Se sulla Terra si è sviluppata la vita e numerose specie di mammiferi sono in grado di goderne, buona parte del merito appartiene alla fotosintesi clorofilliana. Al fine di svolgere questo processo, le foglie agiscono come piccole centrali energetiche. Esse sono in grado di convertire acqua, anidride carbonica e luce del Sole in ossigeno e nutrienti. Data l’innegabile efficacia di questo processo, i cui risultati sono sotto l’occhio di tutti, numerosi scienziati, già da qualche decennio, cercano di riprodurre il processo fotosintetico impiegando una foglia artificiale. L’idea di fondo è quella di aumentare il numero delle foglie per sfruttare in misura maggiore l’azione della fotosintesi.
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Foglia artificiale: una copia imperfetta
I primi tentativi di copiare, è il caso di dirlo, l’attività delle piante e ricostruire un sistema che sequestri anidride carbonica per farne ossigeno risalgono ai primi anni ’90. Eppure, quella che sulla carta appariva come un’idea fantastica si sta rivelando meno performante, una volta messa in pratica. Ciò si deve al fatto che il processo di riconversione dell’anidride carbonica è ben poco efficiente.
Al ricercatore che desideri assemblare il suo ciclo fotosintetico artificiale si presentano di fronte due grosse difficoltà. La prima è quella che il processo è difficilissimo da spostare fuori da un laboratorio, in quanto la foglia artificiale reagisce bene a CO2 pressurizzata, e non a quella posta sotto la normale pressione del suo stato di natura. In simili condizioni, infatti, i polmoni assemblati in laboratorio assorbirebbero una quantità di gas insufficiente. La seconda, invece, è quella già anticipata dell’efficienza di conversione. Si stima che una foglia bionica, ricreata dall’uomo, abbia una percentuale di efficienza pari al 2-3%. È un rendimento bassissimo, che non giustifica alcun tipo di investimento esoso.
A fronte di questi due problemi, le cui dimensioni sono tutt’altro che trascurabili, è evidente che non sia facile trovare investitori. Ciononostante, la riproduzione fedele della fotosintesi clorofilliana per mezzo di foglia artificiale, continua a essere una tentazione molto forte per la comunità scientifica.
Adattare la foglia artificiale alle condizioni di vita quotidiane
Tralasciando per il momento la questione, principalmente economica, legata all’efficienza di rendimento, vediamo come sarebbe bene muoversi per rendere la foglia artificiale efficace almeno dal punto di vista scientifico. Il miglioramento quanto mai necessario è quello di fare in modo che l’organismo bionico preposto ad assorbire anidride carbonica riesca a portare a termine il suo compito in vettori diluiti. Il nostro apparato respiratorio inspira, ogni giorno, una miscela di aria e gas di scarico. Questi due elementi, infatti, sono quelli che compongono l’atmosfera terrestre. Per poter portare la foglia artificiale fuori dal laboratorio è necessario che essa funzioni regolarmente a pressioni più rarefatte.
Esiste un prototipo di foglia artificiale capace di operare nell’aria che respiriamo ogni giorno. Si tratta di un prodotto molto avanzato, ben più potente dei sistemi bionici sviluppati 30 anni fa e capace non solo di ottenere ossigeno (dunque purificare l’aria) ma anche di restituire carburante solare. La luce del sole, infatti, è trasformabile in idrogeno, diossido di carbonio e altri composti organici conosciuti in gergo come combustibili solari. Il modello è stato messo a punto dai ricercatori dell’Università dell’Illinois a Chicago e rappresenta, a oggi, la foglia artificiale più all’avanguardia tra quelle che sono state assemblate.
Le caratteristiche della foglia ideata a Chicago
I dettagli della nuova foglia artificiale sono stati resi noti sulla rivista specialistica ACS Sustainable Chemistry & Engineering. Per semplificare, possiamo evidenziare quello che è il particolare pregio di questo prototipo. La differenza principale tra l’organo sviluppato dai ricercatori statunitensi e i suoi predecessori sta nell’aggiunta di uno strato ulteriore. La foglia assemblata nelle aule universitarie presenta una capsula esterna, trasparente e semipermeabile, riempita con acqua. Questa avvolge completamente l’unità di fotosintesi artificiale. Qual è l’utilità di questo livello liquido, collocato superficialmente?
Ogni volta che la foglia artificiale viene esposta al sole, l’acqua evapora attraverso questa membrana e i pori del sistema bionico assorbono selettivamente l’anidride carbonica. Simultaneamente, la vera e propria foglia racchiusa all’interno della teca converte la CO2 in monossido di carbonio e ossigeno. A questo punto, l’operazione di imitazione può ritenersi conclusa. Il primo dei due elementi ottenuti sarà utilizzabile per produrre combustibili sintetici. Il secondo, invece, sarà rilasciato nell’atmosfera, esattamente come se si trattasse di una vera foglia.
Il segreto sarebbe tutto in questa membrana esterna. Avere un elemento dedicato esclusivamente ad estrarre anidride carbonica rallenta enormemente la degradazione e il ritmo di lavoro della foglia artificiale, consentendole di operare anche a pressioni d’aria inferiori. L’elemento prodotto dagli studenti di Chicago misura 170 cm di lunghezza e 20 di larghezza. Le stime dell’Università indicano che 360 foglie di queste dimensioni potrebbero produrre, ogni giorno, mezza tonnellata di monossido di carbonio. Nello stesso arco di tempo, sarebbero capaci di ripulire fino al 10% dell’aria che le circonda.
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