Quasi il 40% dei rifiuti raccolti ogni anno nelle nostre abitazioni è costituito dalla frazione organica, da cui si possono produrre compost e ammendanti, ma anche biogas e biocarburanti. Per questo la loro gestione rappresenta uno snodo strategico verso la transizione ecologica.
I rifiuti organici, tra tutte le tipologie di scarti prodotti nelle nostre case, sono sicuramente i più complicati da gestire, a causa della loro spiccata capacità di degradarsi generando odori e liquidi molesti. Ma cosa accade a questi rifiuti dopo la raccolta domestica? Il Rapporto Rifiuti Urbani di Ispra fornisce un quadro analitico del loro ciclo e spiega come possano contribuire alla transizione ecologica.
I rifiuti organici: quanti ne raccogliamo
Degli oltre 29 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti nel 2022 dalle famiglie, sono state raccolte in modo differenziato poco meno di 19 milioni di tonnellate: il 38% costituito dalla frazione organica. Si tratta di circa 7 milioni di tonnellate (in leggero calo rispetto all’anno precedente) di rifiuti biodegradabili prodotti da:
- cucine e mense per il 70% (frazione umida);
- dalla manutenzione di giardini e parchi per il 25% (frazione verde);
- dal compostaggio domestico per 4%;
- dalla raccolta presso i mercati per meno dell’1%.
La raccolta differenziata di questa frazione è resa obbligatoria dalle regole dell’Unione europea: la Direttiva 851/2018 chiede infatti che gli Stati membri si attivino affinché i rifiuti organici siano “differenziati e riciclati alla fonte, o siano raccolti in modo differenziato e non miscelati con altri tipi di rifiuti”. L’importanza della loro gestione sostenibile deriva anche dai quantitativi in gioco, considerato che anche nel resto d’Europa le percentuali di frazione organica oscillano intorno al 35 – 40% e, solo nel 2017, sono stati raccolti a livello europeo circa 86 milioni di tonnellate. Numeri che spiegano come la raccolta dei rifiuti organici sia strategica per raggiungere l’obiettivo europeo – al 2035 – del 65% in peso di preparazione per il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti urbani.
Delle 66 province che hanno raggiunto il target del 65% previsto dalla Direttiva europea, 40 sono localizzate nel nord Italia, dove si concentra la raccolta (quasi 4 milioni di tonnellate contro i circa 2 milioni di tonnellate del Sud e oltre un milione di tonnellate del Centro).
Cosa succede dopo la raccolta dei rifiuti organici
Dove vanno a finire i rifiuti organici dopo la raccolta differenziata? Sempre sulla base dei dati Ispra relativi al 2022:
- oltre la metà sono stati recuperati negli impianti di trattamento integrato aerobico/anaerobico;
- il 44% è stato inviato agli impianti di compostaggio;
- il 5% è finito negli impianti di digestione anaerobica.
Per il trattamento e la valorizzazione di questa tipologia di rifiuti, sono attualmente operativi sull’intero territorio nazionale 358 impianti di trattamento, così suddivisi:
- 285 impianti dedicati al solo trattamento aerobico (trattamento biologico in ambiente aperto, quindi con presenza di ossigeno, per la produzione di compost derivante dalla degradazione della materia organica). Gli impianti di compostaggio sono ubicati al Nord per il 60%, al Centro per il 13% e al Sud per il 27%;
- 51 impianti di trattamento integrato aerobico/anaerobico (combinazione di trattamenti biologici con e senza presenza di ossigeno per la produzione di biogas e compost) localizzati per il 67% nelle regioni del nord Italia, per il 16% al Centro e per il 18% al Sud;
- 22 impianti di digestione anaerobica (trattamento biologico in assenza di ossigeno per la produzione di biogas, prevalentemente metano e biossido di carbonio): 19 dei quali si trovano al Nord, uno al Centro e due nel Meridione.
Il biogas complessivamente generato da questi impianti, pari a 71 milioni Nm3 (Normal metro cubo, l’unità di misura del volume usato per i gas in condizioni normali) è impiegato a fini energetici, per la produzione di energia elettrica, termica o cogenerativa, sia per i fabbisogni interni degli impianti, sia per l’immissione in rete. L’energia elettrica prodotta è pari a 141 mila MWh/anno e quella termica è di 73 mila MWh/anno.
Impianti di trattamento e valorizzazione dei rifiuti organici: dove sono
Sebbene continui a persistere un gap impiantistico tra le differenti aree del Paese, con il Centro – Sud ancora in difficoltà, si registra comunque una seppure flebile inversione di tendenza, con un trend in crescita dei quantitativi gestiti nelle regioni meridionali, grazie anche all’entrata in esercizio di tre nuovi impianti di trattamento integrato.
È però la Lombardia la regione leader nella valorizzazione dell’organico con quasi 2 milioni di tonnellate trattate, pari al 24% del totale nazionale. Non a caso, in questa regione sono operativi 78 impianti, per una capacità di trattamento complessiva di circa 3 milioni di tonnellate. Seguono il Veneto, con un milione di tonnellate, pari al 16% della quota nazionale e una dotazione di 59 impianti, l’Emilia-Romagna, con 24 impianti operativi e oltre 678 mila tonnellate di scarti trattati, pari al 10% del totale e il Piemonte, dove, a fronte di una capacità complessiva di un milione di tonnellate, il quantitativo di rifiuti organici trattati nei 26 impianti operativi è pari a circa 472 mila tonnellate (7%).
I volumi di trattamento integrato anaerobico/aerobico continuano a crescere nel tempo, grazie anche al maggior numero di unità operative: solo nel 2022 passano da 42 a 51. Diverso l’andamento del compostaggio che, con un parco impiantistico ridotto, diminuisce di oltre l’8% rispetto all’anno precedente. Mentre la digestione anaerobica è caratterizzata da un andamento più stabile.
La tendenza generale è comunque quella di un crescente interesse verso la tecnologia di purificazione del biogas, soprattutto grazie ai generosi incentivi riconosciuti dal Gestore Sistemi Energetici: solo nel 2022 hanno fatto la loro comparsa dieci nuovi impianti di trattamento integrato dedicati alla produzione di biometano; ed è in atto una corsa per la realizzazione di nuovi impianti in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna, Abruzzo, Campania, Puglia e Sardegna.
Biogas e biocarburanti ottenuti da rifiuti e fanghi di depurazione, in tempo di crisi energetica e caro bollette, appaiono in tutto il loro splendore. Soprattutto per le imprese.