Il Kö-bogen II di Düsseldorf, in Germania, ha radicalmente trasformato il centro cittadino del nucleo urbano tedesco. Lo studio Ingenhoven Architects ha regalato ai 620mila abitanti della città, e ai numerosi affaristi che visitano annualmente questo snodo econonomico, un edificio tanto imponente quanto iconico: è infatti rivestito da oltre 8 km di siepi. Approfondiamo, in questo articolo, quanto siano importanti le soluzioni implementate per l’architettura sostenibile.
La facciata verde più grande d’Europa
La capitale della Renania Settentrionale-Vestfalia mette in bella mostra l’edificio che ha vinto il premio architettonico per la facciata verde più grande d’Europa. Si tratta del Kö-Bogen II, un prezioso progetto di bioedilizia commissionato dalla municipalità nel 2014, attraverso una competizione internazionale di design urbano. L’obiettivo era quello di riqualificare la zona restata vuota dove, anni fa, sorgeva la grande sopraelevata che tagliava il centro cittadino. Dopo 4 anni di lavoro (il cantiere fu aperto a marzo 2016), da maggio 2020 Düsseldorf gode di un vero e proprio gioiello di greenbuilding.
L’opera è un enorme complesso che ospita spazi commerciali, ristoranti e uffici. A caratterizzarla è proprio la sua seconda pelle vegetale, per così dire. Le pareti esterne e il tetto ospitano oltre 30.000 piante. In aggiunta, gli 8 km di siepi di carpino bianco che avvolgono la struttura regalano a Kö-Bogen II una facciata verde amplissima, la più grande d’Europa appunto. Il design generale del progetto si ispira al movimento della land art. Il complesso è costituito da un grande edificio principale e uno più piccolo, adiacente, anch’esso coperto di vegetazione ed inclinato verso il suolo, per consentire ai passanti di accedere facilmente al tetto.
Da quanto si può leggere sul sito web di Ingenhoven:
“Kõ-Bogen II rappresenta un cambio di paradigma: dal punto di vista urbano, segna l’abbandono dell’era automobilistica e una svolta verso una pianificazione orientata alle persone. E con la più grande facciata verde d’Europa, offre una risposta urbana ai cambiamenti climatici.”
Le botaniche di Kö-Bogen II
Le piante sono state inizialmente coltivate in un vivaio, in modo da poter essere consegnate con le radici completamente sviluppate. Ovviamente, è stata selezionata una varietà in grado di resistere a diverse condizioni climatiche e meteorologiche. Il carpino e le altre essenze inserite sono state scelte con un percorso di ricerca accurato, portato avanti con esperti di botanica e di scienze delle costruzioni. Criteri estetici e funzionali hanno guidato tutte le fase del processo decisionale.
“Il carpino è stato scelto come legno nativo. Le varietà selezionate hanno la caratteristica di mantenere le foglie in inverno. In primavera le siepi luccicano con il loro fogliame fresco e verde chiaro, che diventa più intenso e scuro in estate, poi marrone e dorato in autunno. Questa vegetazione migliora il microclima della città, protegge dai raggi del sole nella bella stagione e riduce sensibilmente il calore urbano. La facciata cattura l’anidride carbonica, immagazzina umidità, assorbe l’inquinamento acustico e sostiene la biodiversità. Il vantaggio ecologico delle siepi di carpino equivale a quello di circa 80 alberi completamente sviluppati.”
Al di là della bellezza, dunque, vi sono ragioni ben precise sottostanti alla scelta. Va da sè che Kö-Bogen II necessita di una significativa e continua manutenzione. Le siepi, per esempio, vanno potate almeno tre volte l’anno. Tutto, comunque, è stato studiato per consentire il massimo dell’automatismo. L’acqua piovana si raccoglie sul tetto e si destina all’irrigazione, mentre un particolare sistema di approvvigionamento idrico, dotato di appositi sensori, assicura che la vegetazione sia correttamente irrigata anche durante i periodi meno piovosi.
Kö-Bogen II e il futuro dell’architettura
La bioedilizia di Kö-Bogen II è un valido esempio di come l’architettura si stia sforzando di inserire il verde tra i materiali da costruzione. Qualche settimana fa abbiamo già messo in evidenza questa nuova frontiera, raccontando il possibile impiego del calcestruzzo con muschi. Così come abbiamo descritto la peculiare idea che ha consentito la realizzazione della cattedrale vegetale di Bergamo, interamente realizzata con materiale organico locale. In un’epoca di transizione da una società inquinante a una che ci auguriamo impatti meno, sebbene si riscontrino non poche difficoltà, un settore come quello dell’edilizia, non così amico dell’ambiente, sta mettendo in mostra alcune possibili soluzioni.
I vantaggi dell’impiego del verde in città sono numerosi. Il primo è certamente estetico: una facciata rigogliosa piace di più di una parete in calcestruzzo ritinteggiato. In secondo luogo, è un modo di riportare, in qualche maniera, la natura in città, ripristinando, per quanto possibile, l’originale biodiversità della zona su cui insiste il centro urbano. I conglomerati urbani sono trappole per gli animali, che spaventiamo con il rumore, le luci artificiali, e avveleniamo con l’inquinamento. Asfalto e cemento, invece, arginano ogni possibile espansione della vegetazione, estromettendo la natura dai quartieri residenziali.
C’è poi da sottolineare che una macchia urbana può abbassare, anche in maniera considerevole, il calore prodotto e rifratto dall’inurbazione, proponendosi come valido alleato nella lotta alle isole calde cittadine, caratterizzate da una temperatura sensibilmente più elevata di quella delle aree non edificate circostanti. Il paradigma dell’architettura nemica della natura deve terminare e soluzioni come quelle proposte a Kö-Bogen II, o negli altri luoghi citati nel testo, possono contribuire a modificare la nostra concezione di un’edilizia avversa alla tutela dei biomi.