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Riconnettere persone e natura per affrontare le sfide future

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Innescare trasformazioni territoriali dove la dimensione ambientale dialoghi con quella sociale, per rinnovare i paesaggi mantenendo le loro funzioni eco-sistemiche e riscoprendo la loro vocazione identitaria. È l’approccio di LAND, società internazionale di consulenza paesaggistica. Ce ne parla una dei direttori della sede italiana, l’architetta Ilaria Congia.

Dei paesaggi siamo abituati ad esaltare la bellezza, la poesia. Eppure, questi insiemi unici di natura, morfologia dei territori e attività umana svolgono funzioni che trascendono la sola estetica. Ne parliamo con l’architetta Ilaria Congia, una dei direttori della sede italiana di LAND – acronimo per Landscape, Architecture, Nature e Development – società internazionale di consulenza paesaggistica guidata da Andreas Kipar, cui si devono progetti come il Krupp Park a Essen, testimonianza concreta della trasformazione territoriale del bacino industriale della Ruhr, o il Parco Portello a Milano, realizzato da LAND insieme all’architetto Charles Jencks nell’area dello storico stabilimento Alfa Romeo.

Ilaria Congia, quando parliamo di rigenerazione di siti industriali dismessi o aree contaminate pensiamo soprattutto ai processi di bonifica, alla riduzione degli inquinanti. Ma ci sono anche altri aspetti cruciali: quali sono e che ruolo ha il paesaggio?

“In questi processi, per noi progettisti il paesaggio svolge un ruolo fondamentale se inteso nel senso più ampio del termine, così come è stato definito dalla Convenzione europea del paesaggio siglata a Firenze nel 2000. Oggi il paesaggio è un’entità omnicomprensiva, non viene più associato a quell’idea di natura incontaminata radicata nell’immaginario collettivo fino a qualche decennio fa. Ormai “tutto è paesaggio”: non soltanto la componente naturalistica di un territorio, ma anche quella produttiva, quella infrastrutturale, quella insediativa, e soprattutto quella umana, che si dimostra cruciale nei processi di rigenerazione urbana e territoriale.

La Convenzione europea ha riconosciuto per la prima volta un diritto al paesaggio non solamente a noi progettisti, ma a tutti i cittadini e alle persone comuni. Tale diritto porta con sé una grande responsabilità: il paesaggio va tutelato e va manutenuto nel tempo. Oggi stiamo assistendo a un ulteriore cambio di paradigma: il paesaggio non è più soltanto un’entità da tutelare e salvaguardare in maniera passiva, ma diventa un driver di sviluppo. Il nostro ruolo di progettisti ci spinge a promuovere un continuo rinnovamento del paesaggio: dobbiamo “coltivarlo” e renderlo nuovamente “produttivo”, per poter beneficiare di quei servizi ecosistemici che esso è in grado di garantire a tutti noi sul piano ambientale, sociale ed economico.

Ecco perché l’approccio di LAND a questo tipo di processi si sviluppa sempre da una lettura paesaggistica su larga scala del territorio al suo stato attuale, per concentrarsi in un secondo momento sul singolo ambito di intervento. In particolare, quando siamo chiamati a operare in territori con un’eredità industriale pesante, spesso scomoda, promuoviamo un approccio progettuale che parta dalla riscoperta delle vocazioni identitarie dei luoghi guardando a un futuro più sostenibile, con l’obiettivo di raccontare e reinterpretare il passato attraverso la rigenerazione degli spazi aperti”.

Quanto sono importanti i processi partecipativi per il successo di un progetto di rigenerazione territoriale e urbana?

“Sono particolarmente strategici, dato che il successo dei progetti di rigenerazione passa innanzitutto da un approccio people-oriented, basato sul coinvolgimento diretto delle persone, sempre più interessate a ritrovare nella vita di tutti i giorni il rapporto con il proprio territorio. La fase di ascolto di cittadini, stakeholder ed enti pubblici, che in diversa misura vengono coinvolti nei processi partecipativi, è fondamentale per capire quali siano le reali esigenze e necessità di chi vive quei luoghi quotidianamente.

Questo ci consente di elaborare un progetto di paesaggio produttivo, fondato su dinamiche e comportamenti inclusivi, che viene condiviso con tutti gli attori del territorio fin dalle prime fasi di lavoro. Questa rete di soggetti pubblici e privati innesca un processo di valorizzazione a 360°, attraverso una partecipazione coesa e attiva in grado di alimentare nuove narrazioni del paesaggio. Un paesaggio che, nei progetti di rigenerazione urbana, si configura sempre di più come una piattaforma di dialogo tra comunità, natura e cultura”.

Il confronto non deve essere facile, immagino…

“Non parlerei di confronti facili o difficili. Sicuramente il dialogo con le comunità locali non è mai lineare, trattandosi di momenti creativi di scambio e condivisione: spesso gli obiettivi iniziali lasciano spazio a scenari progettuali inattesi, definiti attraverso i tavoli di lavoro con le persone coinvolte. Nei processi partecipativi ricopriamo un ruolo di facilitatori e moderatori tra committenza, stakeholder e cittadini, con l’obiettivo di delineare una progettualità comune. Il confronto è sfidante, ma credo che portare avanti un progetto che è stato condiviso fin dall’inizio con il territorio e i suoi protagonisti sia la chiave per garantirne la buona riuscita”.

Crisi climatica, crisi della biodiversità, inquinamento: che ruolo avrà il paesaggio nelle sfide che ci attendono?

“Stiamo vivendo un periodo storico molto particolare. Mi riferisco ai diversi conflitti attualmente in corso a livello internazionale, alla crisi climatica, alla crisi energetica e alla recente pandemia da Covid-19, l’evento globale che ha dimostrato la staticità e vulnerabilità dei nostri modelli di sviluppo territoriale. In questo scenario, il ruolo del paesaggio diventa ancora più strategico: per fronteggiare eventi estremi che sono sempre più incontrollabili e frequenti, dobbiamo promuovere progetti e processi di trasformazione e valorizzazione territoriale che siano adattivi, dinamici, sostenibili e resilienti.

Tra le altre, la componente naturale del paesaggio è la dimensione di partenza per favorire la creazione di nuovi spazi urbani dotati di molteplici possibilità di fruizione. Luoghi in cui il “verde” ricopre e ricoprirà ancor più in futuro un ruolo da protagonista. Ritengo che tale funzione primaria sia ben delineata dalle parole di Andreas Kipar, CEO di LAND e membro del Comitato Scientifico di Rigeneriamo il Territorio: “La nostra missione di riconnettere le persone con la natura risponde all’esigenza di far dialogare l’espansione verticale del costruito e quella orizzontale dello spazio pubblico, nell’ottica di innescare trasformazioni territoriali multi-obiettivo e multi-scalari, verso paesaggi sempre più nature-positive. Una dialettica tra sistemi ambientali e sociali ispirata dalla portata liberatoria della natura, che plasma e dà forma alla connettività ecologica, alle infrastrutture verdi, alla biodiversità, ad azioni di depaving e, più in generale, ad un uso sostenibile dei nostri territori”.

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