L’ultimo Dossier del CNR aggiorna, con una messe di dati e analisi di scenario, la vulnerabilità del nostro paese nella morsa sempre più stringente di siccità e crisi idrica.
La siccità è una delle conseguenze più eclatanti dei cambiamenti climatici in corso, come ammonisce da tempo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), Forum scientifico intergovernativo sul cambiamento climatico istituito presso le Nazioni Unite. Nell’agosto 2022 lo stesso “Osservatorio europeo sulla siccità” riportava che il 64% del continente era in allerta e il 17% in allarme. I dati suggerivano che il fenomeno registrato era il peggiore degli ultimi 500 anni e che la temperatura media in Europa nel 2022 era stata la più alta mai registrata per il mese di agosto e per il periodo giugno-agosto.
Per provare a fornire i contorni scientifici più chiari di quella che è una vera emergenza in atto, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ha pubblicato il volume “Siccità, scarsità e crisi idriche”, un lavoro imponente che si snoda lungo 564 pagine fitte di dati, analisi e scenari poco rassicuranti. Un lavoro scritto a più mani dal Dipartimento di scienze del sistema terra e tecnologie per l’ambiente del CNR, con il supporto di altre Istituzioni (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Dipartimento della protezione civile, Struttura commissariale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica), coinvolgendo quasi cento ricercatrici e ricercatori che hanno tentato di dare risposta a principali quesiti, fornendo elementi tecnico-scientifici a supporto di tutti i soggetti che, con diversi ruoli, contribuiscono alla governance dell’acqua.
Le aree più colpite dalla siccità
Nell’Introduzione si legge che “la siccità del 2022, che ha colpito in particolar modo il Nord Italia e in misura minore il Centro Italia, e la crisi idrica che ne è conseguita hanno lasciato nell’immaginario collettivo un ricordo ancora vivo per l’eccezionalità del fenomeno rispetto ai dati storici e per la portata dei danni economici prodotti”. In particolare, nelle aree nord-occidentali del paese si sono registrati deficit di precipitazione già a partire dalla fine del 2021, che sono perdurati fino all’inizio del 2023. In Piemonte, una delle aree più colpite, nel corso del 2022 si è registrata, a scala regionale, un’anomalia negativa di precipitazione del 41%, rispetto al dato di riferimento del trentennio climatologico 1991-2020.
Ad ogni modo, l’Italia, come Spagna, Grecia e Portogallo, è tra i paesi in Europa più esposti al rischio di siccità in termini di popolazione esposta a stress idrico, principalmente a causa delle caratteristiche del clima e all’elevatissimo livello di consumi idrici legati alle pratiche irrigue e agli usi civili in genere. “Gli eventi di siccità verificatisi in Italia negli ultimi decenni, con una frequenza caratteristica di alcuni anni, hanno evidenziato numerose criticità in tutta la filiera nella gestione delle risorse idriche in condizioni di emergenza, con gravi danni, oltre che all’economia, alla qualità ambientale dei corpi idrici superficiali e sotterranei, i quali vengono spesso sfruttati anche in deroga ai requisiti di qualità e quantità previsti dalla norma”.
L’Italia è tra le nazioni maggiormente esposte al rischio di siccità
Il territorio italiano, infatti, per le sue caratteristiche climatiche, rientra tra le aree del globo maggiormente esposte al rischio di siccità, un vero e proprio hot spot climatico. Le analisi condotte dall’ISPRA nel contesto delle valutazioni del bilancio idrologico mostrano che, dagli anni ‘80 del secolo scorso, l’Italia è stata interessata, con crescente frequenza, da episodi di siccità estrema, con un trend crescente, statisticamente significativo, delle percentuali del territorio italiano soggetto a tale condizione su scala annuale.
Il Commissario Straordinario
La necessità di rispondere al protrarsi della situazione di scarsità idrica, unitamente all’urgenza di assicurare il coordinamento delle attività finalizzate alla mitigazione dei danni connessi al fenomeno, ha portato nel mese di aprile del 2023 all’adozione del cosiddetto Decreto Legge Siccità, che ha previsto la nomina di un Commissario Straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica.
Nel contributo al volume a cura di Gerardo Sansone della Strutta Commissariale, non manca, infatti, una critica alla governance nazionale, la cui legislazione si caratterizza da troppa complessità e mancanza di chiarezza, a causa di una mole di leggi, regolamenti e direttive, che frenano l’efficienza nella gestione della risorsa idrica, sia a monte che a valle del suo utilizzo. Si contano, ancora oggi, più di 1.200 enti gestori, di cui ben 800 esercitano il servizio idrico senza le necessarie autorizzazioni; si tratta, soprattutto, di Comuni che forniscono direttamente il servizio in assenza dei requisiti di legge.
Il contributo di Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale)
Il contributo di Stefano Mariani di Ispra enfatizza, invece, come il perdurare della siccità nel corso del 2022 abbia prodotto diversi impatti sulle matrici ambientali e sui comparti economici, insieme a condizioni di stress nella crescita delle colture. Nei corsi d’acqua soggetti al marcato minor afflusso meteorico, “dovuto a quantitativi di pioggia e neve molto al di sotto delle medie di riferimento, sono state osservate portate inferiori ai valori tipici del periodo e in alcune sezioni, come quelle del fiume Po, sono state registrate portate inferiori ai valori caratteristici di magra. Nelle zone del delta del fiume Po, ciò ha comportato problematiche relative all’uso della risorsa idrica per fini agricoli e idropotabili a causa della risalita del cuneo salino”.
A incidere in modo particolare sulla scarsità dell’acqua, il settore agricolo, che rimane quello che preleva più acqua, più del 50% del totale (Istat, 2019).
Un’emergenza condivisa dal resto dei paesi UE
Allargando la prospettiva, studi a scala europea esibiti nello studio mostrano negli ultimi anni un aumento degli eventi di siccità e un loro peggioramento in termini di gravità e durata, anche per il Nord Europa e non solo per il Mediterraneo. “Valutazioni economiche sul periodo 1981-2010 stimano le perdite annue dovute alla siccità in circa 9 miliardi di euro per l’UE e il Regno Unito”, escludendo però nel conteggio le conseguenze della siccità sugli ecosistemi e sui servizi ecosistemici, che sono, in genere, difficili da monetizzare.
“Queste perdite riguardano in particolar modo la Spagna (1.5 miliardi di €/anno), l’Italia (1.4 miliardi di €/anno) e la Francia (1.2 miliardi di €/anno). Nell’ipotesi di un riscaldamento globale di 3 °C nel 2100 (senza un approccio di mitigazione volto alla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra), le perdite economiche dovute alla siccità potrebbero essere anche cinque volte superiori e riguarderebbe maggiormente le regioni del Mediterraneo e quelle atlantiche dell’Europa”.
Dato l’impatto crescente di tali eventi siccitosi a una scala pan-europea, la Commissione europea ha intrapreso una forte azione conoscitiva e di policy attraverso l’istituzione di uno specifico gruppo di lavoro, il “Task Group on Water Scarcity and Droughts” all’interno della programmazione 2022-2024 della Common Implementation Strategy per l’attuazione delle direttive in tema di tutela della risorsa idrica. Obiettivo della Commissione è arrivare a una migliore comprensione degli impatti e dei rischi di siccità e scarsità idrica in Europa e a una maggiore consapevolezza riguardo l’aumento del rischio di siccità dovuto al cambiamento climatico.
Verso una nuova governance per superare l’emergenza
Indicando quale strada intraprendere per garantire maggiore efficienza nella gestione dell’acqua, il Commissario Straordinario Nicola Dall’Acqua, nella sua premessa al volume sottolinea che “Per vincere la sfida della scarsità idrica è poi fondamentale procedere alla predisposizione di bilanci idrici aggiornati per distretto e sub-distretto attraverso un coordinamento interistituzionale che possa garantire, tra le altre, una più efficace e concreta interoperabilità delle numerose banche dati esistenti”.
Serve un lavoro di squadra, insomma, e un approccio differenziato e coordinato ai vari livelli territoriali, nel tentativo di affrontare al meglio situazioni sempre più complesse, in contesti diversi e sempre più imprevedibili a causa, soprattutto, dell’emergenza climatica in atto.