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L’Europarlamento dice sì a gas e nucleare come fonti green

Europarlamento
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Il voto dell’Europarlamento conferma la proposta della Commissione Ue di includere gas e nucleare tra le fonti energetiche che possono contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Ma il dibattito è acceso e la partita non è ancora chiusa.

Obiezione respinta, l’Europarlamento non boccia la proposta Von der Leyen. Con il voto del 6 luglio il gas e il nucleare entrano nella tassonomia europea. O meglio, vi entreranno a partire dal 1 gennaio 2023 se nemmeno il Consiglio, a cui ora passa la palla rovente, respingerà l’atto delegato sulla tassonomia presentato all’inizio di quest’anno dalla Commissione europea. La proposta prevede l’inclusione di specifiche attività energetiche dei settori del gas e del nucleare tra le attività economiche eco-sostenibili, quindi finanziabili dall’Unione europea, e da tempo divide gli animi e i partiti, anche al loro interno.

Il voto su gas e nucleare ha spaccato le maggioranze

“La Commissione – si legge nel comunicato dell’Europarlamento – ritiene che gli investimenti privati possano avere un ruolo nelle attività di transizione verde dei settori del gas e del nucleare. Ha proposto pertanto di classificare alcune attività energetiche collegate al gas fossile e all’energia nucleare come attività di transizione che contribuiscono alla mitigazione dei cambiamenti climatici. L’inclusione di alcune di queste attività è limitata nel tempo e dipende da specifiche condizioni e requisiti di trasparenza”. Una posizione che, nonostante i limiti annunciati, molti non condividono, e anzi criticano con forza. Tanto che il 14 giugno scorso le commissioni Economia e Ambiente dello stesso Europarlamento avevano approvato una risoluzione di rigetto della proposta della Commissione, che lasciava pensare, pur con le dovute cautele, che anche il voto dell’aula potesse andare in questo senso. Ma ieri il quadro della situazione si è nuovamente ribaltato. A testimonianza del peso degli interessi in gioco e della complessità degli equilibri. Per porre il veto alla proposta della Commissione sarebbe stata necessaria una maggioranza assoluta di 353 deputati. A votare a favore del veto sono stati però solo 278 deputati, mentre 328 si sono espressi contro e 33 si sono astenuti. Dai tabulati del voto emerge come a votare per il rigetto dell’atto delegato siano stati Verdi, Sinistra e il gruppo dei Socialisti e Democratici. A favore del suo mantenimento sono andati invece i voti del Partito popolare europeo, dei Conservatori e riformisti, del gruppo Identità e democrazia e la maggioranza del gruppo Renew. Poco meno di 30 i dissidenti tra i liberali, i voti in dissenso nel Ppe sono stati 36, quelli nei socialisti 21. Tra gli italiani Pd (compatto nel voto), M5S e Verdi hanno votato per il rigetto, FI, Fdi, Lega e Iv hanno votato contro. Sia la maggioranza a sostegno di Ursula von der Leyen, sia quella a sostegno del governo Draghi sono, dunque, risultate spaccate sul voto.

La partita su gas e nucleare non è ancora terminata

Parlamento e Consiglio europeo hanno tempo fino all’11 luglio per sollevare obiezioni alla proposta; se non lo faranno il regolamento sulla tassonomia – il cui obiettivo dichiarato è quello di promuovere gli investimenti verdi ed evitare il greenwashing, nell’ambito del piano d’azione della Commissione sul finanziamento della crescita sostenibile – entrerà in vigore, classificando atomo e gas tra le fonti energetiche sostenibili. Intanto, i governi di Austria e Lussemburgo hanno già annunciato di voler fare ricorso alla Corte di Giustizia contro l’atto della Commissione. Mentre le associazioni ambientaliste denunciano l’incongruità tra l’obiettivo europeo, che fissa la riduzione delle emissioni di gas serra di almeno il 55% nel 2030 e il raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, e un provvedimento che rischia di sottrarre ingenti risorse alle vere rinnovabili.

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