi
Cerca nel sito:

Limenet: la nuova realtà contro la CO2

Il mare al tramonto
Condividi l'articolo

Non tutte le aziende sono causa del cambiamento climatico e delle emissioni di CO2 nell’atmosfera: per nostra fortuna c’è infatti anche chi da diverso tempo si impegna a contrastare questa piaga, come per esempio Limenet. Si tratta di una realtà emergente che ha sviluppato un particolare sistema in grado di combattere contro le sostanze inquinanti nell’aria che, com’è noto, sono tra le principali cause del riscaldamento globale. Ecco dunque tutto quello che è necessario sapere riguardo a questa innovativa realtà imprenditoriale.

Indice

Di cosa si occupa Limenet

Scopriamo insieme tutte le curiosità su Limenet, una start-up italiana che si occupa di decarbonizzazione: ecco cosa devi sapere a riguardo.
Un’onda del mare che si infrange

Forse non tutti sanno che i processi di assorbimento di carbonio sono di per sé qualcosa che è sempre esistito e che fa parte del ciclo della natura: la presenza di carbonio sul nostro pianeta Terra è naturale e fino all’avvento delle attività umane (come l’industrializzazione) c’è sempre stato un sostanziale equilibrio in questo senso. Purtroppo però, negli ultimi due secoli e con l’arrivo della Prima e poi della Seconda Rivoluzione Industriale il ricorso a fonti di energia non rinnovabile come il carbone, il gas naturale o il carbone ha generato un aumento fuori controllo delle emissioni di anidride carbonica, a tal punto che le fonti naturali di assorbimento non sono più riuscite a “stare al passo” con esse. Ecco perché si sta parlando sempre più spesso della necessità della decarbonizzazione, un processo complesso al quale sta lavorando (con successo) proprio Limenet.

Limenet trae ispirazione dal ciclo geologico del carbonio, un processo naturale in cui il carbonio viene trasferito tra la geosfera (suolo), l’idrosfera (mari e oceani), la biosfera (acque dolci) e l’atmosfera terrestre. Queste componenti della Terra agiscono come grandi riserve di carbonio che, a determinate condizioni, permettono il movimento della CO₂ da una zona all’altra. Grazie a questa azienda, tale ciclo viene a tutti gli effetti velocizzato: la tecnologia messa a punto da questa realtà è stata ideata per accelerare in modo esponenziale la dissoluzione del calcare, riducendo il processo a tempi di scala giornaliera. Questo processo, combinando calcare, CO₂ (assorbita dall’aria o catturata dai flussi di scarico prima che entrino nell’atmosfera) e acqua marina, genera emissioni negative sotto forma di bicarbonato di calcio.

Il funzionamento dello stoccaggio marino

Per comprendere a fondo il sistema che Limenet sfrutta per decarbonizzare l’atmosfera è necessario approfondire il concetto di stoccaggio marino.

Lo stoccaggio marino di CO₂ sotto forma di bicarbonato e ioni carbonati è una soluzione praticabile e molto interessante proprio alla luce del fatto che la CO₂ è stabile in acqua sotto forma di bicarbonato o ioni carbonati (le quantità relative dipendono da fattori come il pH, la temperatura e la pressione). Come ha evidenziato anche una ricerca del Politecnico di Milano, la trasformazione in forma solida pura di carbonato o bicarbonato di calcio (o di altri ioni metallici) non è in realtà l’unico metodo per immagazzinare la CO₂ sotto forma di carbonato o bicarbonato.

L’aggiunta di alcalinità all’acqua di mare è in grado di modificare il pH e la concentrazione degli ioni carbonato, il che può portare alla precipitazione abiotica del carbonato di calcio (CaCO₃) o dell’idrossido di magnesio (Mg(OH)₂). Questo aspetto è cruciale in quanto tale precipitazione può causare il rilascio di CO₂. È di conseguenza necessario determinare quale combinazione specifica di condizioni di nucleazione adeguate e sovrasaturazione di CaCO₃ sia necessaria per provocare precipitazioni significative. La precipitazione abiotica può essere minimizzata controllando la velocità di dissoluzione delle particelle e la diluizione e la dispersione dell’acqua ad alta alcalinità.

Grazie alle recenti ricerche svolte a fianco dell’ateneo meneghino, Limenet è così riuscita ad approfondire la stabilità chimica e la cinetica dei bicarbonati di calcio: l’obiettivo finale dell’azienda è dunque stato quello di garantire e verificare la permanenza della loro conservazione nel tempo.

Le fasi

Vediamo ora, passo dopo passo, in che modo questa realtà è stata in grado di stoccare la CO2.

  • Nella prima fase la materia prima, cioè il carbonato di calcio, viene frantumata e sottoposta a decomposizione termica in un forno elettrico alimentato da energia rinnovabile, producendo calce viva e anidride carbonica. Successivamente, la calce viva viene idratata per ottenere calce spenta.
  • Nella seconda, oltre metà della calce spenta ottenuta viene utilizzata per catturare l’anidride carbonica prodotta durante la calcinazione. Nel reattore di Limenet, CO₂ e idrossido di calcio si mescolano con acqua di mare, formando bicarbonato di calcio. La restante calce spenta viene riservata per la fase successiva.
  • Nella terza, la restante calce spenta viene utilizzata per il processo di alcalinizzazione marina, oggetto del progetto Desarc-Maresanus, o per prelevate CO₂ dall’atmosfera, trasformandola in bicarbonato di calcio. Questa fase è cruciale per generare emissioni negative di CO₂.

La storia dell’azienda

Limenet è un'azienda italiana che si occupa da qualche tempo di stoccaggio di CO2: scopriamo insieme l'interessante sistema che utilizza.
Le ciminiere di una fabbrica

Per Limenet ci sono voluti almeno cinque anni di studi e ricerche prima di riuscire a lanciare ufficialmente il progetto e a rimuovere i primi 150 chili di anidride carbonica con un apposito impianto. La startup è un orgoglio tutto italiano, nato dall’impegno profuso da parte di Giovanni Cappello – CTO e co fondatore dell’azienda nonché uno dei più importanti esperti in Italia in materia di gassificazione -, da Stefano Cappello – CEO, fondatore e ingegnerie con una grande passione per le tematiche ambientali – e infine da Enrico Noseda, Strategic Advisor & Co-founder con un passato in Microsoft e Skype.

Inizialmente il progetto ha preso il via come community di carattere scientifico, diventando ufficialmente un’azienda solo di recente (nel 2023) e rientrando di diritto tra le otto startup della seconda edizione di Faros, vale a dire il primo acceleratore italiano in ambito blue economy della Rete Nazionale di CDP.

Dopo un lavoro durato anni, a partire dalla primavera 2022 l’azienda è finalmente stata in grado di lanciare il suo progetto pilota presso il Centro di Supporto e Sperimentazione Navale (CSSN) della Marina Militare italiana di La Spezia realizzando un impianto con il supporto di Hyrogas.

Condividi l'articolo
Alberto Muraro

Ultime Notizie

Cerca nel sito