Quest’estate rovente ha mostrato un ulteriore rischio legato alla crisi climatica. Dalla Francia all’Italia, alla California anche l’equilibrio delle reti elettriche è minacciato dal global warming.
Non è solo una questione di afa, di caldo insopportabile e di città invivibili: le ondate di calore che quest’anno abbiamo affrontato – noi come il resto d’Europa e del mondo – non sono solo un tema dai risvolti sanitari: sono anche una grande questione energetica. Ecco un’altra delle conseguenze della crisi climatica da mettere sotto i riflettori, anche quelli della campagna elettorale. E la scienza ci dice che questi fenomeni, eccezionali in passato, saranno in futuro la normalità. La siccità ha messo in crisi la produzione di energia elettrica In Italia la potenza idroelettrica, pari al 41% dell’energia rinnovabile nazionale, si è ridotta a causa della siccità. Gli invasi idroelettrici piemontesi, ad esempio, durante l’estate hanno toccato livelli bassissimi, con una riduzione di oltre il 40% rispetto alla media degli anni precedenti. Molti grandi bacini hanno dovuto cedere acqua per permettere che venisse impiegata dall’agricoltura. E con le portate dei fiumi drammaticamente al di sotto degli standard, molti piccoli impianti si sono fermati. “La produzione idroelettrica sarà al minimo degli ultimi 60 anni” ha spiegato a luglio in audizione alla Commissione Industria del Senato Francesco Del Pizzo, direttore Strategie di sviluppo rete e dispacciamento di Terna. Ma la siccità è un problema anche per le centrali termoelettriche, che hanno bisogno di acqua per il raffreddamento degli impianti. Idem per le centrali nucleari, e proprio per questo motivo la Francia è stata costretta a chiudere alcuni reattori, che fornivano il 5% circa dell’energia nucleare francese.
La California a rischio blackout per il caldo estremo
In agosto e inizio settembre la California è stata vittima di ondate di caldo estremo, che hanno provato la popolazione e spinto la rete elettrica ad un soffio dal blackout, rischiando di ripetere la drammatica esperienza del 2020. Il problema non sono stati tanto i picchi (come i 45 gradi raggiunti a Burbank, i 47 a Sacramento o la Death Valley che ha superato i 50 gradi quattro volte nell’ultima settimana) ma l’estensione geografica delle aree interessate, da quelle interne a quelle costiere. E la durata del fenomeno. “Questa non è una normale ondata di caldo” ha commentato il meteorologo Trevor Boucher del National Weather Service di Las Vegas. “Prevediamo che questo caldo estremo avrà una durata come non abbiamo ancora sperimentato” ha affermato il governatore democratico Gavin Newsom, che ha per questo dichiarato lo stato di emergenza. Durata e intensità fanno temere il peggio, soprattutto a causa dell’aumento del numero dei condizionatori accesi, delle lunghe ore di utilizzo e della ridotta produzione idroelettrica: sia quella nazionale che quella degli Stati vicini, dai quali la California importa energia. I cittadini sono stati invitati a ridurre i consumi nelle ore pomeridiane e serali, quando la rete è sollecitata da una domanda più elevata e c’è minore disponibilità di energia dai pannelli solari. E i repubblicani se la prendono con le rinnovabili e la ricarica delle auto elettriche. Mark Dyson, managing director del Carbon-Free Electricity Program della Ong statunitense RMI, ricordando la tempesta che l’anno scorso ha danneggiato le infrastrutture del gas in Texas e lasciato milioni di cittadini senza elettricità, sostiene invece che alcuni dei più grandi blackout nella storia recente sono stati frutto di guasti alle infrastrutture dei combustibili fossili.
Reti elettriche progettate senza prevedere che i fenomeni meteo sarebbero diventati estremi
Oltre allo squilibrio tra produzione e consumo – nei giorni scorsi sono stati raggiunti i 52 Gigawatt, nuovo record per la rete elettrica californiana – sono anche altri gli impatti del clima sul sistema di distribuzione. “Il calore ha un impatto fisico sull’infrastruttura della rete, rendendo i cavi meno efficienti nel trasportare l’elettricità e spingendo i trasformatori e le centrali termiche ai loro limiti di temperatura” spiega a Vox.com Eric Fournier, ricercatore dell’Institute of the Environment and Sustainability dell’Università della California di Los Angeles. “E con l’aumento della temperatura i condizionatori devono lavorare di più per raffreddare l’aria, il che significa che assorbono più energia, sforzando ancora di più la rete”. “Abbiamo progettato la rete e scritto i requisiti di affidabilità per il XX secolo, senza considerare che il tempo sarebbe diventato molto più estremo, sia freddo che caldo” ha concluso Dyson.