L‘idrogeno è la sostanza più abbondante in assoluto sul pianeta Terra e potrebbe potenzialmente rivelarsi in futuro una delle più importanti fonti di energia pulita a nostra disposizione. Si tratta infatti di un’ottima alternativa ai combustibili fossili (come il gas, il carbone e il petrolio) perché quando brucia emette soltanto calore e acqua. In realtà, la produzione di idrogeno in linea generale fa proprio uso di quelle stesse fonti di energia non rinnovabile che, com’è noto, sono molto inquinanti perché producono CO2. Da qui, per l’appunto, è nata la necessità di scoprire nuove soluzioni, molto più sostenibili. Il caso dell’idrogeno bianco è proprio da questo punto di vista davvero molto interessante.
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Cos’è l’idrogeno bianco
L’idrogeno bianco è sostanzialmente l’elemento chimico nella sua forma più pura. Fino a qualche tempo fa non si pensava fosse presente in così grandi quantità nel mantello della Terra ma proprio di recente (a partire dal 2012, grazie ad una scoperta accidentale avvenuta nel Mali) è emersa una realtà diversa: all’interno di un pozzo, dopo una trivellazione, è infatti stato trovato idrogeno quasi puro. Ecco dunque che negli ultimi anni abbiamo assistito sempre più spesso ai tentativi dei geologi di estrarre forniture di questo gas naturale, che si pensa si formi attraverso alcune particolari reazioni acqua-minerale nel sottosuolo.
A differenza delle riserve di combustibili fossili, che impiegano milioni di anni a formarsi, l’idrogeno naturale o “bianco” viene continuamente rifornito. Questo, da un punto di vista della prospettiva futura del suo utilizzo, è un fattore di importanza fondamentale.
Idrogeno bianco per produrre energia?
A questo punto sorge spontanea una domanda: ma essendo un potenziale combustibile green ed essendo presente in quantità così ingenti è davvero possibile che l’idrogeno bianco rappresenti una soluzione ottimale per produrre energia pulita?
Al momento la risposta rimane, per così dire, sospesa nell’aria: sono infatti necessarie ancora numerose ricerche per chiarire se i depositi di idrogeno bianco possano effettivamente essere usati a livello commerciale. In ogni caso sembra che le prime sperimentazioni in atto da parte di alcune start-up innovative, in modo particolare, abbiano sortito effetti positivi.
Molto interessante da questo punto di vista le dichiarazioni dell’esperto Michael Webber, professore in risorse energetiche all’Università del Texas, Austin, USA, che in un’intervista a Eurogreen News ha spiegato:
La Terra vanta molti luoghi in cui le condizioni giuste coesistono per produrre e accumulare naturalmente idrogeno, che può poi essere estratto per uso sociale. La buona notizia è che, lasciando che sia la Terra a fare il lavoro per noi, questa fonte di idrogeno è probabilmente molto più pulita da produrre rispetto ai metodi attuali di gassificazione del carbone, riforma del metano o elettrolisi dell’acqua.
Le prospettive sono dunque buone, ma ci sono anche dei fattori che complicano lo scenario, come il fatto che molti dei giacimenti di idrogeno bianco a nostra disposizione sono situati in luoghi offshore difficilmente raggiungibili. Vale comunque la pena ricordare che i ricercatori sono stati in grado di identificare negli ultimi anni anche diversi altre riserve di questo gas in alcune zone dell’Australia, dell’Europa orientale, Francia, dell’Oman, della Spagna e Stati Uniti oltre che in Africa occidentale.
Le criticità
Non è dunque tutto oro quel che luccica, come recita il detto. Come già anticipato, è necessario innanzitutto identificare con maggior precisione di che tipo di costi di estrazione si sta parlando quando ci si riferisce all’idrogeno bianco: potrebbe infatti essere un’opzione decisamente dispendiosa, sulla quale non tutti i Paesi sarebbero disposti a puntare. Inoltre bisognerebbe verificare in ogni scenario l’effettiva purezza dell’H2 che viene estratto e che potrebbe essere usato, per esempio, nelle celle a combustibile.
Sempre Webber, a proposito, ha anche aggiunto che: “Come con altre fonti di idrogeno, anche quello bianco dovrebbe essere maneggiato con cura per ridurre i rischi di sicurezza ed evitare perdite”. La strada per una transizione energetica che includa anche questo elemento chimico, insomma, è almeno per il momento ancora in salita.
I progetti in essere
Ad oggi il sopracitato giacimento del Mali è l’unico esistente al mondo ed effettivamente operativo. Si tratta di un pozzo situato nella località di Bourakébougou che era stato scoperto per caso verso la fine degli anni ’80 durante la perforazione del sottosuolo per l’acqua. Ma non finisce certo qui.
Il governo francese, per esempio, ha approvato un progetto di esplorazione mineraria per l’idrogeno, l’elio e altre sostanze correlate nella regione dei Pirenei Atlantici, denominato “Sauve Terre H2“: si tratta nello specifico di un’iniziativa che permetterà l’analisi di un’area di circa 225 km² all’interno di quella regione. Sempre in Francia, nella regione della Lorena, è stato scoperto inavvertitamente un altro importante giacimento da parte di un team del Laboratorio di Georisorse dell’Università della Lorena (CNRS) mentre erano in corso delle valutazioni sui livelli di metano nel terreno. Scoperte simili sono avvenute negli ultimi tempi anche nella miniera di cromite di Bulqizë, in Albania, e in Nebraska, dove sono da poco cominciate delle perforazioni per la ricerca di idrogeno bianco nel sottosuolo.