L’80% circa di tutta la plastica presente negli oceani ci è arrivata dai fiumi. Ciò significa che una grande parte della responsabilità del sovrappopolamento di microplastiche in acqua è dovuta a queste vie idriche. Inevitabilmente, i fiumi di plastica devono terminare in un lago, o in mare. Essi non possono fare a meno di trascinare con loro anche i rifiuti che vi galleggiano. Quelli che l’uomo, incurante, ha gettato, volontariamente o involontariamente, in acqua. Non pensiamo che siano solo i fiumi più vasti a trasportare gli scarti. È infatti semmai vero il contrario: la percentuale più alta di polimero che finisce in uno specchio idrico ci arriva grazie ai fiumi di medio-piccole dimensioni.
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La provenienza della plastica che termina nell’oceano
Il portale di dati e statistiche Our World In Data afferma che quasi l’80% del polimero oggi presente all’interno dei bacini idrici vi sia stato portato da fiumi e ruscelli. Il restante 20% sarebbe invece figlio di attività compiute direttamente sulla superficie del mare e proverrebbe da imbarcazioni, reti da pesca e funi di ancoraggio. Fino a non troppi anni fa si faceva affidamento su dati errati e si riteneva che i fiumi di plastica fossero quelli con la maggiore portata d’acqua: Lo Huangpu, lo Xi Jang, il Fiume Giallo, il Gange, il Cross, il Rio delle Amazzoni… esperti di ecologia molto attendibili ritenevano che fino al 90% delle plastiche e microplastiche presenti in mare arrivasse da questi corsi d’acqua.
Oggi, possiamo contare su modelli molto più precisi. Questi hanno messo in luce come, in realtà, il ruolo di numerosi fiumi di dimensioni meno imponenti sia fondamentale nel trasferire plastica dalla terraferma al mare. La ricerca messa in evidenza poc’anzi indica come siano ben 1656 i fiumi che contribuiscono a inquinare gli oceani. La maggior parte di questi è collocata in Asia. La più alta concentrazione di plastica negli oceani si riscontra nei corsi d’acqua del sud-est asiatico. Non bisogna sottovalutare Il fatto che i vettori principali siano fiumi a portata d’acqua medio-bassa, dal momento che cambia completamente la prospettiva che avevamo fino a pochi anni fa.
I fiumi di plastica con le maggiori responsabilità
La discrepanza tra i vecchi modelli e il nuovo schema ha individuato i fiumi di plastica con le responsabilità maggiori. Secondo gli ultimi calcoli, a sorpresa, sarebbero i fiumi di portata medio-piccola a condurre in mare la maggior quantità di questo materiale. Il principale responsabile della presenza di microplastiche nel Pacifico, ad esempio, è un insospettabile. Si tratta del Pasig, un fiume filippino. Esso sposta, da solo, il 6,4% di tutta la plastica proveniente dai fiumi. L’arcipelago delle Filippine è al primo posto per il trasferimento di questi rifiuti dai fiumi al mare. Dal Paese dipende il 36,38% dell’inquinamento da polimero negli oceani.
Il secondo fiume per responsabilità è il Klang, situato in Malesia. La sua contribuzione si attesta intorno all’1,13%. È un dato sensibilmente più basso di quello del Pasig, ma comunque enorme. Consideriamo infatti che si tratta di un solo corso d’acqua, dalle dimensioni non imponenti. La Cina e l’India sono gli altri due Paesi che presentano l’incidenza maggiore. I loro fiumi sono rispettivamente responsabili del 12,92 e del 7,22% dell’inquinamento marino dovuto a fiumi di plastica.
Il fatto che si siano nominati soltanto Paesi in via di sviluppo si deve certamente a un’assenza di impianti per il riciclo a queste latitudini, ma anche al comportamento criminale dell’Occidente. Spesso, infatti, il primo e il secondo mondo vendono i propri rifiuti a questi Paesi in cambio di capitali, favori politici o altre concessioni. Quando la plastica prodotta è troppa e non si riesce a trattare, si sceglie la strada più semplice. Vendere i nostri rifiuti ai Paesi più poveri equivale a nascondere la polvere sotto il tappeto. Inoltre, provoca un intollerabile squilibrio nella produzione di rifiuti per area geografica.
Come i fiumi di plastica portano il polimero in mare
La plastica, correttamente gestita o riciclata, non finisce nei fiumi. Chi la disperde in acqua lo fa perché non è in grado di gestirla in maniera virtuosa. Paesi come le Filippine, o gli altri che abbiamo citato, sono accomunati da alcune caratteristiche che li rendono particolarmente propensi a inquinare in questa maniera. La loro elevata popolazione complica moltissimo una corretta gestione degli scarti e gran parte delle città più popolate sono vicine all’acqua. Ciò porta a preferire, in molti casi, la soluzione dello sversamento, o a causarlo in maniera involontaria. In queste zone, la stagione delle piogge causa monsoni e alluvioni che trascinano i rifiuti con loro, quando si ritirano.
La combinazione di tutti questi fattori ci chiarisce bene come non sia tanto la vastità del fiume a fare la differenza, bensì la sua collocazione geografica. Se un corso d’acqua modesto attraversa città iperpopolate, nelle quali i rifiuti vengono gettati in strada e vi rimangono per settimane, a causa del sottodimensionamento delle aziende incaricate a gestirli, è molto facile che il suo bacino si ritroverà colmo di scarti alla prima pioggia torrenziale.
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