Le foreste di poseidonia sono aree di pascolo, riparo e riproduzione per molte specie. Sono indicatori del buono stato di salute delle acque e svolgono un’azione di contrasto all’erosione costiera. Un progetto internazionale si occupa del loro ripopolamento.
Il rimboschimento di praterie di posidonia oceanica e la realizzazione di barriere protettive ecocompatibili per consentirne la proliferazione. È questo l’obiettivo del progetto “Metodologie innovative e azioni di rafforzamento per proteggere l’ambiente mediterraneo”, nato nell’ambito del più ampio programma Italia-Tunisia, che vede Arpa Sicilia come capofila, con partner tecnici l’Institut Supérieur de Biotechnologie de Sidi Thabet, l’Università di Catania, la Faculté des Sciences di Tunisi, la Ecole Supérieure des Ingénieurs de Medjez El Bab, la Mediterraneo Consulting e il FLAG Golfi di Castellammare e Carini.
Hotspot di biodiversità e indicatore dello stato di salute delle acque
La posidonia è una pianta marina endemica del Mar Mediterraneo, presente lungo molte aree costiere italiane, e può formare vere e proprie praterie su fondali sabbiosi e in acque limpide, fino a 40 metri di profondità. A seguito di mareggiate, può capitare che la corrente trascini lungo le spiagge accumuli di posidonia morta, anche di notevole portata, che secondo Arpa va smaltita in discarica come rifiuto speciale e non lasciata a decomporsi sulla battigia. L’importanza di questa pianta è nota da tempo, soprattutto perché capace di costruire un complesso ecosistema in termini di ricchezza e di interazioni biotiche (costituisce un’area di pascolo, di riparo e riproduzione per molte specie) e per l’azione di difesa naturale delle coste dall’erosione. Secondo gli scienziati di Ispra, la presenza di posidonia è un buon indicatore della qualità delle acque marino–costiere, data la sua sensibilità alle alterazioni delle condizioni ambientali. È una specie protetta ai sensi della Direttiva Habitat 92/43 CEE.
Iniziativa strategica per l’intero bacino mediterraneo
“Il progetto – spiega il direttore Arpa divisione Mare Vincenzo Ruvolo – mira al rinforzo e al recupero dell’ambiente mediterraneo, attraverso il trasferimento a Paesi con habitat marino uguale al nostro di attività già realizzate in ambito europeo”. Con l’aiuto dei partner tunisini, verranno individuate una o due aree particolarmente colpite dal depauperamento su cui procedere con il reimpianto di posidonia, a valle di una serie di studi preliminari e alla realizzazione di opere di protezione che consentano il mantenimento dell’impianto nel tempo, anche in condizioni avverse. Saranno impiegato materiali di riciclo, utili sia a proteggere la vegetazione che per aumentare la presenza di fauna marina. Secondo il coordinatore del progetto Paolo Ferlisi di Mediterraneo consulting, l’iniziativa è di alto profilo scientifico, “strategica non solo per la Sicilia ma per l’intero bacino del Mediterraneo, attivando azioni e processi che andranno ben oltre le normali finalità della partnership tra i due Paesi”. Gli interventi sono progettati per durare nel tempo, oltre la deadline del progetto, e auspicabilmente per essere adottati in altre aree tra Italia e Tunisia. Non a caso, il progetto nasce e si sviluppa nell’ambito della politica di vicinato dell’Unione Europea con i paesi del Maghreb e si pone come progetto ponte rispetto alla nuova programmazione, in cui la protezione ambientale rappresenta uno dei cardini strategici.
Presidio contro le specie aliene
Uno studio di Arpa Sicilia sulla diffusione di specie aliene nel Mediterraneo centrale, monitorava la presenza nelle acque della Sicilia meridionale e di Lampedusa di caulerpa, un’alga infestante che prolifera dove l’equilibro naturale risulta alterato, anche a causa dell’assenza di posidonia. Arpa concludeva che “le osservazioni effettuate nel corso delle attività evidenziano che nel Canale di Sicilia, laddove sono presenti comunità e biocenosi ben strutturate, la caulerpa non riesce a proliferare”. Motivo in più per sostenere i progetti di ripopolamento di poseidonia.