L’industria distillatoria ha incrementato autoproduzione di energia rinnovabile, contenimento dei consumi di acqua e utilizzo dei sottoprodotti della filiera vitivinicola. Ecco perché sta diventando uno dei settori più interessanti dal punto di vista della sostenibilità e della circolarità del comparto enogastronomico.
Le distillerie sono una delle tessere più interessanti del mosaico della circolarità nel settore enogastronomico. E lo stanno diventano sempre di più, anche grazie all’impiego di energia rinnovabile, che negli ultimi anni (2018-2021) è cresciuta in questo settore del 300%. E per citare solo l’anno 2019, grazie alle rinnovabili è stata risparmiata l’emissione in atmosfera di 500mila tonnellate di anidride carbonica, grazie ai 300mila MWh di energia elettrica verde prodotta e destinata principalmente all’autoconsumo e agli oltre 300mila mc di potenzialità installata per bioetanolo sostenibile. Sono questi alcuni dei dati più significativi del primo “Report di sostenibilità” reso pubblico da AssoDistill, associazione di categoria che rappresenta gli industriali distillatori di alcoli ed acquaviti. Report scritto allo scopo di illustrare l’evoluzione nel biennio 2020-2021 dei principali indicatori della sostenibilità ambientale, economica e sociale del comparto. Come precisato dalla nota ufficiale, il report è stato scritto e corredato di dati puntuali grazie al contributo di 12 aziende leader associate ad AssoDistil e rappresentative del settore: Bonollo, Bottega, Gruppo Bertolino, Mazzari, Marzadro, Deta, F.lli Francoli, Bonollo U., I.M.A., D’Auria Distillerie & Energia, Acquavite e Bertagnolli.
L’industria distillatoria utilizza energia green autoprodotta
L’autoproduzione di energia green è, dunque, uno degli elementi più innovativi dell’industria distillatoria. Dal report emerge che la percentuale di energia rinnovabile autoprodotta dalle distillerie risulta essere più che doppia (63,5%) rispetto alla quota di energia fossile acquistata sul mercato (31,5%). Secondo Sandro Cobror, direttore di AssoDistil, “l’autoproduzione di energia termica ed elettrica da residui di lavorazione consente di minimizzare l’acquisto di energia dal mercato e ridurre l’impatto ambientale e il costo energetico per le imprese, che altrimenti sarebbe eccessivamente oneroso a causa del notevole input energetico necessario nei processi di distillazione, in particolare negli ultimi mesi in cui il prezzo del metano ha raggiunto valori molto elevati”.
Le distillerie, un esempio concreto di economia circolare
In Italia, la superficie destinata alla coltivazione della vite per la produzione di vino rappresenta circa il 5% della superficie agricola utilizzata. Per ogni ettolitro di vino si producono mediamente 18 kg di vinacce, 6 kg di fecce e 4 kg di raspi: sottoprodotti che se reimmessi nella filiera produttiva circolare eviterebbero l’emissione in atmosfera di oltre 1 milione di tonnellate di CO2 all’anno. Parte di questi sottoprodotti sono utilizzati proprio nelle distillerie, che in una logica di osmosi industriale destinano, a loro volta, scarti e sottoprodotti a settori diversi, dall’alimentare, alla cosmetica e farmaceutica, all’edilizia; dall’energia all’agricoltura. Non a caso, “un’attenzione particolare viene riposta nella ricerca delle migliori materie prime, nell’elaborazione delle ricette, nei protocolli di produzione e nei controlli di qualità” evidenzia il Report. Le vinacce utilizzate nel 2019 come materie prime hanno superato le 500mila tonnellate, mentre le fecce utilizzate sono state più di 200mila; 54mila le tonnellate di frutta e oltre 45mila le materie tartariche impiegate per il processo produttivo. Uno dei fattori chiave per la virtuosità ambientale e la circolarità del settore distillatorio sta nella modalità di approvvigionamento delle materie prime. “Le associate – si legge nel report – utilizzano fornitori storici e tendono a privilegiare quelli locali, per contribuire all’economia del territorio”.
Le distillerie sono impegnate nel contenere i consumi di acqua
Altro tema cruciale è l’uso sostenibile e razionale dell’acqua, risorsa imprescindibile per la distillazione. Le risorse idriche usate nel processo produttivo provengono principalmente da fonti sotterranee e da fonti di terze parti, mentre si ricorre in misura inferiore alle fonti idriche di superficie. Le acque utilizzate dall’industria distillatoria italiana vengono opportunamente trattate affinché acquisiscano un livello di qualità tale da permettere lo smaltimento negli impianti di depurazione idrica civili. L’immediata conseguenza dell’oculata gestione delle risorse idriche è il contenimento dei consumi di acqua registrato negli ultimi anni: dai quasi 2 milioni mc utilizzati nel 2018 si è arrivati a poco meno di 1milione e 700mila mc del 2021.