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La bioeconomia delle foreste italiane: un patrimonio a rischio

La bioeconomia delle foreste italiane
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Nonostante il nostro sia un paese ricco di foreste, continuiamo a importare l’80% del legname necessario, penalizzando soprattutto il Made in Italy. Un patrimonio di biodiversità comunque a rischio, tra deforestazioni e incendi, specie aliene e cambiamenti climatici

L’ennesimo paradosso sulla strada delle decarbonizzazione della nostra economia emerge dall’ultimo report di Legambiente intitolato “Bioeconomia delle foreste. Conservare, rigenerare, ricostruire”: nonostante il nostro sia un paese naturalmente “forestale”, ricoperto per il 36,7% da boschi (ovvero 11.054.458 ettari, secondo i dati dell’Inventario forestale nazionale), riusciamo a importare l’80% delle materie prime legnose dall’estero. A farne le spese, principalmente la filiera del legno made in Italy, la lotta alla deforestazione globale e il contrasto al traffico illegale del legno, ovvero proveniente da circuiti non certificati e non tracciati.

Una dipendenza estera, spiega Legambiente, che andrebbe affrontata rinvigorendo le nostre filiere forestali nazionali, puntando sulla gestione sostenibile e sulla certificazione, tanto quella “di gestione sostenibile delle foreste” – che assicura che le foreste siano gestite in linea con stringenti requisiti ambientali, sociali ed economici – che quella di “catena di custodia” che tiene traccia dei prodotti di origine forestale, a partire dalle foreste gestite in maniera sostenibile al prodotto finale, dimostrando che ogni fase della catena di approvvigionamento è attentamente monitorata attraverso audit indipendenti per garantire che siano escluse le fonti non sostenibili.

L’Italia, paese forestale

Il report dà comunque una panoramica generale sullo stato di salute delle foreste, che riguarda una superficie particolarmente estesa, che colloca il nostro paese al secondo posto in Europa in termini di copertura forestale dopo solo la Spagna – 55,4% – e davanti a Germania – 32,8% – Francia – 32,1% – e Gran Bretagna – 13,1% (media UE 33%). Si pensi che in alcune regioni, come Liguria e Trentino, le foreste occupano addirittura circa il 50% o più della superficie regionale. 

Peraltro registrando una crescita annuale media di superficie forestale pari a circa 52.856 ettari all’anno (circa 64.067 campi da calcio), ed è quanto emerge dai dati in possesso della Rete Rurale Nazionale RRN 2014-2020 (2020). E tutto ciò nonostante gli incendi boschivi, che colpiscono soprattutto il Sud, in modo particolare la Sicilia, che con estrema tenacia provino, ogni estate, a invertire il trend.

Nell’arco di poco più di mezzo secolo, infatti, l’ampiezza delle foreste italiane è praticamente raddoppiata, “per via dell’abbandono di gran parte delle terre agricole nelle aree più svantaggiate, ma anche per merito della gestione conservativa del patrimonio forestale in applicazione di una legislazione vincolistica attenta alle esigenze tecnico-ecologiche delle risorse forestali e del territorio montano”. L’espansione delle foreste, “sia per silvogenesi spontanea sui terreni abbandonati sia -in parte minore- per azione di recupero ambientale con i rimboschimenti, ha portato ad un ampliamento della diversità strutturale e specifica delle nostre foreste”.

Le principali minacce per le foreste

Nonostante questo straordinario patrimonio, si legge ancora nel report, “ad oggi appena il 18% delle foreste ha un piano di gestione forestale vigente (che assicura il rispetto di stringenti requisiti ambientali, sociali ed economici) e solo il 10% di queste è certificata; senza contare la mancata pianificazione e vigilanza forestale delle istituzioni preposte”. Le principali minacce sono date dalla deforestazione e frammentazione degli habitat, dai già citati incendi boschivi e illegalità forestali, dalla presenza incisiva di specie invasive e, non per ultimo, a causa dei cambiamenti climatici, laddove l’aumento delle temperature, la variazione dei regimi di precipitazione e gli eventi meteorologici estremi stanno modificando le condizioni ambientali delle foreste, mettendo a rischio gli stessi ecosistemi forestali.

Un patrimonio naturale da valorizzare

Il report ricorda anche che la biodiversità forestale italiana rappresenta un patrimonio inestimabile per molteplici ragioni:

  • Servizi ecosistemici: le foreste svolgono un ruolo fondamentale nel regolare il ciclo dell’acqua, mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici, proteggere il suolo dall’erosione e fornire habitat per innumerevoli specie.
  • Valore economico: le foreste rappresentano una risorsa economica importante, grazie alla produzione di legname, alla raccolta di prodotti non legnosi e allo sviluppo del turismo naturalistico.
  • Valore culturale: le foreste sono da sempre legate alla storia e alla cultura del nostro Paese, rappresentando un elemento fondamentale del nostro paesaggio e del nostro patrimonio identitario.

Di fronte a questo quadro, argomentano i curatori del dossier, “il Governo italiano continua ad andare in una direzione sbagliata, come dimostra con la mancata attuazione e il rinvio del Regolamento UE 2023/1115 (EUDR), volto a frenare l’importazione di prodotti legati alla deforestazione”. Strumento invece nevralgico per l’Italia, come impegno contro la deforestazione globale e per frenare il degrado della biodiversità forestale entro il 2030, considerando che, secondo l’aggiornamento della Lista Rossa IUCN, pubblicato negli scorsi giorni in occasione della COP16 a Cali,  più di una specie di alberi su tre rischia l’estinzione; ma anche per salvaguardare la reputazione del settore manifatturiero della filiera del legno arredo Made in Italy e arrestare il prelievo indiscriminato e illegale di alberi dal legno pregiato che, secondo l’Interpol, rappresenta la seconda fonte di reddito per la criminalità organizzata mondiale dopo il traffico di stupefacenti.    

Sette proposte per il Governo

Il Report si chiude, non a caso, lanciando sette proposte al Governo Meloni su cui è urgente un intervento deciso e puntuale:

  1. Valorizzare e puntare sul Made in Italy forestale e le filiere locali, riducendo l’importazione di materie prime legnose di almeno il 10% entro il 2030, promuovendo i “Cluster Foresta Legno” regionali;
  2. Contrastare il commercio illegale e farsi promotore della lotta alla deforestazione globale applicando la EUDR entro i tempi richiesti e previsti dal regolamento per incrementare produzioni di qualità;
  3. Rafforzare la tutela della biodiversità per frenare gli effetti della crisi climatica sulle foreste, quindi applicare speditamente la Nature Restoration Law presentando subito i piani di azione nazionali; 
  4. Aumentare la protezione delle foreste e creare santuari per la biodiversità forestale, proteggendo in maniera integrale almeno il 10% delle foreste nazionali e ridurre le minacce naturali sugli ecosistemi forestali derivanti dalla desertificazione, incendi e malattie indotte dai cambiamenti climatici;
  5. Attuare tutti i livelli di pianificazione previsti dalle norme e sostenere la certificazione forestale per garantire la gestione sostenibile;
  6. Potenziare il verde urbano per rigenerare le città e combattere la crisi climatica anche attuando i Criteri ambientali minimi (CAM) negli appalti per il verde pubblico e la certificazione delle foreste urbane;
  7. Migliorare ricerca, conoscenza e monitoraggio degli ecosistemi forestali anche alla luce dei cambiamenti climatici che impattano sulle foreste e sui suoli forestali.

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