La proposta di regolamento europeo sugli imballaggi divide gli Stati membri. L’Italia è contraria ai nuovi obiettivi di riuso.
Non scema la contrarietà dell’Italia, e non solo, sulla proposta di regolamento europeo sugli imballaggi. Un tema scottante, parte della questione-chiave per la sostenibilità delle nostre economie della gestione dei rifiuti, che divide gli Stati membri già a partire dallo strumento scelto da Bruxelles. Il regolamento, che si applica direttamente alla legislazione nazionale, piuttosto che la direttiva, i cui obiettivi devono essere recepiti nel diritto nazionale. Alcuni ministri dell’Ambiente dei 27 temono che la proposta di legge possa minare i sistemi di riciclaggio già esistenti e hanno chiesto maggiore flessibilità nell’attuazione del provvedimento. Italia in testa.
Riuso: l’Italia è contraria alla proposta europea
In tema di riciclo l’Italia è la start-up d’Europa. “La nostra filiera dell’economia circolare ha creato un nuovo mercato, con esperienze, professionalità e conoscenze che possono dettare il percorso. Con l’Unione europea la dialettica è forte, ma serve sempre a trovare un punto di equilibrio” ha affermato il ministro Gilberto Pichetto Fratin alla Conferenza nazionale sull’economia circolare, convinto che sia essenziale avere obiettivi ambiziosi e condivisi, lasciando però ai Paesi membri un sufficiente margine di manovra per raggiungerli. “Non siamo d’accordo con l’impostazione data ad origine da parte della Commissione Europea”, ha spiegato Pichetto, inquadrando questa contrarietà sia nel metodo che nel merito. Nel metodo perché “non condividiamo lo strumento del regolamento, invece della direttiva”, sulla quale si può ragionare, anche se tutta da discutere. Sul fronte del merito, la nota dolente è rappresentata dallo strumento del riuso. “Siamo un’eccellenza europea – ha dichiarato il nostro ministro dell’Ambiente riferendosi alle ottime performance italiane in ambito di riciclo – e non è accettabile che si abbassi l’asticella utilizzando lo strumento del riuso, massacrando un sistema economico che ha la sua forza nella tecnologia. Manterremo ferma la nostra posizione”. L’Italia, insomma, vuole poter continuare a riciclare al proprio ritmo, senza dover rinunciare a una parte di materia da destinare obbligatoriamente al riutilizzo attraverso quote di imballaggi ricaricabili o di vuoti a rendere.
Proposta di regolamento europeo sugli imballaggi: cosa prevede
La proposta di regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio presentata dalla Commissione europea per aggiornare in materia il quadro normativo dell’Unione, in conformità con gli obiettivi previsti dal Green Deal e dal Piano d’azione per l’economia circolare, intende:
- ridurre i rifiuti di imballaggio pro capite per Stato membro del 15% entro il 2040 (rispetto al 2018)
- giungere a una riduzione complessiva dei rifiuti nell’Unione del 37% circa rispetto all’ammontare che si raggiungerebbe in assenza di modifiche normative.
A tal fine, viene promosso l’utilizzo di imballaggi riutilizzabili e ricaricabili e si prevedono restrizioni agli imballaggi inutili. Per esempio, saranno vietate alcune forme di imballaggio, come quelli monouso per cibi e bevande consumati all’interno di ristoranti e bar, quelli monouso per frutta e verdura, i flaconi in miniatura per shampoo e altri prodotti negli hotel. Mentre per favorire il riutilizzo o la ricarica degli imballaggi, le imprese dovranno offrire ai consumatori una determinata percentuale dei loro prodotti in imballaggi riutilizzabili o ricaricabili. Il regolamento mira, inoltre, a promuovere il riciclaggio, rendendo tutti gli imballaggi presenti sul mercato dell’Unione europea riciclabili in modo sostenibile entro il 2030. A questo scopo, il testo provvede a definire criteri di progettazione per gli imballaggi, a introdurre sistemi vincolanti di vuoti a rendere su cauzione per le bottiglie di plastica e le lattine di alluminio e a specificare le condizioni a fronte delle quali gli imballaggi potranno essere considerati compostabili. Il terzo obiettivo specifico della proposta di legge è quello di ridurre il fabbisogno di risorse naturali primarie e creare un mercato ben funzionante di materie prime secondarie, introducendo l’obbligo di utilizzare alcune percentuali di plastica riciclata negli imballaggi.
Riduzione dei rifiuti: sugli obiettivi europei gli Stati sono divisi
Secondo il nuovo regolamento, ogni Stato membro dovrà ridurre progressivamente i rifiuti generati dagli imballaggi del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035, del 15% entro il 2040. Entro la fine del 2025 dovrà essere riciclato almeno il 65% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio generati, tra cui le seguenti percentuali minime a seconda dei materiali: 50% per la plastica; 25% per il legno; 70% per i metalli ferrosi; 50% per l’alluminio; 70% per il vetro; 75% per la carta e il cartone. Numeri che dividono gli Stati, tra chi chiede obiettivi di riciclaggio e riutilizzo più elevati come i Paesi Bassi e il Lussemburgo, e chi invece un approccio più graduale e percentuali più basse come la Grecia. Sta di fatto che la Commissione europea ha difeso lo strumento normativo prescelto, sostenendo che il regolamento consentirà una maggiore armonizzazione tra gli Stati membri rispetto alla direttiva; la direttiva precedente in materia non essendo riuscita a ridurre gli sprechi. Secondo le stime di Bruxelles, gli imballaggi costituiscono il 36% dei rifiuti solidi urbani e ogni europeo produce ogni anno circa 180 kg di rifiuti di imballaggio. La produzione di imballaggi impiega grandi quantità di materie prime: il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzate nell’Unione sono destinati agli imballaggi, sempre secondo i dati della Commissione. Inoltre, in assenza di nuove misure, entro il 2030 l’Unione registrerebbe un ulteriore aumento del 19% dei rifiuti di imballaggio, che arriverebbe al 46% per i rifiuti di imballaggio di plastica. Secondo la valutazione d’impatto che accompagna la proposta, in Europa la produzione complessiva di rifiuti di imballaggio è passata da 66 milioni di tonnellate nel 2009 a 78,5 milioni di tonnellate nel 2019 (con un incremento superiore del 19% a quello del reddito nazionale lordo). La pandemia di COVID-19 sembrerebbe peraltro aver contribuito all’aumento, con l’incremento del commercio online e del cibo da asporto. Tra gli Stati membri si registrano comunque significative differenze, spaziando dai 74 kg pro capite della Croazia ai 228 kg dell’Irlanda (stimati per il 2018).
Imballaggi monouso: gli interrogativi sulla sostenibilità
Tra i vari tipi di packaging interessati dalla proposta di regolamento ci sono anche gli imballaggi di plastica usati per raggruppare prodotti venduti in lattine, vasi, vaschette e confezioni, e gli imballaggi monouso per quantità di frutta e verdura fresche inferiori ai 1,5 kg. Quest’ultimo punto ha suscitato parecchio dibattito tra le associazioni di consumatori, in particolare sulla possibile scomparsa dai supermercati delle buste di insalata. In merito è intervenuto anche il ministro Pichetto: “oggi il 30% dei cibi vengono buttati, ma la proposta di regolamento sugli imballaggi prevede il divieto di imbustamento delle verdure sotto il chilo e mezzo: ciò metterebbe fuorilegge tutte le confezioni che troviamo al banco. In questo modo evitiamo o alimentiamo lo spreco di cibo per evitare di usare la plastica?”. Un interrogativo che sposta il problema, ma allarga la sfida della circolarità.