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In vigore il decreto Aree Idonee Rinnovabili

Firmato il decreto Aree Idonee Rinnovabili
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Il Decreto Aree Idonee Rinnovabili fissa i criteri per localizzare i nuovi impianti da energie rinnovabili nel nostro Paese, dando priorità alle aree industriali e edificate. Un nuovo tassello verso la decarbonizzazione e l’obiettivo di 80 GW di nuova potenza installata al 2030.

Pubblicato in Gazzetta ufficiale il 2 luglio, il decreto Aree Idonee Rinnovabili è entrato formalmente in vigore. Non è stato facile trovare un accordo ma, dopo un fitto confronto tra governo e Regioni e diverse modifiche, il decreto aveva finalmente ricevuto il via libera della Conferenza Unificata ed era stato firmato dal ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto il 7 giugno. Il testo fissa i criteri con cui individuare le superfici dove sarà possibile realizzare i nuovi impianti di energia rinnovabile.

“Abbiamo sbloccato un decreto lungamente atteso, un nuovo tassello verso la decarbonizzazione”, ha commentato il ministro Pichetto, sottolineando la propria soddisfazione. “Solo con la piena condivisione, infatti, si potranno raggiungere gli 80 gigawatt aggiuntivi di rinnovabili, contemperando con pragmatismo lo sviluppo energetico, la difesa dell’ambiente e le esigenze di tutela del paesaggio”, ha aggiunto Pichetto. Ma il decreto ministeriale, che ha potere retroattivo e lascia ampio margine di discrezionalità alle Regioni, non accontenta tutti e ha, anzi, suscitato forti critiche da parte delle associazioni ambientaliste e di categoria.

Decreto Aree Idonee, critiche le associazioni ambientaliste e di categoria

Secondo Greenpeace, Legambiente e WWFil decreto complica ulteriormente il quadro normativo per le rinnovabili, senza fornire principi e criteri omogenei per la localizzazione degli impianti e la selezione delle cosiddette aree idonee. “Altro che corsie preferenziali per le rinnovabili – scrivono in una nota congiunta le tre associazioni ambientaliste – il decreto aree idonee si configura come un ulteriore barriera per lo sviluppo delle rinnovabili in Italia e quindi non solo per le politiche climatiche, ma anche per l’indipendenza e la sicurezza energetica”.

Le tre associazioni lamentano che il decreto lasci carta bianca alle Regioni nello scegliere le aree idonee e non, denunciando il rischio di ritrovarsi con leggi regionali disomogenee. Mentre per il Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) – che raggruppa 38 associazioni di categoria con lo scopo di promuovere lo sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica – è in atto “una brusca frenata sulle rinnovabili che aumenterà i costi energetici per cittadini e imprese”.

Che cosa prevede il decreto

Rispetto alla prima bozza del testo, il decreto ministeriale estende i parametri secondo cui superfici ed aree vengono classificate come non idonee. Sono da considerare tali quelle ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela, e per una fascia di rispetto che le Regioni possono decidere di stabilire, fino a sette chilometri “a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela”.

Il decreto, inoltre, indica una serie di principi per individuare o escludere l’idoneità delle aree, chiedendo alle Regioni di tenere conto anche “delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili”.

Sono esclusi da tutti i nuovi vincoli le rinnovabili già esistenti e i loro rifacimenti. Il decreto fissa per ogni Regione gli obiettivi di nuova potenza rinnovabile anno per anno per arrivare all’obiettivo complessivo del Pniec di 80 Gw di nuova potenza installata al 2030.

Decreto Aree Idonee, il rischio retroattività per gli investitori

Ma nel testo salta ogni riferimento all’aggiornamento degli atti di pianificazione energetica, ambientale e paesaggistica sulla base delle future leggi regionali sulle Aree Idonee. Ed è questo uno dei punti più “problematici” secondo Greenpeace, Legambiente e WWF, insieme alla “piena e arbitraria discrezionalità delle Regioni nell’estensione della fasce di rispetto, per le aree che presentano beni culturali”.

Grave, inoltre, per le tre associazioni ambientaliste, l’eliminazione dell’articolo che faceva salvi i procedimenti autorizzativi già avviati specificando che si sarebbero conclusi ai sensi della disciplina previgente. Con un rischio di validità retroattiva del provvedimento, che andrebbe a ledere diritti acquisiti, “rendendo l’Italia un Paese inaffidabile per gli investitori”.

Stessi timori per il presidente Coordinamento FREE Attilio Piattelli, secondo cui aumenta il rischio di non riuscire a raggiungere i nostri obbiettivi di sviluppo di energia rinnovabile: “Già oggi siamo fuori rotta rispetto alle previsioni del PNIEC, che peraltro continua a non tenere in conto gli obiettivi del REPowerEU. L’anno scorso è stata installata nuova potenza rinnovabile per soli 5,8 GW a fronte di una necessità di almeno 10 – 12 Gigawatt all’anno, ma ora con il Decreto Agricoltura di qualche settimana fa e l’accordo tra MASE e Regioni sul decreto aree idonee, invece di avere un’accelerazione, assisteremo ad una brusca frenata delle rinnovabili”.

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