Chiudi
Cerca nel sito:

In arrivo la Nuova Carta Idrogeologica d’Italia

Condividi l'articolo

È in arrivo la nuova Carta idrogeologica d’Italia, frutto di una ricerca congiunta Ispra e Università degli Studi di Milano, che ha l’obiettivo di ottimizzare la valutazione degli scenari futuri di disponibilità della risorsa idrica sotterranea.

Quante sorgenti ci sono Italia? E come sono distribuite le acque sotterranee e le formazioni rocciose che le contengono sul nostro territorio? Per rispondere a queste e altre domande, Ispra e Università degli Studi di Milano stanno lavorando da quasi un anno alla redazione di una Carta idrogeologica d’Italia alla scala 1:500.000. Un lavoro partecipato, portato avanti con le Agenzie regionali per la protezione ambientale (Arpa) e le Regioni, che ha l’obiettivo importante di omogenizzare le conoscenze e i dati disponibili.

La prima bozza di questa carta a grande scala è stata presentata a Remtech il 18 settembre scorso, in occasione di un incontro dedicato proprio al confronto con il territorio, coordinato da Fabio Pascarella, responsabile del servizio per la geologia applicata, la pianificazione di bacino e la gestione del rischio idrogeologico, l’idrogeologia e l’idrodinamica delle acque sotterranee di Ispra. La condivisione dei dati idrogeologici è un tema cruciale nell’ambito della gestione sostenibile delle risorse naturali e della mitigazione dei rischi ambientali.

Dott. Pascarella, questa nuova Carta Idrogeologica d’Italia esiste o non ancora?

“Ne esiste una bozza. La Carta nasce da una convenzione che Ispra ha sottoscritto con il Politecnico di Milano, con il professor Giovanni Beretta del dipartimento di Scienze della Terra Ardito Desio e i suoi collaboratori, che avevano già collezionato una serie di informazioni e disponevano di una sintesi delle conoscenze idrogeologiche del territorio. Abbiamo coinvolto le Agenzie regionali di protezione dell’ambiente, con le quali abbiamo una rete che si occupa di idrogeologia, e parallelamente il Tavolo tecnico di idrogeologia che si rivolge ai rappresentanti delle Regioni. Insieme a loro abbiamo sviluppato questa prima bozza; per avviare un confronto più ampio abbiamo organizzato questo evento a Remtech invitando le autorità di bacino distrettuali”.

La bozza può essere già consultata?

“È aperta. In questo primo incontro abbiamo raccontato com’è stata costruita, su quali basi e con quali criteri, e sono stati fatti interventi specifici relativi al territorio di ogni autorità distrettuale (da quella del Po, a quelle del bacino dell’Appennino centrale e dell’Appennino settentrionale, per esempio) e al termine di ogni presentazione è stato lasciato spazio alle osservazioni per fare una prima verifica. Inoltre, c’è un sito web, dove, registrandosi, i cittadini interessati possono formulare osservazioni critiche puntuali. È un procedimento molto aperto che speriamo garantisca la massima condivisione di questo documento”.

Su questa nuova Carta Idrogeologica cosa vediamo?

“Sulla mappa, ci sono i complessi idrogeologici. Sostanzialmente è una carta colorata. A ogni complesso idrogeologico è associato un colore: la parte marrone indica i calcari, la parte grigia i graniti e quindi rocce poco permeabili o permeabili per fratturazione, la parte delle alluvioni , come la pianura del Po, e così via. I colori si associano alle varie tipologie di terreni, che dipendono dall’idrologia ma anche dalla permeabilità. Essendo una carta che riguarda la presenza degli acquiferi sotterranei ovviamente la permeabilità dei terreni è molto importante. Più i terreni sono permeabili, più possono contenere acquiferi”.

In estrema sintesi, emerge dove c’è acqua o meno..

“Sintetizzando molto sì. Sostanzialmente rappresenta le strutture nelle quali è possibile o meno trovare gli acquiferi e anche capire quanto sono spessi, quindi quanta acqua possono contenere. Si parla tanto di crisi idrica, però le conoscenze sulla parte idrogeologica sono molto frammentarie e disomogenee. Ogni autorità di bacino, ogni consorzio acquedottistico lavora un po’ per conto suo.  Questo è un tentativo di fornire, da un lato, una conoscenza comune secondo criteri condivisi, ma anche d’innescare un circolo virtuoso, per cui coinvolgendo i diversi enti, essi tendono ad approfondire le conoscenze in loro possesso. Faccio un esempio, noi non abbiamo un database completo delle sorgenti che ci sono in Italia. Abbiamo delle informazioni Istat che riguardano solo le sorgenti utilizzate per scopi idropotabili, ma ce ne sfuggono ovviamente altre. Quindi nel caso particolare abbiamo chiesto a tutte le Regioni e le Agenzie di fornirci i dati delle sorgenti, in modo da poterle inserire nella carta che stiamo producendo. Anche perché, se pensiamo che l’85% delle acque a uso idropotabile in Italia deriva da pozzi o sorgenti, è evidente che la conoscenza di questi pozzi e sorgenti va approfondita. Le sorgenti saranno migliaia, vorremmo inserire quelle che riteniamo più significative ai fini della carta idrogeologica, anche ai fini dello sfruttamento delle risorse idropotabili”.

C’è anche un obiettivo di prevenzione del rischio idrogeologico?

“Si va per passi successivi. La scala a 500.000 è dettagliabile ma fino a un certo punto, perché poi il dettaglio si perde e le informazioni che si ricavano possono essere fuorvianti. Questa carta ci serve ad aggiornare una carta ufficiale del 1982; sono trascorsi quarant’anni, le conoscenze sono andate avanti. Serve a fornire, secondo criteri omogenei e condivisi, un quadro dei complessi idrogeologici, cioè delle strutture che contengono l’acqua in Italia. Poi, per fare delle ricerche più approfondite, occorre scendere di scala, arrivare alle scale territoriali, dei Comuni e delle Autorità di bacino. Il nostro fine principale è quello di organizzare un modello generale dell’Italia, in relazione ai complessi idrogeologici, in modo che poi tutte le informazioni possano essere calate in questo modello”.

Una scala funzionale a una visione d’insieme. Poi ne saranno fatte altre, di scala inferiore?

“Sì. La redazione di queste carte a scala più dettagliata ovviamente sarà demandata agli enti competenti, dalle Autorità di bacino distrettuale, alle Regioni e ai Consorzi. Questa a 500.000 è più una carta di contesto: si tratta di posizionare le informazioni particolari in un ambito più generale per capire se sono congruenti. Per esempio, qualcuno potrebbe dire di avere una sorgente particolarmente importante, mentre salendo di scala l’informazione potrebbe risultare non congruente rispetto al complesso idrogeologico che comprende questa falda”.

Questa carta è un aggiornamento o rappresenta una novità?

“L’ultima carta di questo tipo era del 1982. Quindi si può dire che è una novità. Vorremmo fare un primo punto della situazione a fine anno, per avere i riscontri sulla bozza presentata. Poi annualmente cercheremo di aggiornare la carta, che sarà a disposizione di tutti, con le informazioni che emergono. Anche perché, per adesso, ha solo due dimensioni: la lunghezza e la larghezza. Ma la caratteristica importante dei complessi idrogeologici è la profondità, che ci dà lo spessore degli acquiferi e ci dice quindi quanta acqua c’è all’interno di un complesso idrogeologico. Per costruire questa terza dimensione ci sarà bisogno di maggiori informazioni che raccoglieremo a mano a mano. In teoria, ci dovrebbe essere poi pure la quarta, quella del tempo. Potremmo verificare di quinquennio in quinquennio, per esempio, come sono cambiate le disponibilità idriche all’interno dei complessi idrogeologici.

Rispetto alla carta del 1982 c’è più acqua o meno?

“Non si può dire perchè la carta è bidimensionale. La quantità di acqua dipende dalla profondità dell’acquifero, dalla portata delle sorgenti. Ci sono degli studi di dettaglio sulle portate delle sorgenti; è un discorso che si può fare ma non per una scala a 500.000”.

Però potete vedere se una sorgente c’era e non c’è più?

“Sì. Una volta che abbiamo il database delle sorgenti e decidiamo, per esempio, di prendere in considerazione solo le sorgenti che hanno una portata maggiore di 100 litri al secondo, allora possiamo verificare. Però la base di partenza è questa nuova carta, perché senza quadro generale, qualsiasi considerazione potrebbe essere soggetta a errore”.

In Italia c’è tanta o poca acqua?

“Siamo ricchi di acque sotterranee, proprio per la nostra geologia. L’Istat nel suo ultimo rapporto sulle acque dice che l’85% delle acque potabili, cioè delle acque che noi utilizziamo nelle nostre case, viene dai pozzi e dalle sorgenti. Non viene dai fiumi e dai laghi. Così come siamo ricchi di acque minerali e termali“.

Quali sono le principali difficoltà riscontrate nel lavorare a questa carta?

“Il fatto che le informazioni siano molto disomogenee e non ci sia quindi coerenza tra di loro. Ognuno fa la carta del proprio territorio senza cercare di uniformarla ai territori che sono intorno. Abbiamo avuto anche una grossa difficoltà nel rintracciare database sulle sorgenti. Non abbiamo un elenco delle sorgenti in Italia redatto secondo criteri uniformi. E non abbiamo neanche un monitoraggio delle sorgenti omogeneo, non sappiamo se una sorgente ha diminuito o aumentato la sua portata, come chiedeva lei. Abbiamo tanti studi diversi, fatti su territori diversi, con criteri diversi. La difficoltà maggiore è quella di disporre dei dati. Anche la condivisione non è facile.

L’istanza di questo lavoro da chi nasce?

“È stata un’esigenza di Ispra e, contemporaneamente, abbiamo trovato la partnership con il Politecnico di Milano. Si parla tanto di crisi idrica, abbiamo molte informazioni sulle precipitazioni, però non abbiamo dati sulle sorgenti ed è un problema. Tutti gli interventi legati alla siccità necessitano, a nostro avviso, di un quadro conoscitivo omogeneo e ampio. Questo è il fine ultimo”.

Ultime Notizie

Cerca nel sito