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Impronta idrica degli alimenti: cos’è, come misurarla e come ridurla

Impronta idrica: un annaffiatoio irriga alcune piante
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L’acqua lascia la sua impronta nel cibo. Per impronta idrica intendiamo quell’indicatore che segnala quanta acqua serva per produrre un determinato alimento. Secondo il Water Footprint Network (WFN) usiamo molta acqua per produrre cibocartavestiti in cotone, e così via. L’impronta idrica ci consente di calcolare quanta sia, prendendo in considerazione tanto l’utilizzo diretto quanto quello indiretto. La water footprint del produttore è la più rilevante quando si parla di cibo. L’impronta idrica degli alimenti prende in considerazione l’acqua utilizzata lungo l’intera filiera di un prodotto. Questo valore ci serve, quindi, per calcolare quanta acqua consumiamo per produrre una mela e quanta prima di servire una bistecca di pollo.

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Calcolare l’impronta idrica

L’impronta idrica prende in considerazione l’acqua necessaria durante ogni passaggio della filiera

Secondo il WFN, che è la massima autorità quando si parla di impronta idrica, esistono tre differenti tipologie (colorazioni, nel loro gergo) di water footprint. Si parla infatti di impronta verde, blu oppure grigia.

Impronta idrica verde

L’impronta idrica verde si riferisce al consumo di risorse idriche contenute nelle piante e nel suolo. Nel concreto, esso avviene sotto forma di perdita di umidità da parte della flora, dunque scomparsa di fluido da una qualsiasi superficie o corpo idrico sotterraneo. Ne è un esempio l’acqua piovana. Qualora non ristagni, finisce nel suolo ed è in grado di filtrare nel terreno. Questa frazione indica chiaramente il valore dell’agricoltura non irrigua in termini di risparmio di risorse idriche blu (che stiamo per descrivere). L’acqua così conservata irriga la coltura e torna poi ad aprire il ciclo delle acque, nell’atmosfera, in seguito a evotraspirazione.

Impronta idrica blu

L’impronta idrica blu indica il consumo delle risorse idriche superficiali, e sotterranee, lungo tutta la catena di produzione di un determinato bene. Per consumo intendiamo la perdita di acqua disponibile sulla superficie di un terreno terreno o all’interno di un bacino idrico sotterraneo. Non consideriamo in questa colorazione il fluido già evaporato. Tale acqua viene utilizzata per irrigare e produrre e, dopo il suo utilizzo, non sarà mai restituita al terreno, diversamente da quanto accada per l’impronta verde.

Impronta idrica grigia

L’impronta idrica grigia è legata all’inquinamento delle risorse idriche ed è definita come il volume di acqua dolce necessario a diluire il carico di inquinanti generato da un determinato processo. Si tratta dunque di fluido non utilizzabile, perché serve a diluire la parte non potabile. Il suo volume si calcola a partire dalla quantità che sarebbe necessaria per ripristinare l’equilibrio ecologico del bacino idrico, o del corso d’acqua, secondo gli standard di qualità naturali. Al variare di questo indice, varia anche l’impronta idrica grigia.

Per calcolare l’impronta idrica di un determinato alimento abbiamo a disposizione due modi. Il primo è legato al peso e il secondo ai valori nutrizionali.  Entrambi ci aiutano a comprendere l’impatto del cibo sulle risorse idriche. Ma sia che si analizzino i grammi, sia che si prendano in considerazione le calorie, in ambedue i casi troverà conferma quel che molti già sanno: gli alimenti di origine animale hanno un’impronta idrica superiore a quella degli alimenti di origine vegetale.

Sommando le impronte idriche nelle tre colorazioni, è possibile calcolare l’effettivo peso di coltivazioni, allevamenti e tutte le produzioni che coinvolgono il settore agroalimentare. Non soltanto. È stata stimata anche, per esempio, la water footprint di fibre come il cotone. In tutti i casi, l’elemento che ha maggior rilevanza è quello dell’impronta verde. La sua incidenza varia di area in area, di stagione in stagione ed è condizionata anche dal cambiamento climatico.

Ridurre l’impronta idrica e controllare gli sprechi d’acqua

Non commettiamo l’errore di considerare il produttore come l’unico responsabile dell’impronta idrica di un alimento. Per quanto, inevitabilmente, si tratti della figura con le maggiori responsabilità, anche il consumatore può – e dovrebbe – dare il suo contributo per ridurre la water footprint. Riuscire in questa missione, se così vogliamo chiamarla, non è affatto difficile. Occorre però una certa forza di volontà ed è necessario voler veramente fare le differenza. I gesti richiesti sono pochi, e piuttosto semplici, vediamoli:

  • riduciamo il consumo di alimenti di cui è riconosciuto l’alto impatto idrico, preferendo, ad esempio, la carne di pollo a quella di manzo;
  • adottiamo un regime alimentare che privilegi cibi come frutta e verdura e alimenti di tipo biologico. Riduciamo la carne e altri cibi particolarmente pesanti da questo punto di vista;
  • scegliamo gli alimenti con il minor impatto idrico possibile, all’interno della stessa categoria di prodotto che desideriamo;
  • optiamo, ogni volta che ci sia possibile, per alimenti a chilometro zero. Questo è un ottimo modo, oltre che per supportare l’agricoltura locale, anche per ridurre la quantità di acqua impiegata nei trasporti.

Una maggiore sensibilità verso la qualità del cibo che scegliamo di mettere nel carrello può aiutare a ridurre l’impronta idrica. Preferiamo prodotti certificati ed eccellenze come DOP o IGP. Si tratta di alimenti più costosi, ma anche più virtuosi.

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Mattia Mezzetti

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