L’ecoacustica, o ecologia sonora, è una vera e propria scienza. Si tratta di un sistema di conoscenze complesso e ordinato, ottenuto attraverso procedimenti organizzati e finalizzati a una descrizione verosimile della realtà ambientale acustica. È possibile farne uso al fine di preservare la biodiversità?
In queste righe, desideriamo fornire una panoramica sull’ecoacustica, un concetto oscuro ai più, ed evidenziare in quale maniera possa aiutarci a tutelare il pianeta. Tra le varie tecnologie che possono mostrarci come proteggere l’ecosistema che abitiamo, vi è anche questa. L’ecologia sonora può analizzare gli equilibri presenti nell’ambiente acustico. Lo fa in vista di un suo possibile risanamento, proprio come ogni altra disciplina ecologica ambientale maggiormente popolare. I suoi risultati non si ripetono identici su un numero infinito di casi (dunque non è una scienza esatta).
Essa si avvale delle stesse tecniche di ricerca che analizzano l’estinzione di alberi ad alto fusto o verificano che un tal cibo non sia geneticamente manipolato.
Cos’è l’ecoacustica e come si studiano i paesaggi sonori
Il paesaggio sonoro gode di risorse proprie: gli infiniti suoni naturali. Con il trascorrere del tempo, questi si sono trasformati, divenendo via via più deboli. Nel marasma fonico, non vengono quasi nemmeno più avvertiti. Eppure, questi effetti uditivi sommersi costituiscono una risorsa fondamentale. I suoni della natura sono vitali. Si tratta del linguaggio parlato dal pianeta che ci ospita, nonché di una chiave per comprendere meglio la fluidità dei rapporti comunicativi. L’aspetto paraverbale del linguaggio, nella società attuale, si va impoverendo. Ciò si deve all’avanzare di suoni amplificati diffusi, i quali sono i veri responsabili di un abbassamento del livello basale medio d’ascolto.
L’ecologia sonora è nata per dare una risposta a fenomeni che oltrepassano la naturale trasformazione dell’ambiente. Essa poggia su operazioni ripetibili e applicabili a studi che riguardano altri ambiti. La principale metodologia impiegata è quella del rilievo acustico sul campo. Quando lo si porta avanti, è la presenza del ricercatore che aggiunge all’indagine un aspetto umano e metodologico qualitativo che il fonometro, da solo, non è certamente in grado di fornire.
A un ecologo del suono spetta il non semplice compito di evidenziare il fenomeno ambientale acustico, attraverso l’analisi dei meccanismi sottostanti. Il ricercatore dovrà tenersi distante da elementi di opinione e soggettività che possano interferire con la scientificità del caso. Lo scienziato non dovrà essere un musicista o possedere l’orecchio assoluto, ma una certa cultura musicale sarà importante. Il paesaggio dei sensi somiglia a una partitura. L’ambiente emette e immette nel nostro canale uditivo sonorità indotte, informazioni amplificate, immagini dinamiche e segnali di allarme. Per comprendere questo insieme è necessario saper leggere ogni voce.
Come l’ecoacustica ci aiuta a preservare la biodiversità
La vista non è il solo senso con cui possiamo esplorare la natura, sebbene sia quello ampiamente più utilizzato per farlo. I suoni sono capaci di aprire una via verso la conoscenza dell’ambiente, permettendo l’osservazione della biodiversità da un inconsueto punto di vista, o, faremmo meglio a scrivere, d’ascolto. Non è un caso se la celebre Rachel Carson intitolò il suo bestseller Primavera silenziosa, per sottolineare come i pesticidi avevano soffocato le tipiche sinfonie stagionali prodotte dagli insetti. La fondatrice del movimento ambientalista mondiale ha anche posto le basi della disciplina di cui ci stiamo occupando.
Gli animali, naturalmente, non hanno voce e non possiedono un codice linguistico articolato. Essi emettono suoni per comunicare, per cercare cibo o, più semplicemente, quando si muovono. Lo fanno anche per difendere il territorio, attrarre un eventuale partner, identificare e riconoscere i propri cuccioli, orientarsi, localizzare una preda o sfuggire a un predatore. Disturbi nell’emissione, o nell’ascolto, di un particolare segnale acustico possono arrivare a minacciare la sopravvivenza di molte specie e, dunque, l’intera biodiversità di un determinato habitat. I cambiamenti climatici alterano questa capacità, andando a modificare i paesaggi sonori che sono casa per molte specie.

In che maniera il global warming incide sul paesaggio sonoro
Le variazioni meteorologiche che derivano, in gran parte, dall’azione antropica, intervengono sulla propagazione dei suoni emessi dagli animali. La velocità di questi versi dipende da parametri quali temperatura, umidità relativa, vento o intensità delle piogge. Inoltre, la stessa temperatura agisce in maniera diretta sul comportamento acustico della fauna. I suoni emessi dagli animali si basano sugli stimoli che vengono loro offerti dalla natura che li circonda. Se essa si modifica, non è più in grado di dare gli stessi punti di riferimento e finisce per disorientare le specie. L’ecoacustica è in grado di verificare se sia in atto un simile processo o sia già stato completato.
La disciplina ci consente inoltre di descrivere e confrontare due differenti habitat. Si prenda in considerazione questo articolo di Science Direct, risalente al 2018.
Nell’occasione, sono stati raffrontati i paesaggi sonori delle praterie di Posidonia oceanica e quelli dei fondali sabbiosi collocati lungo le coste siciliane. Il primo è risultato acusticamente più ricco del secondo, svelando processi ecologici difficili da cogliere facendo soltanto uso della vista. La posidonia, pianta sottomarina, garantisce cibo e protezione a pesci, crostacei, molluschi ed echinodermi. È una componente chiave per preservare la biodiversità dell’oceano. I suoni raccolti lo confermano, ma ci dicono anche che è in pericolo. La causa è la pressione sui suoi bioritmi dovuta alle impattanti attività umane.