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Farmaci e cosmetici dagli scarti del caffè: ricerca ENEA sul riutilizzo della cascara

Chicchi di caffè disposti a formare un cuore
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I prodotti di scarto ottenuti dai processi di lavorazione del caffè possono essere riutilizzati. La cascara essiccata e gli altri rimasugli trovano impiego nella produzione di bevande, medicinali, fertilizzanti e diserbanti. Il caffè è il secondo prodotto più scambiato al mondo, superato soltanto dal petrolio. Imparare a riutilizzarne gli scarti darebbe avvio a un comparto economico circolare virtuoso e significativo per numerosi Paesi.

ENEA, l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, ha identificato alcune molecole benefichepresenti nel caffè, le quali possono essere utilizzate per sviluppare nuovi prodotti in campo alimentare, nutraceuticocosmetico e agricolo. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista specializzata Plants. A portarla avanti sono stati i ricercatori italiani Loretta Bacchetta, Gianfranco Diretto, Oliviero Maccioni e Sarah Frusciante.

Alcuni istituti di ricerca messicani (El Collegio de Michoacàm e Istituto Tecnològico Superior de Zongolica CONAHCYT) hanno dato il loro pieno supporto alla stesura del documento, contribuendo alla sua realizzazione. Lo stesso ha fatto l’Organizzazione Internazionale Italo-Latino Americana (IILA).

Lo studio è di particolare rilievo. Mette infatti in evidenza tutte quelle proprietà della cascara (ovvero la buccia essiccata del caffè) che la rendono estremamente riutilizzabile, per numerose destinazioni d’uso. Questo sottoprodotto, finora, è sempre stato sottovalutato. Si tratta infatti di uno dei derivati del caffè tenuti meno in considerazione.

Cos’è la cascara?

Come ogni consumatore di caffè ben sa, la parte più diffusa e consumata della pianta da cui si ottiene quello che, per molti di noi, è un vero e proprio carburante è il seme. Ciononostante, anche la buccia del caffè può essere impiegata per realizzare un prodotto dal gusto unico, a metà fra un caffè filtro e un tè. La cascara è infatti consumabile: se ne ricava un infuso, dopo averla essiccata. Il termine deriva dallo spagnolo e significa guscio, o buccia. Il suo sapore, diversamente da quanto si potrebbe pensare, è molto differente da quello del caffè, poiché il profilo aromatico della buccia è piuttosto distante da quello del seme della stessa pianta.

La Coffea, da cui si ottiene il caffè, può essere Arabica o Canephora (più comunemente detta robusta) e si compone di pericarpo, mesocarpo ed endocarpo. In altri termini, rispettivamente, buccia, polpa e seme avvolto nel pergamino.

Durante la lavorazione del frutto del caffè, i coltivatori separano, già in piantagione, buccia e seme. Questo processo di frammentazione può avvenire tramite metodo umido o secco. Il processo umido è più delicato. Protegge meglio il seme e lascia più sapore, aroma e sostanze benefiche nella buccia. Quello a secco, maggiormente impiegato nelle coltivazioni destinate a tostatura industriale, disperde invece queste componenti. Non necessariamente la cascara si lavora per scopi alimentari. Spesso la si impiega per fertilizzare. Nel caso in cui la buccia derivi da una coltura biologica, e libera da pesticidi, si trasformerà in un concime molto efficace.

Consumando cascara si può rafforzare il sistema immunitario. La buccia del caffè è antinfiammatoria, stimolante e in grado di alleviare lo stress. Contiene un’elevata percentuale di ferro (anche 3 volte superiore a quella degli spinaci) e potassio (il doppio di quello che si ingerisce gustando una banana). In aggiunta, è ricca di minerali e antiossidanti.

Coltivatori al lavoro sul caffè e la cascara
I coltivatori separano seme e cascara già in piantagione e possono riutilizzare la buccia in prima persona

Quali sono le sue proprietà

La cascara, assieme agli altri sottoprodotti della lavorazione del caffè, come il pergamino e la silverskin, svolge il ruolo di antiossidante e additivo antifungino. I composti polifenolici che troviamo all’interno di queste componenti hanno infatti peculiarità ben specifiche. Del caffè, dunque, è bene non buttare via nulla. In particolare, il pergamino si può utilizzare come erbicida e si è dimostrato particolarmente efficace intorno agli alberi da frutto. La silverskin, invece, è consigliata come ingrediente alimentareaddensante e colorante. Trova impiego negli infusi e sa arricchire le proprietà fisiche e chimiche del suolo agricolo presso il quale venga posta. Se ne servono, in particolar modo, i coltivatori di funghi commestibili.

Lo studio ENEA sul riutilizzo degli scarti di cascara, pergamino e silverskin

ENEA ha scelto il Messico come caso studio, al fine di portare a compimento la sua ricerca. In particolar modo, l’équipe ha preso in esame l’area montuosa della Sierra de Zongolica, a Veracruz. Qui si coltiva, per scelta dei campesinos locali, un caffè di alta qualità senza servirsi di pesticidi, fertilizzanti e altre sostanze chimiche.

“Gli scarti del chicco di caffè sono spesso considerati un problema. Grazie alla ricerca scientifica, però, possono trasformarsi in miniere di molecole benefiche, come antiossidanti, polifenoli, carotenoidi, flavonoidi e minerali, per realizzare prodotti a valore aggiunto in vari settori. Abbiamo identificato il numero più alto di sempre di molecole non volatili della cascara essiccata, ben 93. Ciò apre la strada a un migliore riutilizzo delle componenti, in linea con i principi di economia circolare e bioeconomia. In tal modo, è possibile generare reddito aggiuntivo per chi coltivi caffè.”

Scrivono Loretta Bacchetta e Oliviero Maccioni, del laboratorio di bioeconomia circolare rigenerativa, coautori della ricerca assieme ai loro colleghi del laboratorio biotecnologie green di ENEA.

“Considerando la volatilità dei prezzi internazionali del caffè, i fattori ambientali come il cambiamento climatico e i parassiti, il commercio e la valorizzazione dei sottoprodotti potrebbero essere vantaggiosi per le famiglie produttrici, l’industria globale e l’ambiente. Nella regione del Messico ove abbiamo portato avanti la ricerca, i sistemi agricoli tradizionali si trovano ad affrontare grandi sfide legate ai cambiamenti climatici e socioculturali. Soffrono poi di relazioni commerciali asimmetriche, poiché circa l’80% del guadagno va alle aziende che lo acquistano e rivendono. Vi sono coltivatori di caffè che hanno avviato un processo di diversificazione rispetto alla produzione, riutilizzandone i sottoprodotti.”

Ha aggiunto Bacchetta in sede di presentazione dei risultati della ricerca, lo scorso gennaio. Questi coltivatori, in particolare, riciclano la cascara essiccata sotto forma di fertilizzante (utilizzandone in questa maniera il 40%) o di infuso per bevande (in una percentuale pari al 5%). Il prodotto, a ogni modo, si può riutilizzare anche nel campo del wellness e della farmacia, una volta trasformato in additivo nutrizionale e funzionale in campo alimentare. In Svizzera, esiste già un florido mercato di questo tipo.

Chicchi di caffè appena tostati
Fertilizzanti, infusi, integratori… dalla cascara del caffè si possono ottenere numerosi prodotti

Cosa si può ottenere dal riciclo degli scarti di caffè

Sono numerose le molecole benefiche presenti nel caffè che possiamo riutilizzare. Le loro destinazioni d’uso principali sono in campo alimentare, nutraceutico, cosmetico e agricolo. Se erbicidi e infusi sono i prodotti nei quali si vede già un chiaro sbocco per questi prodotti di scarto, che probabilmente faremmo bene a non definire più in tale maniera, anche cosmetica, farmacia e nutrizione possono trovare nuovi ingredienti per la loro industria. Il fatto che la ricerca abbia individuato oltre 90 molecole potenzialmente riutilizzabili nella cascara e negli altri sottoprodotti fa ben sperare. Potrebbero infatti emergere nuove possibilità per componenti che, fino a non troppo tempo fa, venivano semplicemente gettate via.

Non focalizziamo l’attenzione soltanto su quel che si possa effettivamente ottenere riusando la cascara, ma teniamo in considerazione anche il fatto che questo modo di trattare lo scarto è un chiaro esempio di quanto potenziale abbia l’economia circolare. Ricerche come quella di ENEA possono cambiare il paradigma stesso della gestione dei rifiuti, aprendo la strada del riuso anche ad altri settori che oggi sottovalutano, colpevolmente, le possibilità offerte da questo approccio virtuoso.

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Mattia Mezzetti

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