Undici anni dopo il terremoto e l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima, la Reconstruction Agency giapponese fa il punto sulla ricostruzione delle aree colpite e su quello che rimane ancora da fare.
A undici anni dalla triplice catastrofe di Fukushima, la Reconstruction Agency fa il punto. L’Agenzia del governo giapponese incaricata del processo di ricostruzione post terremoto, tsunami e incidente nucleare ha pubblicato il suo ultimo report il mese scorso e organizzato un tour virtuale delle aree colpite. “La costa nord-orientale del Giappone è oggi un paesaggio trasformato dalla ricostruzione e dall’innovazione” scrive in un contenuto a pagamento sul Finantial Times.
Un tour virtuale sulle aree colpite dal grande terremoto
Reconstruction Agency ha organizzato a metà febbraio due tour online, un tour nelle prefetture di Iwate e Miyagi e un tour nella prefettura di Fukushima, per promuovere la comprensione dello stato di ricostruzione attuale nelle tre prefetture colpite dalla catastrofe. Il tema principale del tour di Iwate e Miyagi è la ripresa del settore della pesca dopo i danni causati dallo tsunami, mentre il tour di Fukushima verterà prevalentemente sulla rinascita dell’agricoltura dopo la distruzione causata dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi gestita da Tokyo Electric Power Company Holdings Inc. Ospiti del webinar, rappresentanti ufficiali delle ambasciate straniere e dei media in Giappone, a cui sono stati recapitati campioni di cibo e bevande locali. Nuove autostrade, edifici disposti in file ordinate, stazioni importanti e una ferrovia restaurata ci vengono descritti nel contenuto elaborato dalla Reconstruction Agency. “Vicino alla linea di costa, robuste dighe e boschetti appena piantati formano tamponi verdi per bloccare qualsiasi tsunami futuro. Capita di vedere trattori iper-moderni che lavorano grandi appezzamenti di terreno agricolo. Nei porti di pesca riaperti, barche bianche scintillanti galleggiano su banchine immacolate. Le turbine eoliche punteggiano l’orizzonte. E lungo tutta la costa, innumerevoli pannelli solari tappezzano campi un tempo sommersi dall’oceano in tempesta, generando nuova energia”.
I numeri del disastro e della ricostruzione
Il disastro naturale più costoso della storia ha provocato circa 20.000 morti e oltre 470.000 persone evacuate, centinaia di migliaia di edifici distrutti, danni gravi alle infrastrutture e una stima dei costi totali che supera i 235 miliardi di dollari. Altrettanto importanti i numeri della ricostruzione: interi paesi e città riedificati, con 48.000 nuove unità abitative destinate alle persone colpite dal disastro e il trasferimento di intere comunità su terreni più alti, 541 chilometri di strade realizzati ex novo al 2021, pari al 95% della lunghezza complessiva prevista, e la quasi completa riapertura delle principali strade e ferrovie che servono le comunità lungo la costa. Il bilancio della situazione economica dell’area oggi è più che roseo. Il settore industriale raggiunge livelli precedenti a quelli del disastro, con un valore dei prodotti manifatturieri nelle prefetture di Fukushima, Iwate e Miyagi cresciuto nel 2019 di circa il 15% rispetto al 2010. Agricoltura e pesca sono di nuovo attive, compreso il 94% dei terreni agricoli colpiti dallo tsunami e il 98% delle strutture di trasformazione dei frutti di mare. “Milioni di tonnellate cubiche di suolo e materiale contaminato dalla ricaduta dell’incidente nucleare – prosegue il resoconto dell’Agenzia per la ricostruzione – sono state rimosse con successo. Oggi, i tassi di radioattività nell’aria a Fukushima sono allo stesso livello di quelli delle principali città del mondo, tra cui Londra, Parigi, New York, Hong Kong e Seul. Anche il passaggio dal nucleare alle energie rinnovabili sta procedendo. L’anno scorso, Fukushima è diventata la prima prefettura del Paese per la produzione di energia solare, con il 43% di tutta l’energia consumata nella prefettura da fonti rinnovabili, una cifra quasi doppia rispetto a un decennio prima”.
Quello che rimane da fare
La ricostruzione non è completa. “Resta – si legge nel documento della Reconstruction Agency – il compito vitale di smantellare completamente la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, che include le sfide senza precedenti della rimozione del combustibile, il recupero dei detriti di combustibile e la gestione dell’acqua contaminata. E anche se la maggior parte delle persone evacuate sono tornate nei propri paesi, ne rimangono circa 40.000 che non possono farlo. La maggior parte di loro proviene da Fukushima, dove circa il 2,4% del territorio della prefettura rimane un’area riservata, a causa della decontaminazione non completata”. Il punto di vista dei residenti lo riportava l’Ansa un anno fa. Secondo un sondaggio dell’agenzia Kyodo, nelle tre diverse prefetture colpite dal terremoto, dal successivo tsunami e dal disastro nucleare, a gennaio 2021 appena il 30% dei residenti della prefettura di Fukushima si dichiarava soddisfatto riguardo al processo di ricostruzione ancora in atto. Nelle regioni di Miyagi e Iwate il tasso di approvazione si assestava tuttavia tra il 70 e l’80%, a rimarcare la differenza tra le conseguenze provocate dal disastro naturale, in prevalenza la distruzione del maremoto, e quelli generati dalle radiazioni nell’area della centrale. Che, di fatto, hanno costretto la popolazione ad abbandonare le proprie abitazioni.