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Enhanced Rock Weathering: una tecnologia innovativa per combattere il cambiamento climatico

Enhanced Rock Weathering: rocce basaltiche
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Dietro il nome abbastanza complicato, dal momento che – come spesso accade – è in lingua inglese, di Enhanced Rock Weathering, si nasconde una tecnica piuttosto innovativa, capace di velocizzare il processo di rimozione della CO2. Gli studi preliminari sono piuttosto incoraggianti e suggeriscono che, applicando questa tecnica ai terreni agricoli, si potrebbero assorbire fino a 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Ciononostante, come spesso accade, questa tecnologia ha anche un buon numero di detrattori. Cerchiamo di approfondire che cosa si celi dietro questo nome così altisonante e spieghiamo per quale motivo si ripongano così tante speranze dietro l’Enhanced Rock Weathering.

Nuovi approcci e nuove tecnologie

Negli ultimi anni, a causa di un’aumentata sensibilità ambientale dell’opinione pubblica, è cresciuto – in maniera importante – l’interesse verso nuovi approcci e nuove tecnologie capaci di sequestrare CO2 dall’atmosfera, come si suol dire. Una di queste è proprio la ERW di cui ci stiamo occupando in questo approfondimento. Il termine è di difficile traduzione italiana e, nella nostra lingua, suonerebbe come climatizzazione avanzata della roccia, secondo una definizione che non chiarisce affatto l’utilità della tecnica. Eppure, questa soluzione è economicamente ed ecologicamente vantaggiosa, dal momento che può restituire emissioni negative.

Come funziona l’Enhanced Rock Weathering

Enhanced Rock Weathering: rocce basaltiche in montagna
La tecnica dell’Enhanced Rock Weathering promette il sequestro di grandi quantità di anidride carbonica


Quella dell’Enhanced Rock Weathering, o ERW, è una tecnica che mira ad accelerare il naturale processo di degradazione chimica dei silicati. L’approccio prevede la frantumazione e dispersione di particolato sottile di rocce ricche in minerali silicatici, soprattutto calcici e magnesiaci, nei terreni agricoli. Le rocce basaltiche sono le più ricercate e utilizzate, in quanto contengono minerali dalla composizione chimica ideale, come augiti e olivine. Queste, però, si degradano velocemente. Il problema è comunque agevolmente superabile, dal momento che sono ampiamente disponibili a livello globale. Ciò garantisce un’applicabilità su larga scala.

Alcune stime, puramente teoriche, suggeriscono che la degradazione di circa una tonnellata di rocce basaltiche o di rocce ultrabasiche possa sequestrare tra 0,3 e 0,8 tonnellate di CO2. Ma com’è possibile? In sostanza, l’ERW può ampliare la superficie di contatto tra i minerali e l’atmosfera, incrementando il numero di interazioni tra i due e consentendo l’assorbimento di maggiori quantità di anidride carbonica. Il tutto avviene in tempi brevi. Dapprima si convogliano gli ioni rilasciati dalla degradazione dei silicati e, in una seconda fase, li si trasporta verso i mari e gli oceani.

L’utilizzo nei terreni agricoli comporta una serie di benefici aggiuntivi. La composizione chimica dei suoli coltivati contribuisce ad accelerare le reazioni di degradazione dei silicati, assieme alle attività vegetali e microbiotiche che agiscono su quello stesso terreno. L’ERW non si limita a promuovere la sottrazione di CO2 dall’atmosfera. La dispersione di silicati nei terreni agricoli migliora infatti la qualità dei suoli, elevandone il pH e incrementando la presenza di nutrienti essenziali: calcio, magnesio e potassio. In tal maniera, naturalmente, si migliora la produttività delle colture.

Vantaggi e svantaggi dell’Enhanced Rock Weathering

Come sempre, questa tecnica presenta dei vantaggi (che abbiamo già elencato) ma anche alcuni svantaggi. Ciò ha comportato una divisione in merito all’opportunità del suo utilizzo, tanto tra i geologi quanto tra gli ambientalisti. Si stima infatti che, applicando l’Enhanced Rock Weathering su circa il 50% dei terreni agricoli a livello globale, potrebbe essere possibile rimuovere oltre 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno. Si tratta di una quantità davvero considerevole. È importante notare, tuttavia, che l’ERW è un approccio concepito soltanto in tempi recenti. Ci sono progetti pilota e studi di fattibilità in corso, come per esempio quelli portati avanti in Brasile, India, Cina, Inghilterra e Stati Uniti.

Questo significa che siamo ancora a un livello che potremmo definire sperimentale. Di conseguenza, non possiamo contare su dati sufficienti a confermare, o smentire, le previsioni teoriche. In quanto tecnologia emergente, e in fase di sviluppo, l’ERW presenta numerose questioni irrisolte. Quanto scritto vale tanto per il suo reale potenziale effettivo quanto per gli impatti, a medio e lungo termine, su atmosfera, suolo e oceani. Persistono incertezze anche sui fattori che ne influenzano l’efficacia.

Uno studio pubblicato su Nature Scientific Report evidenzia che elementi come la struttura, la composizione chimica e la porosità dei suoli, nonché la dimensione e disposizione delle particelle di roccia frantumata, abbiano un ruolo chiave nella cinetica delle reazioni di degradazione. Non va mai dimenticato, poi, che la composizione chimica delle rocce impiegate è fondamentale. Vi sono alcune rocce basaltiche, infatti, che non sono adatte per l’ERW.

Tutte le variabili in gioco

Altre incertezze riguardano la scalabilità dell’ERW. Variabili come precipitazioni, temperature e caratteristiche del suolo determinano le zone più adatte all’applicazione di questa tecnica. Se si desidera garantire un’efficacia ottimale, obiettivo naturalmente auspicabile, usando polveri di basalto, si necessita di precipitazioni annue che superino i 1200 millimetri. Non solo, occorrono anche temperature medie annuali dei suoli che eccedano i 15 °C. La disponibilità e reperibilità delle materie prime, inoltre, rappresentano altri due elementi centrali ai fini della fattibilità del processo. Gran parte dei costi, infatti, dipendono da estrazione, frantumazione e trasporto delle rocce.

Questi ultimi, naturalmente, aumentano proporzionalmente alla distanza tra il sito di estrazione e le destinazioni agricole prestabilite. Occorre poi regolamentare al meglio l’iter estrattivo, onde evitare impatti ambientali durante le operazioni. Sebbene estrarre silicato non sia certo un’operazione tanto impattante come, per esempio, quelle necessarie per procurarsi il litio, di cui abbiamo parlato in altri focus di Rigeneriamo il Territorio, si tratta comunque di un’attività poco amica dell’ambiente.

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Mattia Mezzetti

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