Ogni giorno nel mondo i dissalatori generano residui di produzione che alterano l’ecosistema marino. La compagnia di navigazione Marnavi propone una nave con dissalatore a bordo. Ma non è l’unica soluzione
Aumenta in tutto il mondo la domanda idrica e diminuiscono le riserve. L’acqua è una risorsa preziosa e in alcuni Paesi sempre più scarsa. Per rifornire di acqua potabile le città che si affacciano sul mare o le isole si punta sui dissalatori, che sono utilissimi ma producono scorie che devono essere smaltite. Secondo uno studio commissionato dall’Onu nel 2018 e firmato da ricercatori universitari di Canada, Olanda e Corea del Sud, il lavoro dei quasi 16 mila impianti di dissalazione operativi nel pianeta produce, ogni giorno, 95 milioni di metri cubi di litri d’acqua dolce e ben 142 milioni di metri cubi di salamoia, una melma ipersalina ricca di anti-incrostanti, metalli e cloruri vari che andrebbe smaltita alla stregua di rifiuti industriali pericolosi. Lo smaltimento della salamoia al momento rappresenta il 33% del costo operativo degli impianti e così, troppo spesso, lo scarto viene sversato in mare, nelle acque superficiali, negli impianti di smaltimento delle acque reflue attraverso le fognature o, più raramente, nei pozzi profondi, con la conseguenza di alterare la salinità delle acque e compromettere l’ambiente marino. Ma non finisce qui: secondo i ricercatori se ne produce il 50% in più rispetto a qualche anno fa. Il problema riguarda soprattutto Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait e Qatar che, da soli, sono responsabili del 55% della produzione globale di salamoia. Ma tocca anche l’Italia, in particolare le piccole isole.
Una proposta sostenibile
Nell’immediato, la compagnia di navigazione Marnavi ha scelto la strada della nave con dissalatore a bordo come soluzione più sostenibile. “Se lavoriamo 1.000 tonnellate di materiale – spiega Fernando Esposito, direttore tecnico della società – 600 sono di salamoia e 400 di permeato, l’acqua dissalata. Abbiamo anche gli scarti dei reagenti chimici utilizzati nei lavaggi delle membrane incrostate, quelle del nostro sistema a osmosi inversa. Acqua di lavaggio che stocchiamo a bordo e poi si smaltisce a terra”. I vantaggi del sistema mobile, rispetto ad un impianto a terra, sono la dispersione graduale della salamoia che avviene sfruttando il movimento dell’elica per ottenere la massima diffusione, soprattutto in superficie e non nei fondali dove provoca impatti negativi. “Evitiamo gli accumuli in un unico punto – aggiunge l’ingegnere Esposito – dove si registrerebbe un incremento abnorme dell’indice di salinità. Un aumento fuori controllo”.
Le prospettive future
Per tamponare la futura crisi idrica globale continuando a utilizzare i dissalatori bisogna però cercare soluzioni che contengano e riducano l’inquinamento provocato dai processi di desalinizzazione. L’innovazione tecnologica è una strada. La dissalazione termica evaporativa produce una quantità di salamoia dalle 2 alle 4 volte in più rispetto alla tecnologia che utilizza la distillazione a membrana. Un sistema adottato anche nell’impianto in funzione sull’isola di Ustica, che tratta 90 metri cubi di acqua di mare all’ora, rendendone potabile oltre il 70%, con un risparmio del 50% rispetto ai costi del sistema precedente. L’altra via è quella di abbattere i costi di smaltimento e recupero della salamoia. Che può essere valorizzata estraendone sali, metalli, cloruro di calcio, di potassio, di bromo, di litio. Oppure utilizzata per irrigare varietà di piante resistenti all’acqua molto salata come l’alga spirulina.